La ringraziamo Eccellenza per questa intervista, in occasione del primo anniversario della sua elezione a dodicesimo Vescovo di Noto.
È stata tanta l’attesa, da quel 22 Dicembre 2022, quando abbiamo appreso che il Santo Padre la destinava alla guida della Diocesi di Noto.
Come sono stati questi primi passi e quali sono le sue attese, le sue aspettative per la Chiesa di Noto, in questo tempo particolarmente significativo che stiamo vivendo con il Sinodo, ma anche il prossimo 180° anniversario della Diocesi e poi il Giubileo del 2025?
Un anno intenso, vissuto nella grazia del Signore e nella condivisione che ha animato la vita del nostro popolo – in sintonia e in cammino con il nostro Presbiterio, con i confratelli sacerdoti – ho potuto assaporare il mistero della grazia di Dio che si fa presente nella storia di una Chiesa.
Ricordavi nella tua domanda che sono il dodicesimo vescovo di questa Chiesa e devo così contemplare quello che è stato il mistero di Grazia nella vita di fede dei miei predecessori, perché la Chiesa di Noto ha scritto delle pagine di storia davvero intensa, pagine di vita sociale, di vita culturale, pagine che hanno segnato anche i cuori di tanti netini, di tanti nostri fratelli cristiani.
Di questo ringrazio il Signore, perché – lo ricordavi tu poco fa – siamo alle porte del 180° di fondazione della nostra Diocesi – anche se il cristianesimo qui è di impianto apostolico, perché a pochi chilometri da noi, l’apostolo Paolo ha annunciato il Vangelo di Gesù – e così vivremo momenti di Grazia, così come la stagione del Giubileo o la chiusura del Sinodo.
Ci sono delle attese da parte del popolo di Dio che si è incontrato nei Tavoli Sinodali e alla luce dello Spirito noi dobbiamo cogliere quelle che sono le indicazioni per poter tracciare le linee della nostra vita pastorale e ringrazio il Signore per tutto quello che mi ha concesso e per quello che ci concederà come Chiesa.
Eccellenza, lo scorso Ottobre ci ha consegnato la lettera pastorale “Giardino di Misericordia”, esortandoci ad uno stile ecclesiale improntato alla prossimità, alla vicinanza, all’empatia, all’ascolto. Quanti bisogni ha potuto accostare in questo primo anno e che cosa può dire a quanti nel nostro territorio diocesano sperimentano la fatica di credere e sperare ancora?
Sono partito dal mio motto episcopale: “Misericordia eius in aeternum”, la misericordia del Signore rimane in eterno, perché la misericordia sta a fondamento del nostro essere Chiesa, del nostro essere comunità, anche perché la misericordia è Dio stesso e la lettera pastorale precede un po’ quello che poi sarà il cammino e tutte le indicazioni pastorali che verranno dopo la celebrazione del nostro sinodo e del Giubileo “Pellegrini di Speranza”.
Non si può non partire dalla misericordia, perché così come ci insegna il Vangelo e anche Papa Francesco con il suo magistero, dobbiamo entrare nella carne ferita di Cristo, dobbiamo scorgere i bisogni degli altri, così come Cristo che si è fatto prossimità, vicinanza, tenerezza e la Chiesa non può essere diversa da Cristo e per questo dobbiamo camminare seguendo l’esempio del Buon Pastore, un’altra icona che terremo prossimamente davanti a noi, perché Lui si prende cura e continua a prendersi cura.
Ho colto negli sguardi e nei volti delle nostre persone il bisogno di essere ascoltati e qui penso ai sacerdoti, non solo della nostra diocesi, ma tutti i sacerdoti che prestano ascolto e si mettono al servizio della comunità, spendendosi, giorno dopo giorno, in atteggiamento di ascolto, di premura, di prossimità, perché davvero al centro del Vangelo c’è Dio, ma Dio al centro della sua vita ha messo l’uomo e noi dobbiamo prenderci cura dell’uomo.
Lo scorso agosto ha vissuto l’esperienza esaltante della Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona, accompagnando un nutrito gruppo di giovani della Diocesi.
Ecco, Lei è molto vicino alla realtà giovanile, già da parroco al Sacro Cuore di Caltanissetta e anche alle famiglia, cellula fondamentale della nostra società e come non ricordare gli anziani che rappresentano la nostra memoria, con il patrimonio di valori che ci trasmettono. Quali sono le criticità e le potenzialità di queste realtà in Diocesi?
Le GMG sono eventi di Grazia, non è il ritrovarsi perché abbiamo bisogno di far vedere al mondo quali sono i nostri numeri, assolutamente, ma è il pellegrinaggio della fede del popolo giovane che si ritrova ai piedi di una Croce ed è desideroso di ascoltare la voce del successore di Pietro.
Grande evento di Grazia perché si torna sempre dalle GMG con una carica interiore bella, straordinaria, quella carica che poi riscontiamo nella storia e nella vita delle nostre comunità parrocchiali.
È bello ritrovare lo spirito delle GMG nelle comunità, così anche dobbiamo avere la capacità di entrare dentro quelle che sono le criticità dei nostri ragazzi, dobbiamo condividere la vita dei nostri giovani, perché – abbiamo avuto modo di dirlo più volte – loro non sono un problema, ma una risorsa, la Chiesa ha bisogno dei giovani come anche i giovani hanno bisogno della Chiesa, per cui dobbiamo – partendo dopo il Giubileo, come Chiesa locale – creare strutture di comunione che possano vedere i giovani come protagonisti della fede, dobbiamo sempre più spendere la nostra vita al servizio dei ragazzi e soprattutto leggere quelle che sono le loro sofferenze, così come entrare dentro la storia delle nostre famiglie, delle nostre giovani famiglie, perché la fede dei nostri ragazzi che vengono al Catechismo, dipende dalla fede dei loro genitori, perché i genitori sono i primi testimoni della fede.
In questo anno, carissimo Alessandro, ho incontrato tanti fratelli infermi, piccoli e grandi, fratelli che portano nel loro corpo la sofferenza di Cristo: loro, insieme alla claustrali, sostengono la vita di una Chiesa.
Per chi crede nel mistero della Grazia, la Chiesa, il mondo, vengono sorretti dalla sofferenza e dalla preghiera, sono i pilastri che sostengono la vita del nostro pianeta, per cui dobbiamo sempre più adorare il mistero della sofferenza, stare ai piedi di chi soffre, vivendo come Simone di Cirene la stagione della prossimità, del farci compagni di strada di questi fratelli.
Un’ultima domanda: la Diocesi si appresta a celebrare il 180° anniversario di fondazione. Qual è il senso, lo scopo, il fine di questa celebrazione e che cosa si propone la Diocesi di offrire attraverso questo evento.
Infine, il suo legame con questo nostro territorio. Lei appena è arrivato si è subito “accasato”, quindi si è ambientato molto bene: cosa ci può dire, quali sono i suoi sentimenti verso questa terra?
Grande passione e grande trasporto, sia da parte mia, come anche da parte del popolo di Dio, perché in quest’anno sono stato per le strade della nostra Diocesi, per le vie dei nostri Comuni, in lungo e in largo e ho scorto veramente il volto semplice di un popolo genuino, di un popolo laborioso, così come ho colto l’amore e il bene verso la mia persona, quell’amore e quel bene che io voglio a questo popolo, perché sono pastore e proprio in riferimento al 180°, abbiamo scelto l’icona del Buon Pastore.
Il tema di questa celebrazione della vita ordinaria è “in Gesù Cristo Buon Pastore, pellegrini di speranza nel mondo”: noi dobbiamo come Cristo, essere pellegrini di speranza, dando testimonianza di quello che è il cuore del Vangelo, la gioia di appartenere a Lui, per cui ci sarà una Peregrinatio Mariae, con il simulacro della Madonna Scala del Paradiso e andremo nelle case degli ammalati, visiteremo le scuole; questa parola di speranza deve ritornare ad animare la vita del nostro popolo, per cui così come avviene per tutti noi nel giorno del compleanno, ci si ritrova insieme, anche attorno ad una torta, per dire io sono nato, faccio parte di questa vita, ringrazio il Signore per la mia famiglia.
Noi vogliamo ringraziare il Signore per questi anni e per tutti i miracoli della Grazia, per la presenza di persone che nella nostra Chiesa e per la nostra Chiesa hanno dato la vita.
Nel “giardino” delle Chiese di Sicilia, ci siamo anche noi, c’è anche Noto con la sua vita, con i problemi di sempre, quelli che attraversano la vita di ogni famiglia, di ogni uomo; ci siamo e vogliamo starci da cristiani e vogliamo dire che è bello seguire il Signore.