«DIO STUPORE D’AMORE»

Omelia nella Notte Santa del Natale del Signore Basilica Cattedrale
24-12-2024

Alle ore 19,17 di questa sera Papa Francesco ha aperto la Porta Santa. Varcando la soglia della Porta più famosa di tutto il mondo s’è fatto pellegrino di speranza. Ha indicato la via. Tocca a noi seguire Pietro che ci conferma nella fede.

Carissimi fratelli e sorelle, amati sacerdoti e seminaristi, religiosi e religiose, popolo santo di Dio, in questa notte di un natale giubilare vi porto la pace del Bambino di Betlemme, purtroppo non più terra di fraternità universale ma spazio doloroso di guerra inutile inaudita.

Il nostro Dio, carissimi amici, è venuto a visitarci in un bimbo che ci chiede di essere accolto con immenso e tenero amore. Infinito come è infinito Dio. Vuole essere accolto come quando ci si commuove dinanzi allo splendore della vita di un bimbo, di un figlio, di un uomo. Così come fu accolto da Maria, Giuseppe e dai pastori «che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge (Lc 2,8).

Dio è venuto nella povertà. Come ci ha detto il Vangelo: Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7).

Dio è lì, il nostro Dio, piccolo infante, sorgente di eterna luce. Colui che né il cielo né la terra possono contenere: sta lì, in quella mangiatoia, residenza degli animali. E ci chiede una sola cosa: di fargli spazio, di prenderlo in braccio e cullarlo, di accoglierlo con tenero amore. Roba da matti, oggi si direbbe, Dio in braccio ad un uomo. L’eterno si fa carne nella brevità del tempo. E l’ospite e custode del creato diventa in Lui Figlio dell’Eterno.

Il nostro Dio, carissimi fratelli e sorelle, che è misericordia infinita e usa misericordia nei nostri confronti, chiede a noi misericordia, attenzione, premura e vicinanza.

Questo è il paradosso del Cristianesimo: Dio ci usa misericordia chiedendo misericordia a ciascuno di noi, povere creature, tendendo verso di noi le fragili braccia di bimbo, bisognoso di ogni cura e e attenzione. Pensiero inaudito della logica di Dio che sconvolge i nostri poveri e deboli modi di ragionare. Dio si fa stupore d’amore.

In questi giorni, un po’ dovunque, in casa, nelle chiese come negli ingressi dei palazzi, nelle scuole e in diversi luoghi pubblici si sono allestiti i presepi. Ci affascinano sempre nella loro semplicità, anche se appena accennati o scarabocchiati su bianchi fogli di carta a4 che molti bambini delle Scuole di Noto mi hanno donato in questi giorni: è una tradizione bellissima che la santità di San Francesco a Greccio ha consegnato alla storia in quel lontano Natale del 1223. Una tradizione bellissima che va mantenuta in vita e rispettata non solo come fattore culturale identitario dell’Occidente cristiano ma come segno della fede semplice di un popolo.

Sarà Natale, carissimi fratelli e sorelle, se riusciremo a lasciarci illuminare dalla luce del Bambino di Betlemme. Sarà Natale se, prestando attenzione, tenderemo le nostre mani con gioia per incontrarLo nel cuore come grazia che salva, perché Dio è grazia che salva, parola di vita che rigenera e volto misericordioso di un Dio che ci ama alla follia.

Sarà Natale, se pentiti della nostra sterile prepotenza, correremo da Lui e Lo riconosceremo come nostro Signore e Re dei re. Come ci ha infatti detto il profeta Isaia: «Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre» (Is 9, 5-6).

Solo la fede ci permette di riconoscere in quel bimbo adagiato sulla mangiatoia, Dio onnipotente, il re dei re. La fredda e sterile ragione si ferma sulla soglia di questo grande mistero. La ragione non può andare oltre. Soltanto la fede riesce a cogliere la pienezza profonda del Natale. Per questo, la prima cosa che dobbiamo chiedere stanotte è che la nostra povera fede si rafforzi, maturi, si riempia di luce per vedere e contemplare il mistero di Dio, illumini tutta la nostra vita, osi manifestarsi con profetico coraggio e letizia.

Non va però dimenticato che la fede senza le opere è morta. Sarà Natale per davvero anche e solo se nella richiesta d’amore che viene dal bambino di Betlemme, coglieremo il grido di tutti i bambini offesi del mondo, di tutti i poveri della terra, dei fratelli bisognosi che stanno accanto a noi, se con fretta evangelica e facendo casa andremo incontro al fratello, condividendo con lui il tempo, ciò che siamo e che abbiamo, abbattendo i muri dell’indifferenza. Sarà vero Giubileo per tutti. Giubileo si speranza.

Papa Francesco, qualche ora fa, nella Santa Messa di Natale, dop aver aperto la Porta Santa diceva: «Senza indugio, andiamo a vedere il Signore che è nato per noi, con il cuore leggero e sveglio, pronto all’incontro, per essere capaci di tradurre la speranza nelle situazioni della nostra vita. E questo è il nostro compito: tradurre la speranza nelle diverse situazioni della vita. Perché la speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente, non è l’happy end di un film: è la promessa del Signore da accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia; ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, che è il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia. Impariamo dall’esempio dei pastori: la speranza che nasce in questa notte non tollera l’indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità – e tanti di noi, abbiamo il pericolo di sistemarci nelle nostre comodità -; la speranza non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso; la speranza è incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri. Al contrario, la speranza cristiana, mentre ci invita alla paziente attesa del Regno che germoglia e cresce, esige da noi l’audacia di anticipare oggi questa promessa, attraverso la nostra responsabilità, e non solo, anche attraverso la nostra compassione. E qui forse ci farà bene interrogarci sulla nostra compassione: io ho compassione? So patire-con? Pensiamoci».

Carissimi amici e fratelli, il bambino di Betlemme ci tende le braccia e desidera la nostra risposta. Oggi e non domani. La risposta a Dio va data oggi. Non possiamo far finta di niente, né accontentarci di contemplarLo nei presepi, né lasciarci solleticare da sentimentalismi passeggeri. Siamo a Natale, diventiamo tutti più buoni….

Gesù bambino attende scelte di vita. Il Cristianesimo è cosa seria e roba per cuori deboli che in Lui diventano forti. Dio attende una scelta di vita e l’attende a Natale ma anche dopo, nei giorni della nostra umana esistenza terrena. Perché breve è la nostra vita. Ognuno è chiamato in prima persona.

A Natale incontriamo un Dio che crede nell’amore, che è venuto per tutti donandoci la gioia. Una gioia che inizia con il pianto e il vagito di un bambino: «Questo è il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12).

Fratelli e sorelle, impariamo la lezione di Betlemme. Una lezione di vita, di amore, di gioia, di pace, di generosità e di umiltà.

Santa Teresa di Calcutta scriveva alle Missionarie della Carità: «È Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano; ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare un altro; ogni volta che volgi la schiena ai principi per dare spazio alle persone; ogni volta che speri con quelli che soffrono; ogni volta che conosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza. Natale ogni volta che permetti al Signore di amare gli altri attraverso te».

Rinnovo gli auguri di un santo Natale a voi tutti qui presenti, a chi ci segue via social e a tutti coloro che incontrerete, formulate gli auguri di gioia, di speranza e di coraggio donati dal Natale di Gesù.

Incoraggiamo stili comuni di fraternità come via per condividere le sofferenze degli altri. E il tempo giubilare ci insegni ad essere porta di misericordia e speranza per tutti!

Buon Natale a tutti!