Ordinazioni diaconali. Intervista a Rocco Zuppardo, diacono il prossimo 13 maggio

Il Diacono: uomo “eucaristico” a servizio della carità

Rocco, raccontaci la tua storia di vocazione, le esperienze, gli incontri, le persone e tutto quello che ti ha forgiato in questi anni di preparazione al ministero ordinato, coltivando in te la volontà di servire Cristo e il popolo di Dio nella Chiesa…

La mia vocazione nasce il giorno in cui ricevetti il sacramento della Confermazione. Da quel momento così importante, lo Spirito Santo mi ha portato a interrogarmi sul senso della mia vita, alla luce dell’amore di Dio per me.

La lettura del Vangelo mi fece conoscere Gesù, per mezzo del quale iniziai a vedere, in Lui, tutta la realtà e tutta la mia vita personale. La sua divinità e umanità, inevitabilmente, mi hanno condotto a Dio, sperimentandolo come un Dio vicino che è Padre, e lo è, proprio perché è misericordioso e provvidente. La fede nella viva presenza della Santissima Trinità, verità della Chiesa e dell’uomo, sta all’origine del mio percorso vocazionale.

A dare l’imprinting al mio carattere nonché alla mia vocazione, sono state sia la mia famiglia, nella quale ho ricevuto i valori cristiani e la trasmissione della fede cattolica, sia le esperienze giovanili che ho vissuto nella mia parrocchia di origine, il Cuore Immacolato di Maria in Rosolini.

Qui, durante la mia adolescenza, ho frequentato il gruppo di post-Cresima, ho svolto il catechismo nell’Azione Cattolica, ho frequentato il cammino neocatecumenale, ho avuto la possibilità di partecipare a vari convegni per la formazione pastorale. Un tratto importante della mia vocazione è anche la spiritualità francescana, che ho avuto modo di coltivare durante gli anni vissuti in parrocchia: ho preso parte, così, a varie missioni francescane dei frati minori di Sicilia, tenute sia nella mia parrocchia e sia in altre città; indimenticabile, inoltre, è stata l’esperienza della marcia francescana verso Assisi. Mi hanno segnato profondamente anche due viaggi in Africa partecipando con la diocesi di Noto e sperimentando il senso del concetto di Chiesa universale, espressione che ho anche rivalutato nei diversi pellegrinaggi che ho fatto a Lourdes, santuario mariano al quale sono spiritualmente molto legato.

Dopo aver frequentato l’università di Filosofia di Catania, il 4 novembre del 2013 ho iniziato l’anno propedeutico e, l’anno seguente, sono entrato in seminario. Assieme alla formazione filosofica e teologica, durante gli anni di seminario ho coltivato la spiritualità della preghiera del cuore e la devozione al Sacro Cuore di Gesù. Inoltre, mi sono avvicinato alla figura di alcuni santi: san Michele Arcangelo, san Francesco d’Assisi, sant’Antonio Abate, il Curato d’Ars, santa Bernadette Soubirous, san Pio da Pietrelcina e san Francesco di Sales. Di quest’ultimo, ho scritto la tesi di Baccalaureato nell’ambito dell’ecclesiologia, intitolata “La Chiesa nelle Controversie di san Francesco di Sales”. Ho fatto diverse esperienze pastorali, tra le più significative risultano quelle prestate alla casa famiglia Giovanni XXIII in Scicli, a Lourdes in servizio ai pellegrini del santuario e il servizio agli infermi ricoverati all’ospedale Cottolengo di Torino. Nell’anno 2019-2020 ho svolto il servizio pastorale nella comunità parrocchiale di San Francesco all’Immacolata in Noto, e lo scorso 28 settembre 2020 dopo aver ricevuto l’ammissione agli Ordini Sacri del diaconato e del presbiterato, il vescovo mi ha mandato nelle comunità parrocchiali Madonna delle Grazie e Sant’Anna in Modica per continuare il mio cammino di formazione in vista degli Ordini Sacri.

Ringrazio di vero cuore il parroco don Antonio Stefano Modica, don Pietro Zisa e don Ernesto Scarso per avermi accolto come un figlio e come un fratello in queste comunità che calorosamente mi hanno accolto.

Il diacono viene spesso definito – in maniera inappropriata – a partire da ciò che “non è”: per “sottrazione” è meno del sacerdote, per “addizione” è più del laico. Alle porte della tua ordinazione diaconale ma anche alla luce di quanto insegna la Chiesa, puoi dirci chi è veramente il diacono, la sua specificità e il suo ministero ecclesiale?

Il diacono è l’uomo dell’Eucaristia e della carità. Posso dire questo alla luce di quanto ho meditato in questi giorni, nella preghiera di consacrazione nel rito dell’ordinazione diaconale.

In questa preghiera sono citati i “leviti”, “i figli di Levi a servizio del tabernacolo santo”; la linea sacerdotale di Aronne si occupava concretamente dei sacrifici rituali, mentre gli altri leviti avevano il compito di cantare, di suonare e di assistere. Unica tra le dodici tribù, non ottennero alcuna parte della terra d’Israele, poiché servire Dio era la loro eredità.

Il diacono è uomo dell’Eucaristia non solo perché assiste il sacerdote all’altare e lo aiuta a distribuirla ai fedeli o ai malati, ma perché diventa egli stesso “eucaristico”, cioè vive la sua vocazione a servizio dei fratelli, mediante l’annuncio della Parola e animando la carità concreta verso i poveri e i bisognosi.

Da qui la carità e il riferimento presente ancora nella preghiera di consacrazione ai “sette uomini stimati dal popolo” scelti dagli apostoli “come collaboratori nel ministero. Con la preghiera e con l’imposizione delle mani affidarono loro il servizio della carità”.

Il diacono in definitiva serve due “mense”: quella del Signore e quella dei poveri. Ecco cosa penso del ministero del diaconato che sto per ricevere dalle mani della Chiesa.

Rocco, il diacono è oggi – in questa società dove si ricercano i primi posti, la visibilità, dove vale più l’apparire, il possedere che non l’essere – un “segno” potente, “scomodo”, perché icona di Cristo servo che si abbassa per lavare i piedi dei suoi discepoli.

Come pensi di “spendere” il tuo servizio in questa società dove parole come umiltà, servizio, ascolto, cura dell’altro, empatia, appaiono valori di un altro tempo? In questa era dove i social hanno rimodulato anche la nostra comunicazione e le nostre relazioni – in bene o in male – da diacono come pensi di porti e cosa pensi di poter offrire?  

Personalmente, da quando sono entrato in seminario ho fatto la scelta di abbandonare il mondo dei social, non perché io li demonizzi o li consideri negativi. I social sono semplicemente mezzi, siamo noi con i nostri atteggiamenti, responsabili o meno, a renderli strumenti utili o dannosi.

La mia scelta – e spero di mantenerla da diacono e un giorno da sacerdote – è quella di privilegiare una comunicazione “face to face”, una relazione “reale” che mi permetta di avere un contatto personale e diretto con le persone. I social possono essere un input, ma poi serve curare la relazione, la vicinanza, la cura, l’accompagnamento.

Il diacono ha un ruolo “sociale” che può metterlo “sotto i riflettori”: ciò che conta è mantenersi umili, semplici, autentici e dare testimonianza con la propria vita