Noto in festa per san Corrado. L’accorato appello del Vescovo alla Città

Ieri, 25 agosto, la città di Noto ha festeggiato il patrono san Corrado Confalonieri.
In mattinata, in Cattedrale, il solenne pontificale presieduto dal Vescovo mons. Salvatore Rumeo, alla presenza del clero netino, delle autorità civili e militari e di un gran numero di fedeli e devoti.
Il Vescovo ha tenuto un’omelia dalle parole forti e intense, un messaggio per risvegliare il cuore di ogni fedele.
San Corrado, come il patriarca Abramo – ha ricordato il vescovo Rumeo – ha lasciato la propria patria per diventare “popolo e benedizione”. San Corrado lascia il suo piccolo mondo, “si incammina verso qualcosa di grande, impensabile e inimmaginabile”, ha sottolineato ancora il vescovo, paragonando la vicenda di San Corrado a quella di Abramo.
In tempi difficili quale tipo di fede abbiamo?
Questa in sintesi la domanda che il vescovo si è posto durante l’omelia, alla quale ha cercato di rispondere.
“È così triste vedere come molti cristiani riducano il cristianesimo all’osservanza di qualche comandamento. Il cristianesimo è qualcos’altro! Non è l’osservanza della legge per la legge: è un incontro di salvezza, è questione di puro amore!” ha rimarcato.
Occorre un nuovo stile di presenza nel mondo: i Santi con la loro vita e la loro vicenda ricordano che il cristianesimo vero è quando si lascia uno stile nuovo nel mondo. Il Vescovo, che ha rimarcato questo pensiero, ha ricordato: “Il Vangelo, per chi lo accoglie, allora, è vita che aumenta, è vita che si moltiplica a dismisura. Ecco la scoperta che hanno fatto i discepoli seguendo Gesù: trovare Dio.”
Poi l’invito a vivere la vita con dedizione e senza risorse al servizio della comunità.
Infatti ha ricordato Rumeo: “I Santi ci sono ancora, sono sempre vivi e attuali, non vanno mai in soffitta, perché rappresentano un affascinante commento vivo del Vangelo.”
Nella parte finale un dialogo a tu per tu con san Corrado: “Anche tu sei partito, come Abramo, da un paese lontano e il Signore ha voluto che ti fermassi in questa meravigliosa terra, dove la natura è un libro di vita rivolto verso il Cielo e le nostre Città, testimonianza di vera bellezza nata dalla fede audace e dalla fantasia estrosa dei nostri Padri.”
La chiesa di Noto, con 180 anni di storia, ha tracciato vie di straordinarie bellezza e santità, formando le coscienze di uomini e donne.
Il Vescovo ha dunque ricordato quanti si sono spesi per la rinascita di Noto e del suo simbolo, la Cattedrale.
Mons. Rumeo ha poi fatto appello a ciascuno perché “Il tempo presente racconta di sofferenze e inadempienze, di rallentamenti e gravi omissioni, di logiche, progetti e poteri forti che hanno trasformato Noto e dintorni in terra di conquista. Altro che «numquam vi capta!». Noto non ha più voce, la fama per la sua manifesta bellezza si va sostituendo con il progetto di una città dove tutto è possibile, dove le politiche agrarie sono in libera caduta e i casolari e le masserie della nostra fertile e invidiata campagna diventano location per il turismo di nicchia e, purtroppo, non solo.”
Inoltre nel suo appello ha sottolineato: “A Noto non conviene ammalarsi perché le politiche sanitarie regionali stanno trasformando il nostro ospedale nell’ennesimo gigante addormentato da svendere, per l’occasione, al milionario di turno. E noi, non possiamo rimanere inermi, con le mani in mano!
A Noto non esistono regole e la cultura, quella vera, stenta a decollare viaggiando su binari morti. Ciò che fu culturalmente costruito dalla genialità e operosità di molti oggi perde la sua forza originaria! Chi vuole creare laboratori, contenitori di speranza e spazi di riflessione per la crescita culturale stenta a trovare nei singoli o nelle associazioni, validi alleati con cui intraprendere percorsi di maturazione intellettuale. Non condividiamo l’idea che l’unica agorà sia quella virtuale dove, senza cognizione di causa, tutti si assurgono a paladini o detentori della verità.”
Infine il Vescovo ha chiuso la sua omelia sperando che il 180mo della Diocesi “spinga soprattutto le nostre comunità cristiane ad un profondo, serio e vero esame di coscienza che porti tutti a riscoprire la centralità della persona e la freschezza del Vangelo, a leggere i nostri continui fallimenti educativi non come la fine di un processo incapace di formare le coscienze ma un nuovo inizio che, sinodalmente, veda il coinvolgimento di tutte le agenzie educative”.
L’appello del Vescovo mira a risvegliare ciascuno, perché la vera sfida è la rinascita delle città che possano diventare modello di umanità e misericordia.

Pierpaolo Galota