Dopo la Diocesi di Acireale, anche la Diocesi di Noto saluta per l’ultima volta mons. Giuseppe Malandrino, vescovo e figlio di questa diocesi, guidata sapientemente per nove anni, dal 1998 al 2007.
Alla celebrazione esequiale, presieduta da mons. Salvatore Rumeo, Vescovo di Noto, hanno preso parte il Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo emerito di Palermo; mons. Rosario Gisana, Vescovo di Piazza Armerina; mons. Angelo Giurdanella, Vescovo di Mazara del Vallo; mons. Davide Carbonaro, Arcivescovo di Potenza; mons. Giuseppe La Placa, Vescovo di Ragusa e mons. Giorgio Demetrio Gallaro, Eparca emerito di Piana degli Albanesi.
Prima dell’inizio della celebrazione eucaristica, il segretario vescovile ha dato lettura di alcuni messaggi di cordoglio giunti in Diocesi. A farsi presente anche Sua Santità Papa Leone XIV, con un telegramma a firma del Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin.
Giunto anche un messaggio della Conferenza Episcopale Italiana a firma del Cardinale Presidente, Matteo Zuppi, e del Segretario Generale, mons. Giuseppe Baturi.
Infine, il messaggio della diocesi gemella di Butembo-Beni, in Congo, a firma del Vescovo, Mons. Melchisedech Sikuli Paluku.
Si sono fatti presenti, impossibilitati a prendere parte all’estremo saluto, anche Mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale, Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo, Mons. Francesco Lomanto, Arcivescovo metropolita di Siracusa, gli emeriti di Noto Mons. Mariano Crociata, Vescovo di Latina e Mons. Antonio Staglianò, Presidente della Pontificia Accademia di Teologia.
Alle Esequie hanno preso parte i sindaci e gli amministratori dei nove comuni della Diocesi di Noto. Presenti anche le Autorità militari della diocesi.
A riempire la Cattedrale, un nutrito gruppo di fedeli, per rendere grazie a Dio del dono del Vescovo Giuseppe, pastore sempre vicino alla gente.
Dopo i funerali del 5 agosto ad Acireale, la salma del vescovo Malandrino ha raggiunto Noto, dove è stata esposta alla venerazione e alla preghiera dei fedeli nella cappella del seminario. Da lì è stata portata a spalla dai sacerdoti di Noto, gli stessi che per nove anni ha guidato e accompagnato.
Nell’omelia, mons. Salvatore Rumeo ha cercato di tracciare alcuni nodi caratteristici dell’Episcopato di mons. Malandrino.
Il 29 agosto 1998, mons. Malandrino venne accolto ai piedi della Cattedrale dall’Arca di San Corrado e dal Simulacro della Madonna della Scala, a lui tanto cara e oggi accanto al feretro quasi a chiudere la lunga storia di paternità tra la terra netina e il suo Vescovo.
Un pastore – ha sottolineato mons. Rumeo – dalla profonda passione, forza e parresia evangelica. “Entrare nella sua vita di sacerdote e vescovo, di sposo, padre e figlio di questa Chiesa, significa contemplare il mistero di Dio che chiama ad ascoltare la sua parola, a prendere il largo per una missione senza confini, senza sosta, missione capillare nei luoghi di vita quotidiana. Stagione missionaria che mons. Malandrino visse riuscendo a coinvolgere sacerdoti, laici, giovani e tutte le realtà parrocchiali”.
Mons. Malandrino, come è stato ricordato in alcuni messaggi di cordoglio e poi nell’omelia, è stato fedele interprete del Concilio Vaticano II. Questo si evince già dal suo motto episcopale che riprende l’incipit della Costituzione sulla Parola di Dio: “Dei Verbum audiens”.
Il Vescovo Rumeo nella sua omelia, ha rimarcato come mons. Malandrino sia stato un uomo in cammino, che ha sperimentato le fatiche e le soste degli uomini. Si è fatto viandante del Vangelo, “è riuscito a condividere le fatiche e le gioie, le sofferenze e le speranze di tanti fratelli e sorelle che ha incontrato nella sua giornata terrena”.
Un pastore zelante che non ha mai tralasciato nessuno, accompagnando con amore e attenzione prima di tutto i suoi sacerdoti.
Lungo i nove anni di ministero a Noto, facendo memoria dei diciannove vissuti ad Acireale, si è fatto promotore di una dinamica corresponsabiltà del Laicato. Una promozione che è stata frutto della sua presenza costante, visitando le parrocchie, promuovendo associazioni e incontri per la formazione dei laici.
In merito al Laicato, ha ricordato mons. Rumeo nell’omelia: “Lui sognava i laici attivi, di preghiera, intelligenti e collaborativi in forza del Santo Battesimo. Fu molto vicino ai giovani: a tal punto che a partire dal 2005, anno della morte di San Giovanni Paolo II, volle che la Giornata Diocesana dei Giovani si celebrasse in grande stile”.
Mons. Salvatore Rumeo durante il suo discorso ha inoltre ricordato l’attenzione di mons. Malandrino ai poveri e ai molteplici problemi sociali del territorio. “Vicino a tutti, fu sempre pronto a collaborare con le pubbliche istituzioni. Ma pronto ad alzare la voce energicamente quando vedeva calpestati i diritti umani, dei poveri soprattutto”.
Infine, sono stati ricordati i grandi eventi voluti proprio da Mons. Malandrino: la Missione popolare diocesana tra il 1999 e il 2000. Una missione evangelizzatrice per cambiare l’atteggiamento di fondo della crisi valoriale in atto.
“Mons. Malandrino ha sempre contemplato la parrocchia come spazio di evangelizzazione e crescita di fede per tutti. Senza distinzione alcuna” ha ribadito mons. Salvatore Rumeo, ricordando come il suo messaggio è da custodire, perché pietra miliare della comunità diocesana.
Subito dopo la celebrazione è stata data lettura del testamento spirituale del Vescovo defunto, un testo lineare e semplice, dove ha ringraziato tutti e chiesto scusa per le fragilità umane.
A conclusione della celebrazione, mons. Giuseppe Malandrino è stato sepolto all’interno della cappella del Sacro Cuore, nella Basilica Cattedrale di Noto, da lui riaperta al culto il 18 giugno 2007. Prima della tumulazione il cancelliere vescovile ha dato lettura del rogito in cui si è ricordato quanto di bene mons. Giuseppe Malandrino ha fatto.
“A nome di tutti voglio dirti «grazie fratello Giuseppe» per ogni tuo insegnamento di vita, per ogni tuo gesto d’amore, per la forza, la tenacia e l’amore con cui hai seguito i lavori della rinascita di questo augusto tempio che da oggi ti accoglierà in attesa della resurrezione finale. Ti sei speso senza riserve perché dalle macerie rinascesse nuovamente, immagine di quella comunità fatta di pietre vive che hai servito da Sposo, Capo, Pastore, Sacerdote e Figlio”, ha concluso il vescovo Salvatore nella sua omelia
di Pierpaolo Galota
Foto: Michele Castobello