Carissimi fratelli e sorelle,
carissimi confratelli sacerdoti, carissimo Mons. Ignazio Petriglieri, Vicario Generale, amati seminaristi, religiosi e religiose, ragazzi e ragazzi, carissimi portatoti di San Corrado, carissimi fratelli e sorelle ammalate che nel corpo e nello spirito portate con dignità e onore le sofferenze di Cristo, puntualmente come ogni anno ritorna la Quaresima.
Tempo di preghiera, silenzio, sacrificio e riflessione per noi credenti, per chi si riconosce veramente e sostanzialmente nelle trame più interne della Parola che dà la vera vita: il Vangelo di Gesù. Quaresima è luogo di grazia per chi vuole mettersi in discussione e rinnovare la propria fede.
Un tempo importante che aspettiamo con grande fede e gioia: un’opportunità di grazia che anche quest’anno ci viene donata gratuitamente per la nostra purificazione.
Prendiamo coscienza di questa opportunità e chiediamoci come vogliamo vivere questa Quaresima 2025? Tempo per fare cosa?
Noi tutti sappiamo che nella nostra esistenza si mantiene forte l’attesa di qualcosa di grande e, forse, di inaspettato. Partendo dalla nostra vita e dalla vita dei nostri cari. È una esigenza che avvertiamo molto forte. È l’urgenza della speranza che non può essere trasformata in pia illusione, non può essere ridotta al desiderio di un “miracolo” che riesca a cambiare tutto improvvisamente.
Abbiamo compreso che le illusioni ci fanno cadere ancor di più nella disperazione. E mentre timidamente apriamo le porte alla speranza siamo colti da una terribile paura.
La paura oggi è alimentata da una sottile e disparente cultura di vita che sta spingendo l’esistenza ad una deriva che oscilla tra la rassegnazione e il fatalismo, il pessimismo e l’indifferenza.
Per vincere il senso della disperazione diamo, allora, spazio alla speranza che è figlia della conversione. La speranza si accende e si alimenta soltanto con la capacità di mettere in atto il proprio cambiamento. Per questo la Chiesa propone la “conversione” nel tempo quaresimale.
Dobbiamo lavorare, impegnarci sulla conversione del cuore per vivere veramente la Pasqua.
Quale potrebbe essere un percorso di conversione? A partire da cosa? Spesso dichiariamo che vogliamo cambiare, ma non sappiamo da dove iniziare.
Lavorare su noi stessi è il compito più difficile ma più urgente e significativo! Lavorare sulla propria anima è quanto di più importante si possa fare.
Se vogliamo celebrare veramente la Pasqua nella nostra vita, se vogliamo «andare oltre», dobbiamo avventurarci in questo viaggio che dal di dentro ci porta fuori, a respirare aria di Paradiso. Dall’Egitto interiore dei nostri idoli e di ogni nostra schiavitù, dobbiamo incamminarci verso la Pasqua della libertà e del cambiamento.
Nella storia della nostra anima scopriamo i sentieri dell’egoismo. Questa è una patologia spirituale e psicologica che determina e compromette la disponibilità a vivere “con” e “per” gli altri in spirito di dedizione e secondo verità. Ed è una malattia che a lungo andare, se non è riconosciuta e curata, uccide l’io stesso che si chiude sempre di più, snaturando la propria identità. Allora dobbiamo curare la nostra anima e la Quaresima è un’ottima opportunità,
Abbiamo un tempo lungo e unico per mettere in atto questo cammino di liberazione e di conversione che ci porta a conformare la nostra vita a Cristo: con Lui, per Lui, in Lui. Non è né impossibile, né difficile se siamo costanti nella preghiera personale e comunitaria, se pratichiamo la via del sacrificio e viviamo nella carità.
Ammoniva Sant’Agostino: «Questa è la giustizia dell’uomo in questa vita, il digiuno, l’elemosina, la preghiera. Vuoi che la tua preghiera voli fino a Dio? Donale due ali: il digiuno e l’elemosina. Così ci trovi, così tranquilli ci scopra la luce di Dio e la verità di Dio, quando verrà a liberarci dalla morte Colui che già è venuto a subire la morte per noi. Amen».
Preghiera, digiuno, sacrificio, carità sono condizioni essenziali per fare verità su noi stessi e per raggiungere la consapevolezza, come afferma San Paolo che «Cristo è la mia vita» (Fil 1, 21) e che quello che è vero della mia vita è vero di tutto il creato. «In tutte le cose che furono fatte egli era la vita» (Gv 1,4).
«Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male. Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione?». (Gl 2, 12-14).
Quello che siamo chiamati a fare è di ritornare al Signore con tutto il cuore, come ci dice Gioele e a lacerarci il cuore, non le vesti! I gesti esterni che facciamo hanno senso se corrispondono ad un passaggio interiore che stiamo vivendo: la lacerazione delle vesti ha senso se ci lasciamo purificare il cuore e l’Unico che può liberare il cuore è il Signore Gesù.
Nell’Angelus del 6 marzo 2016, Papa Francesco alla folla presente in Piazza San Pietro diceva: «La figura del padre della parabola svela il cuore di Dio. Egli è il Padre misericordioso che in Gesù ci ama oltre ogni misura, aspetta sempre la nostra conversione ogni volta che sbagliamo; attende il nostro ritorno quando ci allontaniamo da Lui pensando di poterne fare a meno; è sempre pronto ad aprirci le sue braccia qualunque cosa sia successa. Come il padre del Vangelo, anche Dio continua a considerarci suoi figli quando ci siamo smarriti, e ci viene incontro con tenerezza quando ritorniamo a Lui. E ci parla con tanta bontà quando noi crediamo di essere giusti. Gli errori che commettiamo, anche se grandi, non scalfiscono la fedeltà del suo amore. Nel sacramento della Riconciliazione possiamo sempre di nuovo ripartire: Egli ci accoglie, ci restituisce la dignità di figli suoi e ci dice: “Vai avanti! Sii in pace! Alzati, vai avanti!”».
Carissimi fratelli e sorelle Lui c’è sempre, ci sta accanto, non demorde, vuole la nostra felicità, la nostra vita, la nostra santità. Sta a noi camminare decisi verso il traguardo finale, sta a noi lottare contro il male, respingere le insidie del nemico, sta a noi cogliere l’alba della primavera, i colori dell’estate, il sorriso di un bambino. Sta a noi rimanere saldi nella fede anche se dovesse rovinare tutto giù. Siamo noi a dire al buon Dio il sì alla vita, l’unica che abbiamo e che vogliamo vivere intensamente.
Nel 1875 William Ernest Henley nel suo Libro di versi presentava la poesia Invictus. Testo che ha fortificato lo spirito di Nelson Mandela, durante la sua prigionia in Sud Africa a causa dei suoi interventi contro l’apartheid, la politica di segregazione razziale. Nella parte finale della composizione Henley esclamava: «Non importa quanto stretta sia la porta, quanto impietoso sia lo scorrere della vita. Io sono il padrone del mio destino: io sono il capitano della mia anima».
Carissimi, per noi cristiani tutto è grazia e Dio sta in mezzo e dentro di noi, padrone del mondo e Signore della storia ma è pur vero che Dio attende il nostro sì, perché siamo custodi della vita che ci è stata donata. Siamo i capitani delle anime nostre e di questo risponderemo al Buon Dio.
Buona Quaresima, buon cammino, buon esodo di liberazione a te, a me, a tutti voi!
Sia lodato Gesù Cristo!