Riccorrendo oggi, primo luglio, la memoria del Beato Antonio Rosmini, il vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò, ha voluto indirizzare un messaggio alla Diocesi, per incoraggiare il popolo di Dio a proseguire sulla via della santità, attraverso un esercizio di cristianesimo che ci impegna quotidianamente a vivere l’amore che Gesù chiede a tutti.
Le Massime di perfezione cristiana sono un modello di un cammino che singolarmente e come comunità si può intraprende per coltivare e aver cura della nostra fede, puntando alle opere di carità e edificando la comunione della Chiesa, attraverso il reciproco perdono.
Amare senza misura “come” Gesù
Massime di perfezione cristiana di Antonio Rosmini, per un servizio diocesano di correzione fraterna
Carissime sorelle e fratelli in Cristo,
popolo santo di Dio che abita nella Diocesi di Noto, ricco di carismi e di ministeri, per la potenza dello Spirito Santo che agisce sempre e ci custodisce nell’amore, vi saluto nella pace che il Risorto infonde nei nostri cuori, al di là di ogni nostro merito.
1. Dio è solo e sempre amore, traboccante di misericordia e di perdono. Proprio oggi, attraverso le parole del profeta Amos, ci è stato ricordato quello che Dio gradisce: un torrente perenne di giustizia e le acque correnti del diritto, piuttosto che il frastuono di canti e il suono delle arpe che non vuole più sentire. Conosciamo bene il significato di questa “parola di Dio”. Noi che seguiamo Gesù, sappiamo da Gesù quello di cui si compiace il Padre suo: Dio-Agape si compiace dell’umanità bella e buona del Figlio suo e desidera che noi rassomigliamo sempre meglio a Gesù, al suo modo di pensare e di vivere, di agire e di amare. L’amore di Gesù è unico al mondo, singolare: è quello eucaristico, cioè del Corpo donato e del Sangue sparso per tutti, per gli amici e per i nemici: “amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi” è il compimento del comandamento antico. “Ama il prossimo tuo come te stesso”, faceva ancora dell’amore-per-sé la misura dell’amore dovuto agli altri.
2. Questo poteva bastare al Dio di Israele, non certo al Dio di Gesù, all’Agape che Gesù mostra e rivela in modo definitivo e ultimo, in “parole e fatti” intrinsecamente connessi (cfr. DV). Eppure, ora si manifesta meglio il “significato” (e dunque la realtà) di quell’antico comandamento: quel “te stesso” non poteva essere la percezione egoistica del proprio io, dei propri interessi o del pensare prima a sé stessi e poi agli altri. No, assolutamente! Lo comprendiamo meglio alla luce del comandamento nuovo di Gesù: allo specchio dell’amore sconfinato di Gesù, quel comandamento può essere così recitato, come qualche Padre della Chiesa intuì, “ama il prossimo tuo: ecco te stesso”, cioè sei tu, nella tua identità profonda, appena l’amore che hai e dai al prossimo. Nessuno, infatti, è più grande dell’amore che dona agli altri, fino a Gesù.
Con Gesù cambia anche questo, perché il suo amore per noi, rivela l’amore del Padre dall’eterno, addirittura dal generarsi eterno di Dio in Dio, Figlio del Padre che dona lo Spirito. Perciò possiamo restare consolati dalla certezza credente che “noi siamo di più” dell’amore che riusciamo a dare agli altri, perché noi siamo l’amore sconfinato che il Padre ci vuole dall’eterno. Ciascuno di noi è – nelle profondità del suo essere, cioè nella sua identità metafisica (per dirla con un linguaggio incomprensibile ai più, ma necessario per chiarire che non stiamo parlando di sentimenti emotivi o di psicologia) – lo sguardo di amore che il Padre ha su di Lui. Questo sguardo del Padre ci vede nella nostra interezza ed è la “predestinazione a comparire santi e immacolati nell’amore” per il Paradiso della nostra pace e gioia eterna.
3. Si! È così. Noi siamo, già adesso, ciò che siamo destinati ad essere nel futuro. Perciò dobbiamo camminare nella fede e crescere nella nostra spiritualità, alla scoperta della vocazione ricevuta alla santità. La santità cristiana è esigente, senz’altro. Chiede qualcosa che sembra innaturale e disumano: come “amare i nemici” e “non rispondere al male con il male” o anche “porgere l’altra guancia” o “benedire chi ti maledice” e non scendere dalla croce, quando si tratta di soffrire calunnie, discriminazioni, umiliazioni per la causa del Signore. La santità cristiana pretende il perdono unilaterale e incondizionato. Tuttavia, la santità non è impossibile da praticare, come insegna con semplicità Gaudete et exultate di Papa Francesco. Il motivo è evidente: non siamo soli in questo cammino, c’è lo Spirito Santo in noi, Amore effuso nei nostri cuori. È la potenza dello Spirito che garantisce i nostri passi e il raggiungimento felice della nostra meta, in questo “santo viaggio della nostra conversione”.
Dobbiamo aiutarci reciprocamente in questo viaggio e perciò benedico l’idea dell’istituzione di un Servizio diocesano per la correzione fraterna.
4. A noi tocca di deciderci, sempre con rinnovata gioia dell’animo, di avanzare in questo viaggio, di procedere in questo cammino. Avanzare, procedere, sì! Perché il cammino è già iniziato e noi cristiani siamo “quelli della Via”. Siamo di Cristo che è questa Via del viaggio iniziato il giorno del nostro Battesimo. Ricominciamo e ripartiamo da qui: dal recuperare la densità sacramentale del nostro essere cristiani. Vuol dire che dobbiamo cominciare a riconoscerci per quello che siamo: tempio santo di Dio, riempiti di Spirito Santo, proprio della sua persona e non tanto delle sue energie. La nostra fragilità (siamo vasi di creta) non deve obnubilare la certezza della realtà del tesoro che portiamo in noi e che siamo noi. Allo specchio della fede, ogni cristiano consideri il potenziale di amore che è dentro di lui e viva in questa grazia amando i fratelli come Gesù comanda. Diventi, allora, prossimo di tutti (anche dei nemici). Diventi cura, amicizia fraternità comunione, edifichi questa Chiesa nell’amore. In una parola, eserciti il cristianesimo e non viva al di sotto delle possibilità che l’amore di Dio in Lui consente.
5. Per tutto questo dobbiamo tutti (il primo io, vostro Vescovo, per voi Vescovo e con voi in cammino quale umile cristiano) convertirci, curare anzitutto la nostra spiritualità per giungere alla perfezione richiesta da Gesù: “siate perfetti come è il Padre vostro celeste”. Ritengo che allo scopo siano davvero molto utili le Massime di perfezione cristiana proposte dal Rosmini (le ha scritte quando era ancora giovanissimo). Il beato Rosmini è grande maestro di spiritualità oltre che di pensiero, un innamorato di Cristo-Verità e perciò uomo di grandiosa carità. Charitas è il motto del suo stemma che ha un unico simbolo, il pellicano, figura di Cristo che si toglie la vita, donando il suo sangue come cibo per i suoi figli. Ecco le sei Massime; le prime tre indicano i fini e le seconde i mezzi per raggiungere i fini, come Rosmini stesso spiega.
1. – Desiderare unicamente e infinitamente di piacere a Dio, cioè di essere giusto.
2. – Rivolgere tutti i propri pensieri ed azioni all’incremento e alla gloria della Chiesa di Gesù Cristo.
3. Rimanersi in perfetta tranquillità circa tutto ciò che avviene per divina disposizione riguardo alla Chiesa di Gesù Cristo, operando a pro’ di essa dietro la divina chiamata.
4. – Abbandonare sé stesso nella divina Provvidenza.
5. – Riconoscere intimamente il proprio nulla.
6. – Disporre tutte le occupazioni della propria vita con uno spirito d’intelligenza.
Carissimi/e,
chiedo a tutti, se potete, di dedicare del tempo a conoscere la spiritualità e il pensiero di Antonio Rosmini. Per i miei studi teologici ho letto quasi tutto di Lui e vi posso assicurare che ne vale davvero la pena. Ognuno lo faccia come può. Nel frattempo mi permetto di offrirvi un “Decalogo proverbiale” su questa grande figura di cristiano esemplare. Altrove ho scritto sul senso e la bontà di questo genere letterario del “Decalogo proverbiale”:
«I “decaloghi proverbiali” potrebbero essere immaginati come una espressione letteraria che ha lo scopo particolare di formare l’uomo alla riflessione, alla conoscenza che fa vivere, all’istruzione illuminata, alla saggezza che dirige la vita nella giusta direzione. Nell’intento dell’autore è un tentativo di comunicare cose importanti con un modo agile, semplice, a tratti umoristico. Sono dunque una specie di genere letterario sapienziale dell’arte di vivere il quotidiano». Anche questo appartiene alla pratica della Pop-Theology.
Rosmini pensatore profeta e santo
Primo: Si sa che il Rosmini fu profeta, santo e grande pensatore / in ogni campo dello scibile ha indagato con intelligenza e con il cuore.
Secondo: Fu grande in tutto – saperi e vita santa – don Antonio Rosmini, / davanti a lui ci si sente nani e piccolini.
Terzo: Nella cultura del suo tempo provocò tutti e con tutti dialogò con gran sapienza, / ebbe una forte passione: salvar l’intelligenza.
Quarto: La ragione va per Rosmini rafforzata nel suo cammino, / perciò non deve disdegnare l’ispirazione del divino.
Quinto: Dice Rosmini che la fede non blocca la ragione nel suo movimento cogitante, / solo la rende fedele alla verità e più amante.
Sesto: Scienza, filosofia, teologia, politica e diritto il Rosmini con rigore coltivò, / ma la santità, la pietà e la carità mai tralasciò.
Settimo: L’ascetica e la spiritualità non furono per Rosmini solo devozione, / ma grembo e orizzonte della stessa ragione.
Ottavo: Profeticamente Rosmini sostenne che la Rivelazione è base della stessa “razionale” filosofia, / e la Trinità della fede pose come fondamento della sua Teosofia.
Nono: Una vera filosofia Rosmini trasse dalle viscere della cristiana dottrina, / con la ragione senza stancarsi lavorò perché la cultura non andasse in rovina.
Decimo: La persona Rosmini mise al centro della sua riflessione, / personalista fu da sempre con grande convinzione.
Undicesimo: È importante che la vita e il pensiero del Rosmini si impari a conoscere bene, / rimeditare questo decalogo allo scopo conviene.
Spero tanto che vi sia piaciuto. È anche questo un modo per dirvi che vi voglio bene e vi auguro di cuore, per intercessione del beato Rosmini, che il Padre di Gesù vi ricolmi di ogni consolazione e di ogni gioia per ogni opera di carità, per ogni testimonianza data alla speranza cristiana nella risurrezione della carne e nella beatitudine eterna del Paradiso.
Vi abbraccio tutti e pregate per la Diocesi, per la comunione nel presbiterio, per la pace nel mondo e anche per me,
+ Antonio Staglianò
Vescovo di Noto
(IN FONDO ALLA PAGINA, L’ALLEGATO COL DOCUMENTO IN PDF DEL MESSAGGIO)