Carissimi fratelli e sorelle, carissimi confratelli il vangelo di oggi ci fa comprendere il significato della parola consapevolezza, partendo da un’esperienza di fallimento totale. Siamo sulla spiaggia del mare di Galilea, luogo tanto caro ai discepoli perché proprio lì hanno ricevuto la prima chiamata a diventare «pescatori di uomini» (Mc 1,17).
Questa pagina evangelica narra la terza apparizione di Gesù risorto ai discepoli, sulla riva del lago, con la descrizione della pesca miracolosa. Il racconto è collocato nella cornice della vita quotidiana e feriale dei discepoli, tornati alla loro terra e al loro lavoro di pescatori, dopo i giorni tumultuosi della sofferenza di Cristo, giorni sconvolgenti della passione, morte e risurrezione del Signore. Era difficile per loro comprendere ciò che era avvenuto. La loro è una morte spirituale un decadimento interiore, forse il fallimento più grande della loro giornata terrena. L’avere rinnegato il Signore, poi, li stava consumando interiormente. Uno stillicidio dell’anima…
Come fare ritorno a casa. Come stare sulla via che ti porta dove, nella grazia e nella fatica, hai vissuto la tua prima giovinezza, tra queste case, su queste vie a te da sempre familiari, dove hai scoperto una vocazione straordinaria, e incontrando la tua gente, hai compreso che Qualcuno lassù ti ha scelto alla vita sacerdotale. Quella scelta che porti sempre con te, nel tuo cuore.
Fare ritorno dove in una Chiesa meravigliosa come la nostra Cattedrale, in un caldo e gioioso 29 giugno di 33 anni fa ti sei prostrato sul pavimento – proprio qui – ricevendo il Sacro Crisma, la protezione dei Santi della Chiesa universale e dei santi della nostra amata chiesa nissena, dove in comunione con il vescovo hai partecipato a mille eventi di grazia fino all’altro ieri. Qui a Caltanissetta come negli altri comuni della Diocesi.
L’Eucaristia che stiamo celebrando, carissimi fratelli e sorelle, carissimi confratelli è il rendimento di grazie più bello e perfetto che oggi possiamo offrire al Padre…
Carissimi fratelli e sorelle
Pasqua è giorno di rinascita, giorno di sole, primavera dello spirito. Pasqua dice un nuovo inizio perché la morte è stata sconfitta. Dio fa nuove tutte le cose e rinnova la vita di tutti i suoi figli. Anche la nostra.
L’attesa di chi ama con il cuore. Amore vero, puro, generoso. Quello di Maria Maddalena che si reca al sepolcro per rimanere presso la tomba di Gesù, così come accade nella vita di oggi, come quando sostiamo davanti alle tombe dei nostri cari, come una persona che non vuole staccarsi da colui che ama intensamente neppure dopo la morte. La Maddalena fu animata da un forte amore, da una grande attrattiva per il Cristo come dimostra eloquentemente il suo pianto inconsolabile presso il sepolcro del Signore.
Carissimi fratelli e sorelle, il Signore è risorto. Alleluia, alleluia!
La notte, nella storia di Dio e dell’uomo raccontata dalla Bibbia. è il tempo dell’incontro, il tempo dell’alleanza del popolo con il Signore. E nella notte, Dio compie le Sue grandi opere: così come è avvenuto per la creazione, «fiat lux», e la luce fu, cosi come la Bibbia racconta dell’incontro con Abramo e Sara e la prima pasqua in terra egiziana. Di notte Gesù incontra Nicodemo e si intrattiene con i suoi amici. Nel cuore della notte Gesù si reca nell’orto degli ulivi.
La notte è, purtroppo, anche tempo di disperazione, solitudine e di allontanamento da Dio e da se stessi.
La notte è, quindi, icona di dannazione o salvezza. Questo dipende dalla nostra risposta. Dipende solo dalla nostra volontà: o con Lui o contro di Lui.
Carissimi fratelli e sorelle
Il mistero della sofferenza accompagna da sempre la vita dell’uomo, dal giorno in cui i nostri progenitori, con un grave atto di disobbedienza, si allontanarono dalla grazia di Dio.
Dalla luce di quel primo giardino, che allietava la vita di Dio e la stessa vita dell’uomo, il mistero della morte è entrato nella vita di ogni uomo e di ogni donna.
Nel corso dei millenni, carissimi fratelli e sorelle, quante persone hanno raggiunto la Casa del Signore, quante storie di sofferenza, di dolore innocente, inaudito. La storia dell’uomo continua, oggi, ad essere segnata da questa sofferenza, dalla morte e, l’azione liturgica della Passione del Signore ci presenta la morte di Gesù, la Sua sofferenza, il Suo dolore, la Sua profonda Via crucis, via del dolore redentivo, quella via di evangelica gioia che ha inizio a Nazareth, nel grembo della Vergine Santissima, perché il Cristo che stende le braccia sul legno della croce è lo stesso Gesù che i pastori adorarono a Betlemme.
Carissimi confratelli sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, seminaristi e fedeli tutti, con la Santa Messa «nella Cena del Signore», ha inizio il Triduo Pasquale della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, che è il culmine di tutto l’anno liturgico e che si apre con la commemorazione dell’Ultima Cena. Questa sera ricordiamo tutti i cari defunti delle famiglie dei portatori di San Corrado e dei cilii. Il Signore li accolga nella gloria del Paradiso.
Ci siamo proprio tutti in quella «stanza al piano superiore». Pietro, Giacomo, Giovanni, Bartolomeo, Giuda ieri, …Corrado, Guglielmo, Salvatore, Carlo, Luigi, Giuseppe oggi! Il cristiano crede nella religione della Presenza. E Lui è qui. Ora e per sempre. Con noi!
Gesù, la vigilia della sua passione, offrì al Padre il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino e, donandoli in nutrimento agli Apostoli, comandò loro di perpetuarne l’offerta in sua memoria. E noi ora celebriamo questo memoriale. Come in ogni messa!…
Carissimi confratelli sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, seminaristi e fedeli tutti, siamo riuniti in questo Tempio santo dove, nel silenzio religioso delle nostre anime e in ascolto della Parola di Dio ci avvieremo, come assemblea santa, verso il Suo Altare per nutrirci di Cristo Pane di vita eterna.
Contempliamo la solennità di questo giorno, la speciale grazia che avvolge il nostro ministero sacerdotale, l’unzione che ci consacra totalmente a Lui e ai fratelli. Oggi risplendiamo di quella luce che ci orienta a spendere la vita per la santificazione del popolo santo di Dio.
Quella che apparentemente sembrava una giornata di tripudio e lasciava presagire di essere un momento di gloria si rivela invece, per il Cristo, l’Inviato, come tempo di umiliazione: Dio, l’infinitamente grande e onnipotente viene acclamato Re secondo le regole della logica del mondo e coloro che ora lo festeggiano a distanza di pochi giorni lo tradiranno. Regola scritta nelle barbare tradizioni dell’uomo. Dall’altare alla tomba ed è stato così per Dio.
La parola oggi ci rivela la via e lo stile di Dio e, di conseguenza, quello che il cristiano deve cercare di incarnare: l’umiltà. Via dimenticata da tanti ma scelta da anime semplici, buone ed elette. Uno stile che non finirà mai di sorprenderci e di metterci in crisi: e ad un Dio così umile non gli si voltano le spalle!…
Ci rallegriamo con il Signore per i suoi innumerevoli benefici, per ogni dono di grazia che riversa su tutti noi suoi figli. In questo tempo favorevole vogliamo camminare spediti «con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina».
Il vangelo di Giovanni è il Libro della Luce e questa luce oggi viene donata a tutti noi che ci ritroviamo nella nostra Chiesa Cattedrale a celebrare nella gioia il mistero della nostra fede.
La luce che Gesù è venuto a portare è puro dono gratuito di Dio offerto per mezzo del Figlio Suo e i titoli attribuiti al Divin Maestro rivelano che la meta non è tanto quella della vista fisica ma quella della luce interiore, la luce della fede che ci porta a conoscere Gesù: «quest’uomo» Gesù, «inviato», «profeta», «colui che è da Dio», «Figlio dell’uomo», «Signore», con l’adorazione finale: «Io credo Signore» (v. 38).
Il racconto giovanneo dell’uomo nato cieco ha al centro la piena e matura conversione del miracolato che proclama la sua fede nel Cristo come Kyrios «Signore». Ancora una volta è confermato il fatto che per Giovanni i miracoli acquistano un valore trascendente, da scoprire e leggere come eventi di salvezza interiore…