Nei giorni scorsi, il vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, ha reso pubblico il Manifesto della Pop Theology, delineando una prima mamma dei suoi possibili significati, per far emergere più chiaramente la natura pastorale di questa “via” di evangelizzazione, come “carità intellettuale al servizio della gioia del Vangelo”.
Da alcuni anni il vescovo di Noto è impegnato in questo progetto comunicativo teologico-pastorale, volto a riallacciare, come egli stesso afferma, “legami di profonda meditazione e riflessione con tutti i giovani (credenti e non credenti, cristiani, post-cristiani o incristiani, come ama dire Charles Peguy), avviando un ‘autocritica del cattolicesimo moderno’, perché meglio emerga la bellezza esistenziale del cristianesimo sempre ‘ancora inesistente’ (Dominique Collin): un cristianesimo davvero umano perché più corrispondente all’umanità bella e buona di Gesù”.
“Se la teologia vuole seguire il suo compito – evidenzia ancora monsignor Staglianò – dovrà parlare oltre l’ambito concettuale dell’accademia e cercare un nuovo linguaggio comunicativo, che includa una conoscenza della fede più incarnata e connessa/corrispondente alle modalità culturali con cui il popolo scopre e vive il senso della propria vita. Cosa accadrebbe alla teologia accademica se decidesse finalmente di parlare all’intelligenza emotiva della gente comune, di tutti i giovani? Integrerebbe, nell’esercizio della sua razionalità, l’immaginazione e, attraverso di essa, la poesia e la letteratura (in ogni forma, anche in quella delle canzoni pop), acquisendo nel suo linguaggio nuovi registri linguistici, estetici e artistici. Così aiuterebbe la nuova evangelizzazione a produrre nuove immaginazioni cristiane del mondo e di Dio, dando vita a una nuova ‘teologia dell’immaginazione’ – una vera Pop-Theology -, con l’allargare lo spazio sapienziale di esercizio della ragione e spingerla ‘oltre’, ‘sempre a venire’, comunicando soprattutto ai giovani con ‘questo nuovo linguaggio’ la bellezza del Dio cristiano, solo e sempre amore”.
Ecco allora, in 10 punti, il Manifesto della Pop Theology