Carissimi fratelli e sorelle
«Lumen Christi»: è il canto, che per tre volte è stato scandito nel cuore di questa notte e rivela, con il suo profondo significato, l’evento di luminosa grazia che stiamo celebrando: la fede in Cristo risorto, la luce che vince le tenebre del peccato e della morte e dona all’umanità la speranza della vita eterna.
Il cero, che d’ora innanzi, acceso, sarà posto presso l’ambone nelle celebrazioni del tempo pasquale, ci ricorderà che il Signore vive in eterno e ci offre la Sua Luce per camminare con Lui sulla via della vita.
Sarà lì a ricordarci anche il dono che abbiamo ricevuto nel Battesimo, il sacramento che ci ha fatti cristiani e ci ha inseriti in Cristo come creature nuove, liberate dalla corruzione del peccato e della morte per sempre. È nel Battesimo, infatti, che siamo stati sepolti con Cristo nella sua morte, perché potessimo risuscitare con lui a vita nuova.
L’apostolo Paolo ce ne ha indicato con profondità il senso e con vigore ci ha detto: «Se siamo morti con Cristo, crediamo anche che vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù» (Rom 6,8-9.11).
In questa notte siamo invitati dalla Chiesa a ripensare a quell’evento battesimale, che ci ha resi santi e santificati per grazia e che esige una risposta quotidiana di fede ed un cammino spirituale ed ecclesiale sempre più intenso, motivato e responsabile.
Non si nasce, infatti, cristiani, ma lo si diventa; questo vuol dire che il Battesimo, dono gratuito come la vita, deve essere accolto e rinnovato continuamente come scelta personale di seguire Cristo e di credere in Lui, di vivere nella comunità da attivi protagonisti della sua comunione e della sua missione nel mondo.
E il primo passo per diventare cristiani in ogni età della vita è la fede, da cui scaturiscono poi la vita di santità e la testimonianza. Senza la fede tutto si vanifica e si raffredda ed il rapporto con Cristo si riduce ad un fatto emotivo o sociologico, senza forza di conversione e di cambiamento di mentalità e di vita.
Curare la fede in Cristo diventa, dunque, il dovere primario per un cristiano e per ogni comunità. Una fede non solo individuale, ma ecclesiale, che si nutre della fraterna comunione con gli altri credenti.
Tra poco rinnoveremo insieme le promesse del Battesimo. Quel «noi», che scandirà la professione di fede, ci ricorda che solo «nella» Chiesa e «con» la Chiesa possiamo crescere nella comunione con Cristo e testimoniarlo nel mondo con coerenza e vigore. È dalla Chiesa che riceviamo la Parola di Dio e i Sacramenti; è nella Chiesa che possiamo viverli.
Le donne, che tornate dal sepolcro annunziano agli undici e a tutti gli altri discepoli la risurrezione del Signore, esprimono il compito di ogni credente: donare e ricevere la conferma della propria fede nella comunità, dove gli apostoli, primi testimoni della Pasqua, garantiscono la fedeltà e la verità della fede trasmessa di generazione in generazione.
È questo il significato di quanto affermiamo nella professione di fede: «Credo la Chiesa». Non si crede solo «nella» e «con» la Chiesa, ma si crede «la» Chiesa, nel senso che l’oggetto della fede cristiana è sì il Signore risorto, ma lo è anche la sua Chiesa che lo annuncia e lo testimonia.
Questa sera diversi fratelli e sorelle della Comunità Parrocchiale del Carmine di Avola si presentano alla Santa Madre Chiesa nella persona del Vescovo per celebrare una tappa significativa del loro cammino di fede. Grazie Padre Fortunato per la tua testimonianza di vita sacerdotale intensa e autentica.
Avete camminato, carissimi fratelli e sorelle, come Abramo e vi siete appoggiati alla Fede nella promessa che Dio ha fatto ad ognuno di voi quando vi ha chiamati attraverso un annuncio kerygmatico che ha suscitato nei vostri animi il desiderio della conversione.
Lungo il cammino di riscoperta della fede avete accolto l’uomo nuovo descritto nel discorso della montagna, l’uomo che accoglie il vangelo del perdono e della misericordia.
Le vesti bianche che indossate, che vi sono state consegnate in un apposito rito prima di essere introdotti in questa solenne Eucaristia narrano, nel loro candore, il segno di una nuova consapevolezza della vostra fede.
Oggi questi fratelli concludono il loro cammino ma non cessa la tensione continua alla conversione. Infatti, come si legge nello statuto del Cammino neocatecumenale, la comunità, dopo avere compiuto tutto l’itinerario di riscoperta dell’iniziazione cristiana, entra in un processo di educazione permanente alla fede, perseverando nella celebrazione settimanale della Parola di Dio, dell’Eucaristia domenicale e nella comunione fraterna.
Inoltre vivranno questa nuova fase con l’inserimento attivo nella pastorale della loro comunità parrocchiale affinché siano offerti i segni dell’amore e dell’unità che chiamano l’uomo contemporaneo alla fede.
Credere la Chiesa significa accogliere umilmente e con spirito di vera comunione quanto essa indica come via sicura per vivere il Vangelo e renderlo forza pasquale di vittoria sul peccato e su ogni forma di male, che distrugge i valori fondamentali su cui si fondano la vita umana, la famiglia, la giustizia e la pace. Ricordiamoci, inoltre, che non si può avere Dio per Padre, se non si accetta la Chiesa per madre e maestra.
Il mio augurio, cari fratelli e sorelle, è che, alla testimonianza che la Chiesa in questa notte santa ci consegna solennemente, corrisponda la conferma della nostra fede. Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto! Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.