GLI ULTIMI MORTI IN LIBIA: “SONO BIMBI, NON SPAZZATURA”, L’URLO DEL VESCOVO ANTONIO

Nuovamente corpi di bambini sulla spiaggia, quasi fossero spazzatura. Una vergogna indicibile per l’umanità, una sconfitta per l’Europa le immagini arrivate dalle coste della Libia, mentre nei nostri orecchi e nel nostro cuore c’è ancora l’eco del grido della mamma del piccolo Joseph scomparso, come tanti altri bambini, nel Mar Mediterraneo.

Quando il 30 settembre del 2013, in una delle tante (troppe) tragedie che hanno reso il Mare nostrum un cimitero, furono trovati i corpi di 13 giovani sulle spiagge di Sampieri, ricordo il contrasto stridente tra una turista che continuava il suo jogging come se niente fosse accaduto e il grido di un’anziana donna in dialetto siciliano: “Fimmativi! Sunu figghi di mamma” (Fermatevi! Sono figli di mamma). E poi tante donne avvolsero i corpi in coperte scelte tra le più belle.

Il sensus fidei del popolo di Dio è anche questo: la vita vale, va onorata, senza se e senza ma. E quindi ogni vita va salvata! Legge degli uomini di mare e della coscienza che spinge ONG, ma anche tanti pescatori, ad “esserci” per salvare vite… Legge della coscienza e legge di Dio; anzi, prima che legge, il modo con cui Dio interviene nella storia: salvando! Salvando «a caro prezzo», restando “in agonia fino alla fine dei tempi” – come ricordava Pascal – e quindi indicando il luogo dove ancora oggi incontrarlo, soccorrerlo, riconoscerlo.

Chiedendo alla Chiesa di essere “Chiesa in uscita” per sintonizzarsi sul “primerear” di Dio, sul prendere l’iniziativa per salvare – ci ha detto papa Francesco nell’Evangelii gaudium – chiarendo come l’annuncio del Vangelo diventa profezia nella storia. Se ora sono dei bambini a diventare “scarti” o, come nel caso del piccolo Juan Francisco, ad essere salvati, questo rinnova il gesto di Gesù: mettendo al centro i bambini, ci chiarisce come accoglierli, difenderli, “mettersi ai piedi della loro crescita” diventa vera conversione a Dio e vero futuro dell’umanità. Per questo sui numeri (usati spesso per creare paura) prevalgano i volti! L’epifania del volto continua a dirci, come ricordava il filosofo Levinas, “Non mi uccidere!”: non mi uccidere con la tua indifferenza, non mi uccidere con una politica che non parte dai beni essenziali, non mi uccidere con una religiosità che separa rito e vita.

Come ci ricorda papa Francesco in “Fratelli tutti” commentando la parabola dell’uomo lasciato mezzo morto per strada, “in quelli che passano a distanza c’è un particolare che non possiamo ignorare: erano persone religiose […] il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace” (FT74). E poi un messaggio per tutti, per risvegliare la comune responsabilità: “I ‘briganti della strada’ hanno di solito come segreti alleati quelli che ‘passano per la strada guardando dall’altra parte’” (FT75). E quindi la prospettiva della responsabilità comune, per ricostruire il “noi” che ci farà uscire diversi dalla crisi di umanità che stiamo attraversando.

“Con i suoi gesti – sottolinea papa Francesco – il buon samaritano ha mostrato che l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontri” (FT 66). Dovrà essere tenuto presente anche nel cammino sinodale delle nostre Chiese, che dovrà avere il respiro della compagnia delle donne e degli uomini del nostro tempo, tutti amati dal Signore, e la “misura alta” del Vangelo che ritroviamo facendo nostra la predilezione di Gesù per i piccoli e poveri. E questo ci permetterà di offrire con coraggio e libertà alla politica, alla cultura, all’economia la spinta al “di più” del Vangelo e la prospettiva di una storia che si compie in Dio. Con quella speranza incarnata a cui fanno pensare i versi di Tesfalidet Tesfom, giovane migrante morto all’ospedale di Modica per le torture subite in Libia: “Nulla è irraggiungibile, sia che si ha poco o niente, tutto si può risolvere con la fede in Dio. Ciao, ciao. Vittoria agli oppressi”.

di Antonio Staglianò, vescovo di Noto, delegato CESi per i migranti