SAN CARLO LWANGA E COMPAGNI : MARTIRI PER DIFENDERE LA CASTITÀ

La memoria liturgica di San Carlo Lwanga e compagni, celebrata il 3 giugno, è di estrema importanza per la fede della chiesa nel Continente nero. Se è vero, infatti, che nella fede della chiesa si professa la comunione dei Santi, è vero anche che la stragrande maggioranza dei santi in calendario, agli occhi dei fedeli africani, appaiono molto distanti per origine geografica e cultura. Ed allora, proprio San Carlo Lwanga e compagni, ugandesi, si pongono come modelli esemplari di santità molto vicini alla sensibilità della chiesa in Africa.
Ciò spiega anche il perché dalla diocesi di Butembo Beni sono partiti circa 500 pellegrini (solo quelli dei gruppi organizzati, senza contare gli altri) alla volta del santuario di Namugongo, a Kampala, in Uganda, per la grande festa del 3 giugno. Il numero di cinquecento non è irrilevante se si considera che da Butembo,  occorre affrontare un viaggio di circa 24 ore per arrivare a Kampala, con un bus carico di persone e vettovaglie fino all’inverosimile. E se si considera che il costo del pellegrinaggio è di circa 150 dollari, somma corrispondente mediamente alla paga semestrale di un operaio. Ma la cosa più bella, è che molti pellegrini sono sostenuti nella spesa dalla loro comunità ecclesiale, che li manda come suoi rappresentanti, nell’attesa di avere poi da loro, al ritorno, un resoconto edificante delle meraviglie di grazia operate ancora una volta per intercessione dei santi martiri, in occasione della festa.
Ma qual è la storia di San Carlo Lwanga e compagni? Bisogna ricordare l’evangelizzazione dell’Uganda, iniziata nel 1879 ad opera dei Padri Bianchi (Congregazione dei Missionari d’Africa), guidati da padre Simon Lourdel. Il re del posto Mutesa, aveva accolto favorevolmente l’evangelizzazione, accettando il battesimo anche all’interno dei numerosi membri della sua corte. E membri della corte erano anche i cosiddetti “paggi”, adolescenti e giovani,  con il ruolo di inservienti scelti.
Ma il successore al trono di Mutesa, il figlio Mwanga, mostrò ben presto altre mire sui paggi, volendo che si prestassero alle sue voglie libidinose. Ciò fece emergere le esigenze della fede cristiana abbracciata da poco. Infatti, il capo dei paggi, Carlo Lwanga, 24 anni d’età, fece notare al re che le sue pretese erano contro l’insegnamento della chiesa e che perciò non potevano essere assecondate. Ciò fece scatenare le ire di Mwanga che ordinò la condanna a morte di Carlo Lwanga e di tutti i paggi ostinati a professare quella fede cristiana che metteva in discussione l’autorità assoluta del re. Nel giro di poco tempo furono messi a morte un centinaio di paggi, la maggior parte tra i 13 e i 24 anni d’età, con esecuzioni atroci di singoli e di gruppi che culminarono nel grande rogo di Mamugongo avvenuto il 3 giugno 1886. Le successive inchieste canoniche hanno condotto alla canonizzazione di 22 di questi martiri, avvenuta solennemente il 18 ottobre 1964. Il più piccolo è Kizito, martire a 14 anni.
Gli atti del martirio ci ricordano, per modalità e atrocità, quelli della chiesa dei primi secoli: scorticati vivi, trafitti da frecce, sbranati dai cani, arsi dal rogo, i giovani paggi cantavano e lodavano il Signore in mezzo alle sofferenze più indicibili. Al carnefice che voleva provocarlo dicendogli “Prega ora il tuo Dio e vedremo se egli ha il potere di liberarti”, San Carlo Lwanga rispose tranquillamente: “Credimi, tu mi tormenti con il fuoco, ma è come se mi versassi addosso dell’acqua per rinfrescarmi”.