Il Vescovo Stagliano’ lancia un appello: farsi “esploratori della misericordia”, “predicatori itineranti” aprendo i conventi chiusi, alla solidarietà

 A conclusione del Convegno Pastorale diocesano, il Vescovo di Noto, Mons. Antonio Staglianò ha esortato tutti gli operatori pastorali a farsi “Esploratori della misericordia” in un rinnovato atto catechistico e in una “predicazione itinerante”, per costruire insieme – Vescovo e Presbiteri – comunità di parrocchie realmente missionarie, capaci di esprimersi sulla scena della storia come porte aperte agli ultimi e alla solidarietà.
 
Il prelato netino ha invitato tutti a mettersi in ascolto obbediente agli appelli di Papa Francesco
 
Incarnando una nuova vivacità cattolica che lo stesso Pontefice sta “a poco a poco”, “pezzo dopo pezzo” riedificando, avviando di fatto una “rivoluzione” e “cambiamento”. Questo “vescovo di Roma” – ha detto Staglianò – “si affianca, si avvicina, telefona, risponde alle lettere, s’intrattiene, relativizza le forme e le formalità, punta all’essenziale, alla misericordia e all’amore concreto, per una Chiesa più povera e dei poveri, “ospedale da campo” nel quale curare le ferite di quanti sono afflitti, disperati, disillusi, vilipesi, offesi nella loro umanità, nella loro dignità di essere umani”.
 
 

In obbedienza a Papa Francesco – ha sottolineato il Vescovo – “apriamo i conventi chiusi, alla solidarietà” a cominciare dal Seminario diocesano

“Pensate al dramma di tante persone che giungono in questi giorni sulle nostre coste nella speranza di trovare qualcuno che non li rigetti in mare e li faccia morire. Pensate alle persone provenienti dall’Eritrea che l’altro ieri erano solo salme distese sulla nostra spiaggia di Sampieri o alla tragedia che si sta consumando a Lampedusa proprio in queste ore (centinaia sono i morti e i dispersi). A questo punto il Vescovo ha posto una domanda seria ed inquietante: che fare? E’ un interrogativo che dobbiamo porci come credenti in Cristo e dunque si formula così: che cosa Dio in Gesù ci chiede di fare? Vorremo allora con coraggio e profezia accogliere il monito del nostro amato Papa Francesco: “aprite i conventi chiusi” e testimoniate la solidarietà. Sì, abbiamo il coraggio di “aprire i conventi chiusi” – ha esclamato il prelato – : chiedo a tutti questo grande coraggio. Dobbiamo prepararci e meglio di quanto fino ad ora abbiamo fatto ad accogliere e comunicare, a testimoniare il vangelo come accoglienza della vita e fratellanza per la comune appartenenza alla specie umana.
 
Mons. Staglianò ha dunque chiesto ai suoi più stretti collaboratori di “adoperarsi per individuare sul nostro territorio diocesano “strutture di accoglienza” che appartengano alla Diocesi o alle famiglie private (ognuno di noi può essere un “convento da aprire” per qualcuno di loro), a cominciare dal Seminario diocesano di Noto che ha una grande ala ancora “chiusa e fatiscente”. Soprattutto però “attrezziamoci umanamente” per essere capaci di accoglienza fraterna, con amore e grande apertura di cuore, per dire a tutti e specialmente a questi nostri fratelli che Dio è Padre di Tutti, che in Gesù Dio è amore, solo amore”.
 
Desidero le “sentinelle” e gli “esploratori della misericordia”
 
Per questo il Vescovo si auspica che nella sua Diocesi nascano delle “sentinelle” e si costituiscano “esploratori della misericordia”. Per questo – ha proseguito Staglianò – la metafora dell’ospedale da campo proposta a noi dal Papa che ben interpreta il servizio del buon samaritano che la Chiesa deve incarnare. E’ necessario però che venga interpretata nella “spinta missionaria” che Papa Francesco sta imprimendo a tutte le iniziative delle Chiese locali. In realtà – ha posto l’accento il prelato – il “campo” è il mondo e dunque è il mondo, in ogni suo aspetto, in ogni sua dimensione (territoriale ed esistenziale) che va considerato. Questo spinge alla missione che qui vogliamo concepire come “esplorazione” del disagio e delle povertà, da individuare, da stanare, da scoprire (qualora fossero mascherate). La nostra Chiesa locale si dovrà dunque dotare, oltre che di sentinelle, anche di esploratori. Per questo – evidenzia il Vescovo – ho voluto in Diocesi le comunità di parrocchie che sono state pastoralmente progettate per questo: per sviluppare sinergia e comunione pastorale, ma soprattutto spinta missionaria verso le periferie esistenziali che oggi – consapevolmente o inconsapevolmente – invocano la nostra presenza affettuosa e misericordiosa.
 
Abbiamo bisogno di cristiani adulti, formati, – ha esclamato con determinazione il Vescovo – che siano capaci di assumersi responsabilità nell’evangelizzazione, perché anzitutto vogliono convertirsi da maestri in testimoni.
 
Il Vescovo Staglianò si augura che la Chiesa che è in Noto si renda capace di rinnovare l’atto catechistico. “Potremmo rinnovare l’atto catechistico in parte così: i nostri ragazzi potrebbero ricevere la catechesi dell’iniziazione cristiana dai genitori che si organizzerebbero anche nelle zone di una città (che sono pure poiché territorio umano, “parrocchia”). La parrocchia forma i catechisti per la famiglia e verifica quanto i genitori hanno fatto (mensilmente!) organizzando percorsi formativi nei quali stringere fortemente il legame tra insegnamento ricevuto e gesti testimoniali di carità solidarietà, amicizia, fraternità, comunione”.
 
Il catechista per Staglianò è la figura adulta del credente – non più semplicemente “collaboratore” dei parroci, ma “corresponsabile” dell’evangelizzazione. Abbiamo bisogno di adulti nella fede che mostrino al vivo (ecco il senso giusto della testimonianza) che questa buona notizia è vera perché si vede in loro. Penso in questa direzione tutti voi – ha affermato il Vescovo – vorrei convocare in una sorta di predicazione itinerante.