Noto. Lettera del vescovo a Gesù Bambino, pensando ai teologi e agli intellettuali non credenti

Oggi, sabato 1 gennaio 2022, il vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, consegna alla comunità diocesana la terza Lettera a Gesù bambino, pensando ai teologi e agli intellettuali non credenti, dal titolo: “L’amor che muove il sole e le altre stelle. Proslogion sull’analogia scientiae”.
Si tratta della terza di tre lettere inviate in questi giorni natalizi; la prima è stata pubblicata lo scorso 12 dicembre, pensando al Sinodo; la seconda lo scorso 23 dicembre, pensando ai bambini. 
Pubblichiamo di seguito il testo della terza Lettera a Gesù Bambino:

 

 

Tu scendi dalle stelle, amor che quieta questo cielo

Proslogion sull’analogia scientiae

 Lettera pop-teologica a Gesù Bambino per teologi e intellettuali non credenti

di Antonio Staglianò, vescovo di Noto

 Caro Gesù Bambino,

ti scrivo un’altra Lettera perché sei già venuto a Natale.

Non ti chiedo se stai comodo su quel pagliericcio, composto in una stalla, fuori dalle mura della città, dalla tua dolcissima madre, Maria di Nazareth, e dall’affettuosissimo papà terrestre, Giuseppe, tuo padre putativo. Sei nato in un tempo antico, duemila anni orsono, quando le comodità di oggi non erano tanto diffuse e globalizzate. E poi i tuoi genitori erano poveri, non avevano soldi per farti nascere al caldo in una camera d’albergo, visto che erano in viaggio. Sei nato davvero scomodo: e forse questo è un segno chiaro che sei venuto a scomodare.

Vorrei distrarmi però per un momento dalle condizioni disumane, nelle quali sei entrato in questo nostro mondo: al freddo e al gelo, benché dentro l’amore infinito dell’abbraccio dei tuoi, senza dimenticare tuttavia il bue e l’asinello che – per qualche legge della termodinamica – un po’ di calore lo trasmettevano in quell’ambiente gelato.

Ne approfitterei per farti una domanda: perché noi umani del XXI secolo dovremmo ascoltare proprio te?

Tu dici d’essere venuto a parlarci di Dio e mostrarci il suo volto santo, ma noi – abitatori dell’Occidente opulento – non siamo interessati a questa visione di Dio, perché l’attenzione è tutta concentrata sul nostro benessere, sulla crescita economica, in particolare oggi, mentre siamo in ansia e un po’ angosciati alla sola idea che ci venga a mancare, a causa di un invisibile virus, un “qualcosa di niente”, da noi chiamato Covid 19, che, avvicinandosi, risucchia tutto nel suo nulla.

Tu dici d’essere il Salvatore e di portarci la liberazione dal male e dal peccato, ma il nostro problema è la sicurezza sociale, e la sopravvivenza sul pianeta che pure maltrattiamo per i nostri interessi di guadagno, sfruttandone indiscriminatamente le risorse, incuranti della qualità della vita delle generazioni future. Nelle nostre società dell’ipermercato, non la liberazione, ma l’assicurazione ci sta a cuore.

Tu dici che “senza di te non possiamo fare nulla”, eppure noi con l’esculturazione del cristianesimo, così lo chiamano i dotti – proprio separandoci da te, dalla fede nel Padre tuo e dalla Rivelazione cristiana – pretendiamo raggiungere quella autonomia che ci sta portando a realizzare moltissimo, spaziando dall’infinitamente piccolo della realtà subatomica all’infinitamente grande dell’astrofisica.

Immagino- caro Gesù Bambino – essendo Tu Dio, come pure noi ancora crediamo -, che ti sia accorto dei nostri successi scientifici. I buchi neri previsti nelle equazioni matematiche di A. Einstein sono ora una realtà: li possiamo addirittura fotografare. C’è speranza che accada la stessa cosa con i buchi bianchi e i famosi wormholes, grazie ai quali l’immaginazione scientifica prospetta la possibilità di passare – quasi attraversando un tunnel – da un solo universo a molti altri mondi. Con il paradosso di Fermi – “Dove sono tutti quanti?” – non disperiamo di trovare altre intelligenze omologhe agli umani, nell’attuale vasto universo in espansione, tra milioni di galassie che si muovono, collidono, si schiantano e si ricostituiscono rimbalzando, per riprendere nuove espansioni in questo immenso movimento, a velocità inimmaginabili anche se non superiori a quella della luce, trecentomila chilometri al secondo.

Chissà cosa avrebbero pensato della tua nascita gli illuministi (francesi, tedeschi, italiani), abituati alla rivoluzione copernicana, se solo avessero saputo le cose che la fisica delle particelle elementari ci sta insegnando, insieme all’astrofisica. “Dio nella carne umana”, “l’Assoluto che si fa un individuo” – beh, lo si sa – arrivarono a pensare che era impensabile, e, così, ad affermare che era inconcepibile per l’intelligenza umana: un assurdo della ragione. Non è che avessero tutti i torti. In fondo erano edotti soltanto sul fatto che è la terra a girare intorno al sole e non viceversa, come nella concezione tolemaica. L’insuperabile “fossato di Lessing” è per costoro sintomatico: l’Universale non può essere un particolare. È assurdo!

Tuttavia, per loro, dovrebbe essere anche assurdo che un enorme oggetto fisico, qualcosa di grandissimo, di vastissimo, della massa di milioni di soli – quale una delle tante stelle supermassive in movimento nel nostro universo – diventi qualcosa di piccolissimo, senza perdere nulla della massa di prima. E’ sconcertante invece osservare -perché gli scienziati procedono per osservazione, già da Galileo Galilei con le “dimostrazioni necessarie” e le “sensate esperienze”- che, invece, questo implodere in se stessa di una stella massiva, dopo essere diventata una supernova (e aver in un attimo di secondo illuminato il suo spazio con una potenza di luce di milioni di soli), attratta dalla forza gravitazionale al centro del suo nucleo, alla velocità della luce, diventi una “singolarità” instabile e possibilmente ribalzante, per riprendere il suo cammino di espansione.

Questo, dopo la teoria della relatività generale di Einstein, non è affatto un assurdo, perché capiterebbe alla maggior parte degli enormi oggetti fisici dell’universo e forse, come alcuni ipotizzano, al nostro stesso universo. il quale non sarebbe nato da un Big bang (da un grande scoppio) ma da un Big Bounce (da un grande balzo), un balzo appunto della “singolarità” fluttuante cui si era ridotto il vecchio universo, nel suo Big Crunch. L’immaginazione scientifica della realtà dell’universo è profondamente cambiata, e il cammino di scoperta è sempre in salita. Con l’introduzione di idee rivoluzionarie sulla distorsione dello spazio-tempo in presenza di massa e della concentrazione di energia potentissima relativa alla velocità della massa (E= MC al quadrato è la formula più bella della nuova fisica). Da qui, ultimi studi teorici, stanno ipotizzando che certi crateri, visibili sulla crosta della luna, siano stati causati da buchi neri piccolissimi quanto atomi (pensa un po’) con masse di asteroidi (pazzesco).

Scusami – carissimo Gesù Bambino- se ho sostato troppo su queste cose. La smetto subito, anche se avrei voluto intrattenerti un poco sull’Entenglement, sulla sovrapposizione quantistica, sfruttata dai nuovi bit, i qubit, dei nuovi computer, capaci ormai di “fare miracoli”, per usare una espressione attribuita solo a Te o a Dio, anche se i tuoi miracoli sono obiettivamente diversi. Avrei voluto menzionare pure la doppia natura (ondulatoria e corpuscolare) della realtà a livello subatomico. Forse ti scriverò ancora su queste cose. Il motivo? Perché suonano molto bene alle orecchie di un teologo non negligente in cerca di nuove analogie, di nuove metafore (“metafore vive”, per dirla alla Ricoeur). Sai in un tempo remoto dal nostro, ma molto vicino a quello della tua nascita, i Padri della Chiesa erano soliti ricercare i “semina Verbi” – non spiegherò proprio a te cosa significa, riguardandoti da vicino, Tu che sei anche Logos creatore – dappertutto nell’universo creato e conosciuto: cercavano “tracce” e “immagini” del Dio trinitario che Tu hai rivelato. Attraverso le analogie, appunto, si impegnavano a spiegare cosa accade nella vita immanente del Dio-agape. E non per razionalizzare il mistero, solo per renderlo più intellegibile (benché resti mistero sempre eccedente ogni presa concettuale) in qualche modo all’intelligenza degli uomini del loro tempo.

Così, ora mi preme avanzare in questa Lettera, forse già troppo lunga, al di là delle mie intenzioni. Vorrei dire, a quanti temono che in questo modo la scienza voglia spiegare l’Incarnazione, – il dogma di Calcedonia o altri grandi misteri della fede cristiana, il primo dei quali è sicuramente la tua risurrezione dai morti -, di non rifiutare l’approccio alla scienza per “dire Dio oggi”.

I teologi, invece, dovrebbero insistere nel mostrare come l’approccio scientifico del reale rende i dogmi della fede cristiana meno “assurdi” e molto più intellegibili del passato. Quando ero giovane, e mi trovavo in Germania a studiare, mi sono imbattuto in un libro, intitolato La fisica dell’Immortalità. Pretendeva dimostrare i misteri di Dio con le scoperte della nuova fisica, facendo della teologia una branchia della scienza. Un grosso libro, anche un po’ folle. Un teologo, e un credente, non potrebbe seguire questa via. E allora dovremmo dare ragione a coloro che, all’opposto, separano fede e scienza, in modo radicale?

Dai miei studi teologici e dai libri che ho letto, invece, ritengo che una “terza via” esista anche per questo: è la via dell’analogia che si dovrebbe ritornare a studiare in tutte le sfaccettature dei suoi significati. La figura del poliedro – spesso utilizzata da Papa Francesco – è una immagine potente anche per l’analogia: sapendo che si tratta di similitudini vere, in dissimilitudini ancora maggiori. La similitudine dice la continuità dell’unico Logos, la dissimilitudine afferma la discontinuità del mistero.  E perché non dovremmo utilizzare l’immagine scientifica del mondo per “dire” i misteri di Dio.

Il vantaggio non è quello di razionalizzare il mistero, portandolo a livello del concetto umano, ma la possibilità (se siamo bravi nel pensare) di “trasfigurare” tutte le metafore umane (anche quelle scientifiche) per raccontare il mistero. Del resto ogni immagine e ogni parola dice davvero la realtà, ma la realtà è molto più profonda e complessa delle parole (anche scientifiche) con le quali la facciamo “collassare in uno stato” piuttosto che in un altro. Quello che vale per la realtà fisica e metafisica, deve valere a fortiori per la Realtà realissima di Dio, per la Realtà realissima della Rivelazione di Dio nel piccolo di Betlemme.

E allora perché noi umani del XXI secolo – emancipati come siamo grazie alle nuove scoperte scientifiche – dovremmo ascoltare proprio Te, che di nuovo nasci a Natale? Ti hanno presentato come la risposta a tutte le nostre domande e così deve essere se sei davvero il Salvatore. Vieni a salvarci dentro i drammi della nostra carne umana, ferita, offesa, umiliata, scartata, oppressa, vilipesa, annichilita dalle tante forme della barbarie di cui noi umani siamo capaci. E questo si potrebbe capire. E come però saresti anche tu il Salvatore nelle nostre gloriose conquiste, i nostri successi scientifici, in tutti quei campi in cui le risposte alle nostre domande ce le diamo da soli, gelosamente custodi della nostra autonomia – tipo “il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me” (I. Kant) – o anche della necessità di separare per non confondere – tipo “la rivelazione non insegna come vanno i cieli, ma come si va in cielo” (Galileo Galilei)?

Eppure pensando al tuo Natale, al tuo nascere in mezzo a noi, Verbo di Dio nella carne umana, balbettiamo adorando il mistero e ci avviciniamo poeticamente con i versi delle nostre nenie natalizie e dei nostri canti. E chi non crea l’atmosfera giusta cantando: “Tu scendi dalle stelle o re del cielo”? E chi non si immedesima nella nascita del Figlio di Dio con il presepe vivente come fece Francesco d’Assisi. Abbiamo però testimonianze recentissime, quale quella di madre Canopi, monaca contemplativa, di straordinaria bellezza. Fin da bambina il suo amore per Cristo era senza misura e fin dagli inizi era vivo il desiderio di far nascere Cristo in lei:

«Non ho mai dimenticato le impressioni avute nella festa del Natale le prime volte che mi portarono alla Messa, e nel vedere il presepe. Quella musica e quei canti, quel Bambino nudo sulla paglia, Maria e Giuseppe amorevolmente chinati su di Lui come in adorazione, e i pastori che andavano a visitarlo portandogli in dono il meglio di quello che avevano. Per me erano vivi, non statuine, erano talmente veri da confondersi con la folla della gente del paese che si assiepava attorno all’altare e al presepe. Era gente semplice che credeva davvero al mistero del Natale del Figlio di Dio e si commuoveva fino alle lacrime cantando le nenie natalizie in cui si diceva che Gesù è venuto a nascere povero, “al freddo e al gelo” […] Il momento culminante era quello in cui il parroco, terminata la celebrazione, faceva baciare Gesù Bambino: io gli baciavo sempre i piedini nudi venuti dal cielo a camminare sulla nuda terra. Mi rimaneva a lungo sulle labbra la dolcezza di quel bacio; era una dolcezza che mi riempiva il cuore e che si riversava su tutti i neonati del mondo a cui Gesù si era assimilato».

Ecco i “simboli vivi” che il Bel paese (dei balocchi dell’ipermercato) “vuole potentemente” depauperare del loro significato “natalizio”. È la “volontà di potenza” di Nietzsche, ma anche quella della tecnica, secondo Emanuele Severino che trasforma tutto in “cosa” e la cosa in “niente”, da manipolare a proprio piacimento. “Natalizio”, invece, vuol dire “incarnato”, come antinatalizio significherà disincarnato: così dunque “santo Natale” diventa solo Natale senza riferimento al “santo” e il suo significato disincarnato viene interpretato nel senso dell’atmosfera natalizia, dell’incanto o magia del Natale, nella totale perdita del paradigma cristiano (presepiale). In questo tipo di Natale nasce e rinasce ogni anno il Totem intoccabile dell’irreligione: “il sogno del Natale: dalla Letterina da spedire, alle renne di Babbo Natale, ai mandarini fuori dalla finestra da fargli trovare quando porta i regali, ai film americani e alla magia che si ripete ogni anno” (Rita Dalla Chiesa).

Qualcuno salvi il Natale, starei per dire, quasi fosse una invocazione di preghiera. Purtroppo è il titolo di due film (americani?) nei quali il Natale è salvo solo perché si salva l’immaginazione di Babbo Natale e il suo mondo fatato, senza alcun riferimento a Te che nasci scandalosamente in una grotta per animali. Se tocchi il Totem – in qualunque modo – te ne attiri l’ira flagellante. È alienazione pura, a ben pensarci. E come sono davvero remoti e irriconoscibili i tempi in cui i “veri maestri del sospetto” (Marx, Freud e Nietzsche, ma prima Feuerbach) criticavano, con argomenti interessanti la religione come alienazione, aiutando i teologi a meglio comprendere la propria fede cristiana, e propri dogmi: si, perché là dove la religione cattolica è davvero alienazione lo è e basta e bisogna riconoscerlo. Nella tua grotta però non c’è alienazione, piuttosto incarnazione, immedesimazione, empatia, impegno e lotta per la giustizia e per l’amore, per la pace. I veri atei oggi, invece, potranno riconoscere l’alienazione drogante non tanto nella religione (che forse nemmeno più considerano) ma nell’ipermercato e nella magia dei Babbo Natale: nel paradiso della tecnica, vero inferno degli umani, secondo Emanuele Severino.

 

E allora – ti chiedo caro Bambino Gesù- se davvero il “cielo che è sopra di noi”, non sia piuttosto profondamente “già dentro di noi”, “più intimo a noi che noi stessi, pur restando sopra di noi”? Non siamo gli esseri umani desideranti?Dunque proveniamo dalle stelle (de sideris)? Non solo tu scendi dalle stelle, anche noi! La nostra stoffa umana (corporea, psichica e spirituale) è polvere di stelle! La famosa equazione di Paul Dirac, quella sull’Entenglement, è chiamata volgarmente (=popolarmente) “equazione dell’amore” perché porta a espressione matematica la realtà del vasto universo in espansione, stabilendo l’interconnessione di tutti gli oggetti fisici che lo compongono. Due stelle che “in un tempo” furono connesse e “ora” sono distanti milioni di anni luce vanno trattate come fossero un unico sistema fisico: perché il destino dell’uno agisce sul destino dell’altro. Eppure sono così lontane. E mi chiedo, non fu tutta la massa (nella quale sono anche tutti gli esseri umani venuti al mondo) dell’attuale universo “rannicchiata”, e profondamente unita, in quella “singolarità” da cui poi per il grande scoppio si originò l’universo, secondo gli astrofisici? Oppure non eravamo tutti già in quel “vuoto primordiale” – che era così pieno da contenere tutte le forze e la luce e le galassie e le stelle e il plasma – da cui partì l’inflazione responsabile dell’inizio (ma per molti scienziati l’universo non ha avuto inizio) della evoluzione? Intreccio è legame profondo, dunque intimo. E cosa impedisce – pur analogicamente – di nominare questo Entenglement nell’infinitamente grande dell’astrofisica e nell’infinitamente piccolo della meccanica quantistica con la parola Logos che fu degli stoici, ma anche del cristianesimo primitivo. La tua nascita si dice anche in greco Logos sarx egheneto (il Logos-verbo si è fatto carne) e venne ad abitare in mezzo a noi.

Abbiamo già considerato che l’assurdità (filosofica) di questo annuncio svanisce come la neve al sole, dopo il mega racconto – matematicamente confermato dalle equazioni di Einstein- sulle vicende di una stella massiva che muore. Eppure il mistero resta perché sempre eccedente ogni razionalità (ovviamente anche quella scientifica): il mistero vuole essere ragionevole e per questo non tollera l’assurdo. E se tolto l’assurdo – grazie alla bellezza dell’analogia – il mistero viene all’idea dell’uomo, si concede come risposta alle sue domande (teologiche, filosofiche, scientifiche), restando comunque mistero eccedente, preme su quelle domande, urgendone le loro riformulazioni, sempre aperte a nuove conoscenze, a nuove scoperte. Fanno allor davvero male quegli scienziati (nipoti dei nonni illuministi) animati dal pregiudizio di non aver alcun pregiudizio, cosiddetto dogmatico, in nome della libertà della loro ricerca, stabilendo con Laplace che “Dio non è nemmeno una ipotesi” e dunque, interpretando, come ha fatto il premio Nobel recente Giorgio Parisi, che “tra fede e scienza c’è una separazione radicale”. Fanno male non tanto in senso morale, ma nel senso proprio del metodo scientifico e quindi dell’osservazione di come realmente funziona la mente umana intenzionalmente protesa a conoscere alcunché.

E d’altronde, separare è una cosa e distinguere è un’altra. Per non confondere basta distinguere (Aristotele) e non necessariamente separare. L’analogia aiuta a distinguere i campi diversi e molteplici dei saperi e ancora l’analogia aiuta a unire tutti i saperi intrecciati (entengled) tra loro. Perciò – lo ha precisato Papa Francesco nella Veritatis Gaudium –, è tempo di procedere nell’interdisciplinarietà in senso forte, cioè nella transdisciplinarietà. Cosa impossibile se non dovessimo riconoscere un Entenglement di tutti i saperi in quella unica “scienza dell’uomo”, custodita in Cristo-Logos, prima ancora della creazione del mondo, come la teologia non negligente ha ben chiarito con la scoperta del cristocentrismo obiettivo (G. Moioli) nel XX secolo, dopo il Concilio Vaticano II.

Per noi credenti – caro Gesù bambino – sei Tu il Cristo-Logos. Lo riconosciamo con tutta l’intelligenza di questo mondo, perché crediamo, nella Chiesa cattolica, con una fede che cerca di intelligere, che è ragionevole e non ama tutto quanto la ragione umana disprezza come assurdo. È fede intrecciata interiormente con la ragione e il logos, come ha ben sintetizzato San Giovanni Paolo II nella Fides et ratio, come ha costantemente insegnato il papa emerito Benedetto XVI e ancora Papa Francesco è ritornato a fare con Lumen fidei. Grazie alla analogia, dunque, la fede cattolica cerca l’intelligenza filosofica e anche scientifica, desidera l’ampliamento dei confini della ragione nella direzione di una sapienza sempre più grande, infinita, diffusa nel creato e fondamento ultimo della creazione. C’è però un aspetto che dovremmo per il futuro meglio coltivare, fruttando meglio – nel sapere analogico – alcune dimensioni della realtà messe in luce dalla fisica delle particelle elementari, racchiuse nella misteriosa (almeno nel senso di “strana davvero” e di poco intellegibile anche per gli scienziati) “sovrapposizione quantistica”. Non posso parlartene adesso, perché devo chiudere: Papa Francesco ci ha consigliato di non essere troppo lunghi, non solo nelle prediche, ma anche negli scritti e io faccio fatica a osservare il suo consiglio, lo confesso. Chiedo perdono, spero di far meglio in futuro. E però questa cosetta te la voglio aggiungere: perché non pensare in “sovrapposizione quantistica” la somiglianza vera e la dissomiglianza più grande della analogia? E come (ecco l’analogia) i qubit sfruttando la sovrapposizione quantistica riescono a incamerare una enorme quantità di dati ed elaborarli in pochi secondi (mentre per gli attuali computer occorrono migliaia di anni), così la dissomiglianza più grande del mistero (e della realtà) può essere sfruttata per immaginare infinite similitudini possibili per far collassare la realtà stessa in uno stato piuttosto che in un altro. Nella fisica delle particelle elementari emerge sempre di più e sempre meglio il ruolo “creatore” dell’osservatore. Ed è proprio in questa direzione che potrebbero ampliarsi i campi anche della ricerca scientifica, qui raggiungendo quanto la filosofia odierna va dicendo circa il fatto che l’ineffabile è il fondamento di ogni dicibilità e che – come sostiene J. Derridà con tutto il suo “sentimento ebraico” – sono le righe bianche (vuote di scrittura) a rendere intellegibile le righe scritte, piene di inchiostro. Dunque il Logos sempre dissimile rende possibili tutti i logoi simili? Certo, è scontato. Interessa però sapere di più e meglio dove il Logos resta sempre dissimile?

Il Logos è dissimile sempre e nel sempre perché il Logos è Dio e Dio è amore, dunque il Logos è affettuoso, è amore. E questo solo Tu – caro Gesù bambino – sei venuto a dircelo e ce lo hai detto, nascendo in una grotta a Betlemme, vivendo la tua breve esistenza storica mostrandoci il vero, ultimo e definitivo, volto santo di Dio: “Dio è amore”. Ecco dunque, perché dovremmo ritornare ad ascoltare te e permetterti di salvarci, perché Tu, rivelandoti come Logos-amore, manifesti l’amore nel nostro logos e nella nostra ragione che vive della luce fiammeggiante del tuo Logos. È l’amore “che muove il sole e le altre stelle”, e sempre l’amore “che quieta questo cielo” (Dante Alighieri). Attraverso l’amore, Tu redimi anche la nostra ragione (spesso ripiegata nella propria autonomia, secondo leggi che la impoveriscono piuttosto che arricchirla), la risani, la custodisci e la rilanci sempre verso nuovi orizzonti di scoperta e di conquista, distogliendola da certi “successi” che alla fine – essendo distruttivi dell’umano dell’uomo – si riveleranno “tragedie” per gli abitanti del pianeta. “Il paradiso della tecnica sarà l’inferno degli umani” ha sempre sostenuto Emanuele Severino, ritenuto dai suoi colleghi l’ultimo gigante della filosofia. Per chi non crede, questo pensiero si traduca in termini di etica della ricerca scientifica e risponda alla domanda: “Come deve essere la ricerca scientifica per essere come deve”? Qual è la giustizia e la verità della ricerca scientifica? È l’amore cui non può “non chinar la fronte” l’algoritmo dell’intelligenza artificiale, se vuole restare un algoritmo umano, a servizio dell’uomo. Cosa è davvero umano, allora? Sarà importante saperlo da parte dello scienziato e del filosofo. E su questo può iniziare un dialogo proficuo per il bene di tutti, nell’ascolto reciproco e nell’unica tensione del cuore: salvare l’umano dell’uomo in questo pianeta e riconoscere l’umanità degna dell’uomo in questa storia.

Grazie – caro Gesù bambino – perché venendo al mondo ci hai mostrato il Logos-amore, ma soprattutto la tua vera umanità. Se ti ascoltassimo tutti, potremmo essere più felici noi e far contenti anche tutti gli altri, fratelli tutti. Gli altri tutti? Anche quelli che si troverebbero possibilmente negli spazi-tempi infiniti di molti mondi o nello spazio tempo di galassie sperdute alle periferie del nostro universo senza confini? Si certo! Se solo la smettessimo di far morire i bambini nel grembo delle loro madri, cosi da far nascere quei futuri ingegneri aereospaziali, i quali potrebbero inventare le “vele fotoniche” capaci di far viaggiare “barche” leggerissime, eppure consistenti, sulle quali gli umani riusciranno a colonizzare (con amore) i pianeti vivibili che ci stanno attendendo, con i loro possibili abitanti, desiderosi anch’essi di venire a sapere che il Logos è amore, che Dio li ama e, in te Gesù, ha amato nel sempre anche loro. Ecco “l’amore che quieta questo cielo” (Dante Alighieri) e che scende dalle stelle. E mi viene voglia adesso di cantillare la nenia natalizia per eccellenza: “Tu scendi dalle stelle oh! Re del cielo”.

Tu sei Re Gesù? Si, lo dico io. Ma tu me lo mostri: in Te bambino nato nella grotta di Betlemme, in una stalla di animali, per chiarire a tutti quanto è onnipotente l’amore. Tutti sono il tuo popolo e la tua verità è destinata a tutti: anche ai Magi, sensibili alla verità attraverso la ragione. Sono oggi questi colti indagatori dell’universo che guardano le stelle. Sono questi scienziati del cosmo, meravigliati dalla vastità delle galassie, sempre alla ricerca di nuove conoscenze, di una più piena sapienza. L’immenso cielo si quieta nella piccolezza di un bambino e l’infinitamente grande dell’astrofisica mostra di avere tratti profondi e comuni con l’infinitamente piccolo dei quanti della fisica delle particelle elementari. Tutto è connesso (entengled) dall’amore. Tutto vive del “legame” (logos) dell’Amore “che muove il sole e le altre stelle”.

 

Noto, 1° gennaio 2022