Modica. Due giorni formativi al Cantiere educativo “Crisci ranni”

“Ma spesso basta solo uno sguardo, una frase benevola, la parola di un adulto, fiduciosa, chiara ed equilibrata per dissolvere quei magoni, alleviare quegli animi, collocarli in un presente rigorosamente indicativo” (Daniel Pennac).
In fondo si potrebbe sintetizzare in queste righe il senso della due giorni organizzata dalla Fondazione di Comunità Val di Noto, presso i locali dell’Area Attrezzata Padre Basile, sede del cantiere educativo Crisci ranni. Due giorni di seminario su un aspetto caratterizzante la storia e la vita di tanti piccoli che rappresentano il futuro delle nostre città, il momento del “doposcuola”, come viene chiamato in gergo. Ma cosa è questo “doposcuola” vissuto in luoghi come i cantieri educativi o altri luoghi educativi? Come rintracciare un senso in un’attività che forse troppo spesso cade nel meccanicismo ripetitivo? Quali metodi bisogna utilizzare, quali obiettivi avere? Come accompagnare in questa età decisiva i nostri bambini e ragazzi?
Da queste domande, da questi dubbi, si è sentita l’esigenza di poter capire meglio cosa accade quando ogni pomeriggio ci si ritrova piccoli e grandi per “fare i compiti”. In questa direzione ha aiutato la presenza di un docente ed educatore, Sergio di Vito, il quale ha portato la sua esperienza di docente a Roma presso un liceo ma anche quella di educatore scout nei quartieri di Caserta a rischio di marginalità giovanile.
Nel primo giorno si sono fatti affiorare punti di forza e debolezza cercando di rintracciare lo “scarto” tra ideale e realtà, tra ciò che pensiamo di dover fare e ciò che il bambino vuole fare. Siamo capaci di una visione profetica, di guardare oltre, di riconoscere davvero dignità a colui che ci sta davanti? Soprattutto quando questo colui è il bambino, il ragazzo scartato nella classe, in cui nessuno pensa di poter investire. Attraverso un percorso che ha consentito anche ai partecipanti di andare a riscavare nel proprio passato di alunni e studenti, si è arrivati all’idea del modello della scuola ignaziana, presentato da Sergio di Vito che passa attraverso cinque fasi: contesto, esperienza, riflessione, azione e valutazione. Sullo sfondo di don Milani e di Barbiana dove si puntava a “far crescere figli più grandi di noi”, si è restituita dignità a questo momento, avendo la capacità di saper puntare alto, di parlare di Scuola più che di doposcuola o sostegno scolastico, renderlo un momento di liberazione, non di schiacciamento sotto il peso delle difficoltà. E forse i momenti più profondi sono stati quelli in cui sono emersi i volti di tanti piccoli che restituiscono concretezza alle parole, quei piccoli dei quali abbiamo detto più volte di metterci “ai piedi della loro crescita”.
Allora nei luoghi educativi e in particolare nei cantieri educativi ci si è detto che il momento dei “compiti” assume tutta una sua rilevanza, un momento centrale che costruisce dal basso valori, cittadinanza, orizzonti, conoscenza, diremmo anche Politica. La scommessa, la domanda è forte: ci crediamo? Diversamente dovremmo ammettere la sconfitta dell’esperienza di don Milani, di altri che hanno contribuito a un punto di vista diverso… eppure non è così, Barbiana esiste ancora ed esiste in particolare in quelle periferie del mondo in cui si cerca ci ripartire dal basso.
Forse, in questo modo, Giuseppe, che oggi ha sei anni e frequenta il cantiere educativo, non sarà un giorno un medico affermato o un imprenditore, ma senz’altro sarà un uomo consapevole di sé stesso e del mondo che lo circonda, capace di guardare negli occhi l’altro e riconoscerlo come fratello.