Migranti: a Pozzallo, in preghiera, per non dimenticare

 “Non ti allarmare fratello mio, dimmi, non sono forse tuo fratello? Perché non chiedi notizie di me?”.
Sono le parole tratte da una poesia di Tesfom Tesfalidet, il ventiquattrenne eritreo ripescato in mare e portato a Pozzallo il 13 marzo scorso, ricoverato in condizioni disperate per la fame, la tbc e le percosse subite dai trafficanti e morto dopo 24 ore di agonia, le stesse parole che hanno dato il tono alla veglia di preghiera celebrata il 6 luglio scorso a Pozzallo, all’aperto, davanti al mare che negli ultimi anni è diventato tomba di migliaia tra uomini, donne e bambini, nelle drammatiche traversate del Mediterraneo, nella ricerca di una vita più dignitosa.
Una veglia per non dimenticare, una richiesta di perdono a Dio per l’indifferenza che “ci ha tolto la capacità di piangere” (omelia di Papa Francesco a Lampedusa), per la mancata presa in carico della sofferenza di questi fratelli, una disattesa risposta di carità, che in quanto cristiani ci deve inquietare; un momento di riflessione per tanta ingiustizia sociale che è causa di sfruttamento e di povertà per questi popoli. 
Una veglia organizzata dalla diocesi di Noto, insieme con la Caritas diocesana, la fondazione Migrantes, l’associazione We Care e il comune di Pozzallo. In tanti hanno riempito l’anfiteatro del lungomare di Pozzallo. P. Gianni Treglia, missionario per 16 anni in Tanzania, ha introdotto il momento di preghiera, ricordando il dolore di queste morti innocenti e l’impegno dei cristiani a non lasciare da soli questi fratelli, senza chiudersi nell’egoismo e nella paura.
Nel corso della veglia, sono state lette alcune poesie del giovane Tesfom e alcuni interventi di Papa Francesco, sempre così attento, dall’inizio del suo pontificato, al dramma degli immigrati, fino a venerdì scorso, quando ha celebrato in San Pietro una Messa per loro, affermando nella sua omelia, che la solidarietà e la misericordia, sono le uniche risposte sensate a fronte di questa emergenza.
Nella sua riflessione, il Vicario generale della diocesi di Noto, Mons. Angelo Giurdanella, ha rimarcato la responsabilità dei cristiani verso questa crisi umanitaria, esortando tutti, credenti e non, a farsi promotori di una cultura più “umana” – quella “cultura dell’incontro”, così centrale nell’insegnamento del Papa -, e di non chiudere i porti, ma soprattutto i cuori e le menti. 
Davanti al mare di Pozzallo, città simbolo degli sbarchi, un piccolo ma deciso segnale di umanità, proprio da questa città che ha dato i natali a Giorgio La Pira (di cui il Papa ha nei giorni scorsi ha dichiarato le “virtù eroiche”, primo passo verso la Beatificazione), profeta dell’incrollabile speranza e dell’ineluttabilità della pace, poiché  …la storia è intrinsecamente mossa ed orientata -malgrado tutte le resistenze del peccato- verso l’unità, la pace e la liberazione dei popoli di tutta la terra.” (Giorgio La Pira)