INTERVISTA. NELL’ANNO DI SAN GIUSEPPE DUE NUOVI PRETI: DON MARCO E DON DANIELE

Il prete: segno della paternità e della tenerezza di Dio
 
Don Marco e don Daniele, tra pochi giorni sarete ordinati sacerdoti. Questa tappa è da una parte la “conclusione” del vostro cammino di formazione in Seminario, dall’altra è un nuovo “inizio”, quello che dà il via alla vostra missione nella Chiesa.
In che misura la vostra formazione ha inciso in questi anni di discernimento vocazionale, insieme al ministero di diaconi che avete esercitato in questi mesi e ora alle soglie dell’ordinazione sacerdotale come pensate di “impiegare” il dono che Dio vi ha fatto?
 
Don Marco: Si, è vero, il sacerdozio è il traguardo del cammino di formazione in Seminario ma d’altra parte è l’inizio di una “nuova vita” verso il traguardo eterno. In fondo, la vocazione di ogni cristiano è quella di vivere alla sequela di Cristo, ciascuno secondo il proprio stato di vita, perseguendo la via della santità. La formazione in Seminario per me ha inciso proprio su questo, riuscire, cioè, a mettersi alla sequela di Gesù ogni giorno attraverso la consacrazione totale della propria vita a Lui, che si esplicita nel rapporto personale con Gesù e nel servizio totale e gratuito ai fratelli che incontriamo ogni giorno.
Il momento dell’ordinazione diventa l’inizio di un tempo bello per mettere in pratica quanto il Signore ha seminato nel nostro cuore, perché attraverso il ministero possiamo far giungere a frutto quelle dimensioni fondamentali – cristologica, ecclesiale, spirituale e mariana – che appartengono alla vita di un sacerdote, così come suggerite dall’Esortazione Apostolica “Pastores dabo vobis”, sulla formazione dei presbiteri.
 
Don Daniele: Sin dall’ordinazione diaconale che abbiamo ricevuto lo scorso settembre, abbiamo avuto modo di sperimentare ogni giorno la grazia di Dio che agisce nella nostra vita e nel ministero a servizio degli altri. Sono stati mesi belli, pieni e intensi in cui abbiamo sperimentato la bellezza del donare la vita al Signore e di annunciarlo a vicini e lontani. Forti di questa esperienza ora ci accingiamo a dire il nostro definivo “Sì” al Signore, facendo della nostra vita sacerdotale una più piena configurazione a Cristo.
 

Verrete ordinati nella solennità di San Giuseppe e nell’anno che il Santo Padre ha voluto dedicare a questa figura straordinaria della nostra fede. San Giuseppe è stato il “padre putativo” di Gesù e il custode della Santa Famiglia. Quali stimoli può offrirvi in vista del vostro servizio a Dio e al suo popolo?
 
Don Daniele: Essere ordinati nel giorno di san Giuseppe, nell’anno che il Papa ha dedicato a lui, vuol dire una grazia per noi. Entrambi coltiviamo una particolare devozione nei confronti di questo amato Santo e sin da quando ci è stata comunicata la data dell’ordinazione, abbiamo letto questo lieto evento come un dono di Dio per sua intercessione.
Tutta la vita di Giuseppe può diventare per noi un vero modello di vita sacerdotale. Giuseppe è il padre putativo di Gesù e questo diventa l’occasione per approfondire il significato della paternità dei sacerdoti, ai quali ci rivolgiamo con l’appellativo di “padre”. Per noi questo vuole significare anche allargare gli orizzonti dell’attenzione verso tutti quei “padri” che ci hanno generato nella fede, accompagnandoci nel nostro cammino vocazionale e verso quei padri anziani che continuano ad essere un esempio per la nostra Chiesa, attraverso l’incarnazione di quella “custodia paterna” – di cui è modello san Giuseppe – nei confronti di ogni figlio loro affidato.
La figura di san Giuseppe ci aiuta a riscoprirci figli che provengono da una famiglia che ci ha generati alla vita, educati e cresciuti e che ora da preti veniamo inseriti nella grande famiglia presbiterale laddove la paternità è da esercitarsi anche da confratelli e in piena sintonia col vescovo.
 
Don Marco: È davvero bello l’appellativo di “padre nella tenerezza” che il Papa ha dato a san Giuseppe nella “Patris Corde”, la Lettera Apostolica per il 150° anniversario della sua proclamazione quale Patrono della Chiesa universale. Il sacerdote deve essere padre nella tenerezza. Giuseppe è presentato nei Vangeli come uomo giusto che lo rendeva un uomo di Dio, di fede e di obbedienza alla Sua volontà. Un uomo capace di saper conciliare il lavoro con la tenerezza; così deve essere il sacerdote e così ci auguriamo di essere anche noi, preti capaci di inginocchiarci quotidianamente ai piedi del Maestro, di attingere alla fonte e di portarlo così agli altri con amore e tenerezza. Solo in questo modo tutti i progetti pastorali che metteremo in atto profumeranno davvero di vita totalmente donata.
Da adesso comincia un nuovo cammino, il cammino sacerdotale. Un cammino non facile che consiste nel portare anche i pesi di chi man mano rimane più indietro, ma è proprio questo che dona la felicità piena, come ha fatto Giuseppe quando nel cammino della fuga in Egitto ha esercitato la pazienza e la bontà nei confronti di Maria e del bambino.
 

Sarete consacrati sacerdoti nell’anno difficile e drammatico della pandemia che ancora ci minaccia. Tuttavia questo tempo di crisi può rappresentare per voi una “sfida” a diventare in questo periodo di angoscia e di smarrimento, voci di consolazione e di speranza. Cosa può fare un prete in questo contesto così incerto?
 
Don Marco: Stiamo vivendo un periodo davvero difficile per tutti, la pandemia ha scombussolato i nostri programmi e anche il modo di vivere nelle nostre comunità. L’ordinazione sacerdotale è certamente uno spiraglio di luce che raggiunge la nostra Chiesa locale in un momento così difficile. Il dono di due nuovi presbiteri è il segno che la speranza non delude (cfr. Rm 5,5) e che il Signore non ha accorciato il suo braccio (cfr. Nm 11,23). Noi per primi non dobbiamo e non possiamo mollare, dobbiamo essere tra coloro che infondono speranza e coraggio in mezzo alla povertà e ai lutti che il popolo di Dio si sta ritrovando a vivere a causa del Covid. L’icona da imprimere nelle nostre vite è certamente quella del Buon Pastore. Come pastori siamo chiamati a non limitarci semplicemente a promuovere iniziative e ad organizzare incontri alternativi per portare il Vangelo di Gesù ai nostri ragazzi, famiglie e anziani ma urge il bisogno, la necessità di un rinnovamento pastorale che parta dal cuore dei pastori. Il prete che pasce il gregge, chiamato ad esercitare la paternità come san Giuseppe, vive la Parola di Dio e la testimonia prima di predicarla nelle celebrazioni. Cambiare questa linea pastorale non è facile come cambiare una lampadina fulminata ma il lavorio consiste in un misterioso intreccio tra pastore e pecorella da mettere a frutto, tutti e due alle prese con i propri limiti e lasciando spazio alla Grazia divina.
 
Don Daniele: Gesù ha voluto identificarsi con la figura del “Bel Pastore”, così desideriamo rispecchiarci anche noi il Lui, nel nostro ministero: non come quel capo di stato che detta leggi o che nella sua rigidità ordina comandi con durezza ma come uno che ha scelto la Sequela Christi per mettersi in un servizio umile, di “vigilanza” continua. Il pastore è padre, maestro, guida, amico, fratello ed è anche “agnello” capace di sapersi immolare. Precede per indicare la strada e segue per evitare che qualcuno rimanga indietro. Sogniamo così la Chiesa, sogniamo così le nostre comunità; non sarà facile ma il sogno è già segno di un desiderio grande di fare sul serio con Dio.
Per tutto questo chiediamo a tutta la comunità diocesana e non solo di accompagnarci con la preghiera a questo passo decisivo della nostra vita invocando la protezione del Padre e la custodia di san Giuseppe e della Vergine Maria, per poter imitare quei tratti belli della loro santità che sono la speranza, la pazienza, la gioia e il compatire con l’altro nel dolore.
Solo così potremo essere santi sacerdoti secondo il Cuore di Cristo, un cuore che è stato capace di penetrare nel cuore dell’uomo perché non si è fatto problemi a sapersi regolare con i lontani, i peccatori, gli impuri, i fuorilegge, i samaritani, i pagani, gli adulteri, i peccatori e i pubblicani. Il sacerdote che desideriamo essere è quello che porta a tutti la Misericordia di Dio.