Cari fratelli e sorelle,
attorno alla croce di Cristo si ricostruisce un popolo nuovo. Il popolo dei salvati. E così il Crocifisso diventa un motivo per fare festa! Sembra un paradosso! La morte è festa! È una festa perché la morte di Cristo non è solo il doloroso momento di commiato dalla vita, ma è l’ora dell’elevazione, dell’esaltazione e della manifestazione suprema dell’amore di Dio per gli uomini.
Egli aveva detto: «Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me» (Gv 12, 32). Il Crocifisso diventa così il polo di attrazione di tutti, credenti e non credenti, per ridare il vero fondamento alla fede e indicare il modello esemplare a cui ispirarsi nelle scelte personali e nelle relazioni interpersonali. Il Cristo crocifisso è il Pane spezzato per la vita del mondo.
Questa celebrazione sia per tutti noi un’occasione per comprendere che Cristo crocifisso è un «mistero» e un «simbolo». Mistero d’amore della Trinità.
Il termine mistero non indica una realtà incomprensibile, ma un fatto storico, realmente accaduto, che contiene un significato salvifico che va oltre la nostra possibilità di comprenderlo. Mistero, in senso paolino, vuol dire la volontà salvifica di Dio, nascosta in lui dall’eternità e manifestata nel tempo nella vicenda pasquale di Cristo. La sua morte non accade in modo occasionale, ma è la realizzazione di un piano divino rivelatosi «nella pienezza del tempo» (Gal 4,4). È la definitiva manifestazione e la piena rivelazione dell’amore eterno di Dio!
Voglio richiamarvi tre brani del Nuovo Testamento che ci aiutano a comprendere questa verità. La prima recita: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3, 16). Il Crocifisso è il dono d’amore del Padre, manifesta la sua eterna volontà di salvare il modo. Il secondo brano è il seguente: «Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 12,1). Il Crocifisso è il segno concreto dell’amore del Figlio. Infine, la morte in croce di Cristo avviene nella forza d’amore dello Spirito Santo. Così si esprime la Lettera agli Ebrei: «Cristo si offrì con uno Spirito eterno» (Eb 9, 14). In definitiva, Cristo crocifisso è la manifestazione dell’amore della Trinità.
Oltre che un mistero, il Crocifisso è anche un simbolo. Il serpente di bronzo elevato da Mosè al centro dell’accampamento rappresentò la salvezza dalla morte per tutti coloro che venivano morsi dai serpenti (cfr. Nm 21, 8-9; Gv 3, 14-16). Nel libro della Genesi il serpente era il simbolo dello spirito del male. Ma, per una sorprendente inversione, il serpente di bronzo issato nel deserto diventa una raffigurazione del Cristo, issato sulla croce.
La croce contiene in sé il mistero della salvezza, perché nella croce l’amore viene innalzato al punto supremo nella storia del mondo: e dall’altezza della croce l’amore discende a noi. Il serpente di bronzo è, dunque, il simbolo più eloquente dell’opera salvifica di Cristo che libera da tutti i dolori e le sofferenze del mondo. Nel Crocifisso, le sofferenze degli uomini sono accolte, sostenute e avvolte dall’amore di Dio. «Dalle sue piaghe siamo stati guariti» (cfr. Is 53,5; 1Pt 2,25). Pensate per un attimo a quanto sta accadendo in questi giorni nel mondo a causa della guerra. Sofferenza, dolore e morte provocate dall’odio e dalla violenza. Dio raccoglie nel suo otre tutte le sofferenze del mondo (cfr. Sal 56, 9). Tutto viene raccolto e salvato dall’amore del Crocifisso.
Il Vangelo di oggi (Gv 6,1-15) presenta il grande segno della moltiplicazione dei pani, nella narrazione dell’evangelista Giovanni. Gesù si trova sulla riva del lago di Galilea ed è circondato da «una grande folla», attirata dai «segni che compiva sugli infermi» (v. 2). In Lui agisce la potenza misericordiosa di Dio, che guarisce da ogni male del corpo e dello spirito. Ma Gesù non è solo guaritore, è anche maestro: infatti sale sul monte, siede e mette alla prova i suoi discepoli. Che fare per sfamare tutta quella gente? Filippo, uno dei Dodici, fa un rapido calcolo: organizzando una colletta, si potranno raccogliere al massimo duecento denari per comperare del pane, che tuttavia non basterebbe per sfamare cinquemila persone.
I discepoli ragionano in termini di «mercato», ma Gesù alla logica del «comprare» sostituisce quell’altra logica, la logica del «dare». Ed ecco che Andrea, un altro degli Apostoli, fratello di Simon Pietro, presenta un ragazzo che mette a disposizione tutto ciò che ha: cinque pani e due pesci; poca cosa per tanta gente (cfr v. 9). Ma Gesù aspettava proprio questo. Ordina ai discepoli di far sedere la gente, poi prese quei pani e quei pesci, rese grazie al Padre e li distribuì (cfr v. 11). Questi gesti anticipano quelli dell’Ultima Cena, che danno al pane di Gesù il suo significato più vero. Il pane di Dio è Gesù stesso.
Vivendo la Comunione con Lui, riceviamo la sua vita in noi e diventiamo figli del Padre celeste e fratelli tra di noi. «Facendo» la comunione ci incontriamo con Gesù realmente vivo e risorto! Partecipare all’Eucaristia significa entrare nella logica di Gesù, la logica della gratuità, della condivisione. E per quanto siamo poveri, tutti possiamo donare qualcosa. «Fare la Comunione» significa anche attingere da Cristo la grazia che ci rende capaci di condividere con gli altri ciò che siamo e ciò che abbiamo.
La folla è colpita dal prodigio della moltiplicazione dei pani; ma il dono che Gesù offre è pienezza di vita per l’uomo affamato. Gesù sazia non solo la fame materiale, ma quella più profonda, la fame di senso della vita, la fame di Dio.
Di fronte alla sofferenza, alla solitudine, alla povertà e alle difficoltà di tanta gente, che cosa possiamo fare noi? Lamentarsi non risolve niente: possiamo offrire quel poco che abbiamo, come il ragazzo del Vangelo. Abbiamo certamente qualche ora di tempo, qualche talento, qualche competenza… Chi di noi non ha i suoi «cinque pani e due pesci»? Tutti ne abbiamo! Se siamo disposti a metterli nelle mani del Signore, basteranno perché nel mondo ci sia un po’ più di amore, di pace, di giustizia e soprattutto di gioia. Quanta è necessaria la gioia nel mondo! Dio è capace di moltiplicare i nostri piccoli gesti di solidarietà e renderci partecipi del suo dono.
La nostra preghiera sostenga il comune impegno perché non manchi mai a nessuno il Pane del cielo che dona la vita eterna e il necessario per una vita dignitosa, e si affermi la logica della condivisione e dell’amore. La Vergine Maria ci accompagni con la sua materna intercessione.