La Festa di oggi, carissimi fratelli e sorelle, ci porta dentro il Cuore di Dio e noi non possiamo che adorare, ringraziare e fare memoria per tutti i benefici ricevuti gratuitamente dalla premura del Signore: senza farne memoria diventiamo estranei a noi stessi, senza memoria ci lasciamo trascinare via come foglie dal vento.
Fare memoria è ritornare con la forza del cuore ai legami più forti, è sentirsi parte di una storia meravigliosa e avvincente, è accogliere il respiro di Dio nella nostra storia. La memoria non è una cosa privata, è la via che ci unisce indissolubilmente a Dio e agli altri. Per questo nella Bibbia il ricordo del Signore va trasmesso di generazione in generazione, va raccontato di padre in figlio, come si legge nel Libro del Deuteronomio: «Quando in avvenire tuo figlio ti domanderà: “Che cosa significano queste istruzioni […] che il Signore, nostro Dio, vi ha dato?”, tu risponderai a tuo figlio: “Eravamo schiavi […] e il Signore operò sotto i nostri occhi segni e prodigi”» (Dt 6, 20.22).
Dio sa quanto sia difficile, quanto sia fragile la nostra memoria e per noi ha lasciato un memoriale. Ci ha dato un Cibo. Ci ha lasciato un Pane nel quale c’è Lui, il Suo Cuore vivo e vero, dove c’è Lui con tutto il sapore del suo amore. Nel Pane Eucaristico c’è tutto il Cuore di Dio. Ricevendolo con spirito penitente possiamo dire: «È il Signore, si ricorda di me!». Perciò Gesù ci ha chiesto: «Fate questo in memoria di me» (1 Cor 11,24). «Fate»: l’Eucaristia non è un semplice ricordo, è un fatto: è la Pasqua del Signore che rivive per noi. Nella Messa la Morte e la Risurrezione di Gesù sono davanti a noi. «Fate questo in memoria di me»: riunitevi e come comunità, come popolo, come famiglia, celebrate l’Eucaristia per ricordarvi di me. Non possiamo farne a meno, è il memoriale di Dio. E il Cuore di Dio guarisce la nostra memoria ferita.
Sempre avremo davanti agli occhi le nostre cadute, le fatiche, i problemi a casa e al lavoro, i sogni non realizzati. Ma il loro peso non ci schiaccerà perché, più in profondità, c’è Gesù che ci incoraggia col suo Amore. Ecco la forza del Suo Cuore che ci trasforma in portatori di Dio: portatori di gioia, non di cose negative. E noi che partecipiamo alla Santa Messa, che cosa portiamo al mondo? Le nostre tristezze, le nostre amarezze, le nostre maldicenze o la gioia che viene dal Suo Cuore e che cambia la vita.
Fare memoria, inoltre, di questo Santuario tanto caro non solo ai Rosolinesi ma a tutta la Diocesi, significa, annunciare che il Cuore di Cristo è buono e misericordioso, che l’amore è presente nel mondo e che questo amore è più potente di ogni genere di male, in cui l’uomo, l’umanità e il mondo sono coinvolti. Credere in tale amore, significa, credere nella misericordia divina crocifissa.
La croce è il punto più alto della rivelazione dell’Amore Misericordioso del Padre che ama il mondo fino a «consentire» la crocifissione e la trafittura del Cuore del Suo Amato Figlio che si carica addosso il peccato dell’umanità.
Questa santa effigie che voi venerate da decenni in questo luogo santo ci ricorda che l’Amore divino è più potente del peccato e della morte. Credere nel Sacro Cuore del Figlio di Dio, significa, credere che il male è vinto alla radice e più precisamente che, nel dono dello Spirito di Gesù, anche noi possiamo amare come Gesù e come Lui vincere il male col bene.
Dobbiamo saper leggere i segni se vogliamo vivere da cristiani nel mondo. Qual è la strada che ci indica il Vangelo? Innanzitutto una via «rivoluzionaria»: la via dell’amore e della misericordia. Il Sacro Cuore ci rivela che l’amore è sempre rivoluzionario perché rompe i confini, perché non accetta, come ama affermare Papa Francesco, il «si è sempre fatto così», perché inventa modi sempre nuovi per rispondere a quello di cui c’è bisogno.
L’amore ha proprio questa capacità di leggere la realtà viva. È una via generativa quella che ci propone il Vangelo. Generare, dice, della nostra miracolosa capacità di rimettere al mondo le persone che incontriamo: riconoscendole, consentendo loro una seconda nascita, favorendo le condizioni per una vita dignitosa perché le loro qualità possano fiorire. E, così, noi tutti possiamo rinascere.
Il Cuore mite e umile di Cristo è l’unica alternativa alla cultura dell’indifferenza e dell’odio. Credere nella potenza del Suo Cuore, significa, lasciarsi toccare e trafiggere il cuore. Se accogliamo la Sua legge, dove c’è una debolezza, una fragilità, noi riusciremo a risollevare, accogliere e accompagnare.
Lui è qui, nella stanza del nostro cuore. Ci attende e non ce ne accorgiamo. Ci chiama e non ascoltiamo, ci guarda ma siamo accecati dal nostro peccato. Forse delusi e amareggiati abbiamo dimenticato la forza del Suo amore. La porta è dentro di noi ma non riusciamo a vederlo, perché siamo noi la porta chiusa sulla misericordia di Dio, che ci ama più di quanto noi possiamo amare noi stessi, più del nostro stesso istinto di sopravvivenza. Lui è già lì: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).
Il Cuore di Cristo oggi ci dice, come amava ripetere Madre Speranza di Gesù, che «Dio è un Padre che ama infinitamente, che non tiene in conto, perdona e dimentica… È un Padre, non un giudice severo. È un Padre che attende il figlio prodigo per abbracciarlo». Apriamogli il Cuore e sarà gioia grande. Per Dio e per noi! E così sia!
