«NELLA CROCE LA LEGGE DEL CIELO»

Omelia in occasione della Santa Messa celebrata nel Santuario di Bilìci - Santuario di Bilici - Marianopoli
01-05-2025

Carissimi fratelli e sorelle,

s’innalza oggi il nostro canto di lode al Signore, la lode della comunità cristiana qui presente mentre «i nostri piedi si fermano» dinanzi a Cristo Signore, crocifisso, unico Salvatore del mondo.

Salire con fatica ma con tanta passione la montagna del Signore, significa, prendere consapevolezza del nostro stato di debolezza e tendere le mani verso Colui che rinnova la vita: per sempre.

Ora che siamo arrivati fin qui con il cuore colmo di speranza, chiediamo al Signore che indichi a tutti la via per raggiungere la santità. Dice il Signore: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”» (Gv 14, 5-7).

Rianimiamo, allora, la speranza. Pratichiamo la strada che è Cristo, fonte di vita e di verità. È nell’incontro con il Signore Gesù che riusciamo a leggere il cuore di tutti, a fasciare le ferite dei deboli ed ascoltare le loro dolorose angosce.

Il cuore dell’uomo è avvolto e stravolto da una singolarissima solitudine. Tutte le voci che giungono al cuore sono destinate a misurarsi con l’unica consolante e paterna voce che è quella di Dio.

Solo Dio sottrae l’uomo dalla sua solitudine. Perché nella solitudine della croce, Lui ha sconfitto i nostri silenzi, nel buio della croce, Lui ha annientato le nostre tenebre, nel suo grido di dolore ha dato speranza ad ogni invocazione umana: anche la più dolorosa.

La liturgia di oggi ci ricorda che Gesù è ormai asceso al cielo. Gli apostoli, con Pietro a capo, annunciano senza timore la buona notizia del Regno. Ma spesso vengono sottoposti a processo e percossi. Ma ciò che più impressiona è la loro serenità, il loro coraggio. «Allora li fecero fustigare e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù; quindi li rimisero in libertà. Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere oltraggiati per amore del nome di Gesù» (At 5, 40-41).

Sono pagine luminose toccate dalla luce della Risurrezione. La venuta dello Spirito ha invaso i loro cuori e le loro menti. Lasciata la casa dalle porte chiuse, ora gli apostoli si aprono al mondo. Sanno bene quello che devono proclamare. Il Cenacolo rimane stanza aperta dove tutti possono contemplare l’acqua del servizio, l’olio della consacrazione e il fuoco dello Spirito Santo! Partendo dal Cenacolo possiamo arrivare a tutti!

Incomincia da qui la vita credente della Chiesa. In questo tempo pasquale, invaso dal grande mistero della Risurrezione, anche noi siamo chiamati ad essere testimoni di un amore totale di un Dio che si è fatto simile a noi anche nella sofferenza e che non ci ha lasciati soli e orfani.

Il Signore ci offre in dono lo Spirito, la Parola e il Pane perché ci siano compagni di vita e perché possiamo dire anche noi con gli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Il Dio dei vostri padri ha resuscitato Gesù… E di questo noi siamo testimoni» (At 5, 29-32).

Simon Pietro che sta quasi spavaldo dinanzi ai suoi accusatori non è più lo stesso di prima: ora è rigenerato proprio dall’amara esperienza di quella tragica notte che gli ha fatto toccare con mano la propria umana fragilità e sperimentare l’indicibile amore di Cristo.

Sull’esempio di Pietro altri discepoli del Risorto sostenuti dallo Spirito, hanno trovato e trovano il coraggio di una testimonianza scomoda ma indispensabile perché il mondo possa riemergere dalle persistenti, ma comunque già sconfitte, tenebre del male.

Oggi siamo noi, fragili come lui, ma come lui investiti della forza dello Spirito Santo. Il cristiano ha innanzitutto come dovere fondamentale della vita quello di portare la testimonianza suprema a Cristo dentro la vita di tutti.

Il vangelo di San Giovanni, nella sua completa estensione, è il compendio della religione del Cielo che si declina nella fragile legge della terra. L’incontro di Gesù con Nicodemo ne è un fulgido esempio. In quelle notti è Dio che scorge un barlume di speranza nel cuore dell’uomo ed è l’uomo che vede la luce del Signore.

Dio è sceso sulla terra in un momento particolare della storia. La sua morte sulla croce rappresenta una nuova elevazione. Da un punto di vista puramente umano, la croce è la sconfitta definitiva di Gesù; la sua morte è il fallimento di tutti i suoi progetti terreni. Dal punto di vista di Dio, la croce di Gesù rappresenta la vittoria di Dio sul mondo e significa la nostra salvezza.

Se noi crediamo in Gesù, Figlio di Dio, abbiamo già la vita eterna. Gesù è il germe della speranza attraverso il quale Dio agisce nel mondo. Dio è diventato un altro, si è fatto uomo. Quindi anche noi possiamo diventare come Lui, diventare Lui.

«Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti» (Gv 3,31).

Egli aveva già detto a Nicodemo che ciò che viene dalla carne è carne e ciò che viene dallo spirito è spirito. I limiti dell’uomo derivano dalla sua carnalità corrotta dal peccato e dalla sua spiritualità inquinata dalla concupiscenza ed è per questo che Gesù ci propone una rinascita ed un rinnovamento totale conformandoci alla sua immagine di Figlio di Dio.

Il suo primato assoluto gli deriva dalla sua identità con il Padre: egli viene dall’alto, la sua natura divina e umana splende della stessa perfezione di Dio. La nostra invece viene dalla terra e con il peccato si è infangata; la primitiva somiglianza con il Signore è stata deturpata dalla disobbedienza.

Sperimentiamo ogni giorno le tristi conseguenze di quel distacco e di quella morte: da celesti siamo diventati terrestri, legati cioè alle nostre cose, alla nostra terra, ai nostri affari e al nostro orgoglio. Ne soffriamo tutto il peso, ma spesso non siamo capaci di liberarci.

Come vorremmo elevarci, salire qualche gradino verso l’alto, cominciare a parlare seriamente delle cose del cielo e guardarlo con fiducia come la nostra patria finale! È l’invito pasquale che Cristo sta rivolgendo a tutti noi. Ci chiede soltanto di rendere più viva ed operante la nostra fede.

Carissimi il Cristo è la «strada», Lui è la «porta», Lui è la «vita», Lui è il «Buon Pastore», Lui è «l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). Lui è la speranza del mondo, la speranza che anima le nostre esistenze, quella speranza che ha riempito di fede e amore la vita di tanti santi discepoli del Signore.

Cristo è nostro compagno di viaggio, ci attende e ci incoraggia, ci prende per mano e ci consola. Nella nostra debolezza diventa àncora di pace, per la nostra fame e sete di giustizia si fa pane di vita eterna, nelle pagine dolorose si fa balsamo di grazia, nel giorno delle nostre paure si fa coraggio, nell’ora delle tenebre svela la sua luce gentile, nel giorno della nostra morte spalanca le porte dell’eternità.

«Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario» (Sl 26,4). Siamo discepoli del Signore che ammirano il volto di Dio impresso nel santuario che è il cuore dell’uomo. «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi».