La carità non è solo aiuto, ma anzitutto “vicinanza compromessa” sulle orme di Gesù

Non è stata casuale la scelta del luogo del ritiro di inizio quaresima dei volontari e degli animatori Caritas della diocesi di Noto: il monastero delle Benedettine di Modica, uno dei luoghi per eccellenza della contemplazione. Si è voluto sottolineare come la fonte di una carità autentica si trovi nell’ascolto delle Scritture e nella preghiera. E nella chiesa del monastero, che a stento in tutti gli spazi possibili ha contenuto i volontari, don Corrado Lorefice ha aiutato a riflettere sulla necessaria vigilanza per stare nella storia senza affanni e senza fughe, nell’attesa del ritorno del Signore, attenti ad imparare da lui come essere accanto ai poveri: nella “vicinanza compromessa”. “Gesù – ha sottolineato don Corrado – ha inviato i suoi discepoli nella Galilea delle genti, invitando a riconoscerlo presente negli anfratti della vicenda umana e nel volto degli uomini sofferenti e umiliati e così, in fondo a continuare, la sua vicinanza compromessa, fino al suo ritorno definitivo quando il cielo e la terra conosceranno la decisiva rigenerazione, diverranno cielo e terra nuovi”. Dopo la meditazione si è ricordato come la Caritas cerca di tradurre questa vicinanza. In primo luogo l’animazione alla carità viene vissuta come azione educativa, sollecitando tutti alla visita che mette accanto a chi soffre come a un familiare, cercando di meglio conoscere i territori, strutturando cammini di catechesi che introducano a una vita cristiana in cui si cerchi la coerenza tra le parole e i fatti. In secondo luogo vi sono i molti segni della carità: centri diurni, case di accoglienza, lavoro su strada. In terzo luogo c’è la rete dei Centri di aiuto e dei Centri di ascolto, con servizi specifici come il microcredito (a giorni verrà rilanciato anche il “prestito della speranza”) o il progetto Policoro per l’accompagnamento del lavoro giovanile. Sono tutti impegni con cui, nel silenzio ma concretamente, ci si impegna a manifestare il volto di Dio che è “misericordia”. E così il ritiro si è concluso tutto e tutti affidando a Dio, alla sua misericordia, attraverso la preghiera del vespro animata dalla comunità monastica: non per fuggire dalle proprie responsabilità ma per viverle con più slancio e con uno stile che sia sempre più lo stile manifestato da Gesù.

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