Omelia della Santa Messa del Crisma

IL DONO DEL PANE

Carissimi confratelli sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, seminaristi e fedeli tutti, siamo riuniti in questo Tempio santo dove, nel silenzio religioso delle nostre anime e in ascolto della Parola di Dio ci avvieremo, come assemblea santa, verso il Suo Altare per nutrirci di Cristo Pane di vita eterna.

Contempliamo la solennità di questo giorno, la speciale grazia che avvolge il nostro ministero sacerdotale, l’unzione che ci consacra totalmente a Lui e ai fratelli. Oggi risplendiamo di quella luce che ci orienta a spendere la vita per la santificazione del popolo santo di Dio.

Sentiamo fortemente il bisogno, noi sacerdoti, di coltivare l’entusiasmo e la forza necessaria per continuare a servire Dio e la nostra Chiesa nella vita delle singole comunità cristiane. Si, abbiamo tanto bisogno della forza e della luce dello Spirito Santo che invochiamo continuamente ogni qualvolta celebriamo i sacramenti, in particolar modo quello dell’Eucaristia e della Riconciliazione.

Nel Salmo che abbiamo pregato viene evocata l’elezione e l’unzione di Davide a re d’Israele: «Ho trovato Davide, mio servo, con il mio santo olio l’ho consacrato; la mia mano è il suo sostegno, il mio braccio è la sua forza».

In questo momento storico così difficile per la comunità internazionale è davvero commovente sentire Dio che cerca un servo, capace di accogliere la sua promessa e, di conseguenza, diventare un segno, per l’intera umanità, che indichi la Sua presenza.

Anche noi siamo stati cercati, chiamati e consacrati da Dio per essere, come Davide, nonostante i nostri limiti e le esperienze di peccato che hanno segnato la nostra storia come quella di questo grande Re, segno del grande amore che Dio ha per tutti, segno della sua infinita misericordia.

Dio continua ancora a guardare il cuore dell’uomo e non si sofferma sulle apparenze. Davide ha liberato il suo popolo perché contava su quella forza che non veniva da lui ma dall’unzione scesa dall’alto, da Dio. Nel tempo della tribolazione e della prova, il Re d’Israele ha sempre invocato Dio come Padre, riscoprendosi figlio da Lui amato, sorretto nelle difficoltà, illuminato nelle scelte per non seguire i sentieri dell’idolatria.

1.Sacerdoti unti per «dire Dio oggi»

Popolo sacerdotale che crede, spera e ama. Sacerdoti unti, consacrati, amati, per ungere, consacrare, amare, stando accanto con tenerezza, sostenendo, prendendo per mano e accompagnando ognuno dei figli a noi consegnati; figli che ci raccontano le loro storie, ci affidano i loro dolori e le loro sofferenze, ma che ci rendono partecipi delle loro gioie. Storie di uomini e donne, di giovani e ragazzi segnate dalla paura di un futuro preoccupante e incerto.

In uno scenario drammatico siamo tutti invitati ad interrogarci seriamente. Abbiamo smarrito il vero significato di umanità, non riusciamo più a leggere dentro, a capire l’altro, a fare delle relazioni il cuore della nostra vita. Mettendo da parte Dio, facendo tacere la voce di Gesù Cristo e delle nostre coscienze, facciamo fatica a scorgere l’alba di un rinascimento umano e cristiano. In varie circostanze ci si è anche vestiti di Dio e, con una certa frequenza, è stato usato impropriamente il suo nome pur di annunciare un vangelo diverso dal Suo.

Risuonano vere e attuali le parole dell’indimenticabile testimone di Dio Don Tonino Bello quando diceva: «La Chiesa è un popolo di sacerdoti. Di gente, cioè, destinata a fare comunione, ad allacciare ponti; a costruire intese, a fabbricare solidarietà, ad alimentare convergenze, a incrementare articolazioni organiche, a combattere la disgregazione, a spegnere le rivalità concorrenziali, a scoraggiare le fughe per la tangente dell’egoismo o del calcolo solitario».

Ad ognuno di noi, unti di Spirito Santo, viene ricordato: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore».

Carissimi confratelli presbiteri, lo stesso Spirito che ha unto Cristo è sceso anche su di noi quando, nel giorno della nostra ordinazione sacerdotale, siamo stati segnati con il Sacro Crisma, e cosi siamo divenuti partecipi della stessa consacrazione di Gesù. Da quel giorno in poi e per ogni giorno siamo resi partecipi del suo sacerdozio, siamo sua immagine viva, e dunque come Lui siamo a tempo pieno a servizio della gloria del Padre e della salvezza dei fratelli a noi affidati. Nella Messa Crismale del 28 marzo 2013 Papa Francesco affermava: «L’olio prezioso che unge il capo di Aronne non si limita a profumare la sua persona, ma si sparge e raggiunge “le periferie”. Il Signore lo dirà chiaramente: la sua unzione è per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono tristi e soli. L’unzione, cari fratelli, non è per profumare noi stessi e tanto meno perché la conserviamo in un’ampolla, perché l’olio diventerebbe rancido … e il cuore amaro. Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo; questa è una prova chiara. Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia. La nostra gente gradisce il Vangelo predicato con l’unzione, gradisce quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l’olio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite, “le periferie” dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quanti

vogliono saccheggiare la sua fede. La gente ci ringrazia perché sente che abbiamo pregato con le realtà della sua vita di ogni giorno, le sue pene e le sue gioie, le sue angustie e le sue speranze. E quando sente che il profumo dell’Unto, di Cristo, giunge attraverso di noi, è incoraggiata ad affidarci tutto quello che desidera arrivi al Signore: “preghi per me, padre, perché ho questo problema”, “mi benedica, padre”, “preghi per me”, sono il segno che l’unzione è arrivata all’orlo del mantello, perché viene trasformata in supplica, supplica del Popolo di Dio. […] Così bisogna uscire a sperimentare la nostra unzione, il suo potere e la sua efficacia redentrice: nelle “periferie” dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni».

È il momento in cui ci viene chiesto di operare e agire insieme, superando lo stile individualistico o gli interessi personali. C’è bisogno di ritrovare il gusto del camminare insieme cambiando anche stili di vita per rivestirci di quel bene comune che significa soprattutto condivisione, attenzione all’altro: assaporiamo sempre più il gusto di essere famiglia, capace di spezzare il pane per tutti, soprattutto per i più deboli.

Gesù ci chiede oggi, che quanto ascoltato si compia. L’evangelista Luca dice: «Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”». È il tempo durante il quale nessuno di noi si deve smarrire né lasciare la strada che ci conduce a Lui.

2. Sacerdoti ed Eucaristia

Noi sacerdoti viviamo e annunciamo sempre l’attesa del Signore nella celebrazione cristiana dello sguardo. L’incontro con Cristo avviene attraverso lo sguardo del popolo verso l’altare e quello di Cristo, attraverso il sacerdote, verso ogni singolo fedele. Da questo incrocio di sguardi inizia una storia d’amore in cui la Chiesa Sposa, sentendosi amata da Cristo Sposo, adora la presenza reale dello Sposo. La Chiesa, attraverso i suoi figli, sta attorno all’altare guardando Cristo che vive nel cuore della comunità. Per questo il sacerdote non è un funzionario del culto, ma agisce e opera in persona Christi che lo ha scelto, chiamato e inviato.

L’altare, dunque, è Cristo che, consegnandosi volontariamente sulla croce, ci ha donato la salvezza in quanto sacerdote, altare e vittima. Comprendiamo così il motivo del gesto liturgico di baciare l’altare. Ed è proprio il prefazio che spiega bene che Cristo è altare di se stesso: «Alle sorgenti di Cristo, pietra spirituale, attingiamo il dono del tuo Spirito per essere anche noi altare santo e offerta viva a te gradita…».

La venerazione dell’altare indica che il sacerdote sa di essere lui stesso altare e lo è nella quotidianità per la missione affidatagli. Partendo dall’altare, dopo aver ricevuto la forza dello Spirito, si va nel mondo, camminando attraverso le strade della vita, piene di difficoltà ma anche piene di attese, sorretti dalla certezza di non essere mai soli e animati dalla speranza che Cristo ci precede sempre.

I fedeli che partecipano alla celebrazione eucaristica vengono alla mensa raggiungendo l’altare per nutrirsi di Gesù, cibo di vita eterna, ma anche per partecipare dello stesso altare, perché se «qui e ora» siamo riuniti attorno alla mensa di Cristo, un giorno potremo essere accolti al banchetto della perpetua unità. A questo altare preziosissimo fa riferimento il libro dell’Apocalisse là dove si legge: «Poi venne un altro angelo e si fermò presso l’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull’altare d’oro, posto davanti al trono” (Ap 8,3).

3. L’offerta sacerdotale sull’altare con Cristo

Nella fatica della vita feriale, ogni sacerdote, sull’esempio di Gesù Cristo, offre se stesso sull’altare. Se è vero che rappresenta il Maestro come sommo sacerdote, è ancora più vero che lo rappresenta come somma vittima. Ogni sacerdote presiede l’Eucaristia offrendo a Dio Padre non solo il pane e il vino perché diventino Corpo e Sangue di Gesù ma l’offerta di sé partecipando sacramentalmente al sacerdozio di Cristo e al sacrificio della croce. E quante preghiere presentiamo al Padre per mezzo di Cristo!

Carissimi confratelli sacerdoti, a me e a voi, prima di tutto, viene chiesto di stare davanti al tabernacolo e poi davanti ai fratelli. Presentiamo a Gesù, pane disceso dal cielo, la fame e la sete di tutti. Non stanchiamoci di pregare e di operare il bene. Orientiamo i nostri sguardi a Cristo, re dei nostri cuori!

Carissimi confratelli, con affetto e riconoscenza desidero innanzitutto, questa mattina, ringraziarvi di cuore per quello che fate ogni giorno per la nostra amata Chiesa di Noto, per la cura con cui pascete il popolo che vi è stato affidato. Il nostro amore a Cristo e alla Chiesa ci chiede, mettendoci in ascolto dello Spirito, un impegno maggiore per ridisegnare la nostra vita ecclesiale con grande passione, intelligenza e sapienza pastorale nel rispetto della grande tradizione della nostra amata chiesa netina.

Cari sacerdoti, la vostra partecipazione alla Messa crismale oggi, insieme ai diaconi e ai fedeli tutti, manifesta l’importanza e la bellezza di essere uniti in comunione con il Vescovo. Torniamo per un attimo con la mente ed il cuore a quel giorno indimenticabile, nel quale il Signore Gesù ha impresso, con il dono dello Spirito, come un bacio d’amore, un indelebile sigillo nella nostra anima e ci ha configurati a sé, Lui che è Eterno e Sommo Sacerdote, rendendoci così fedeli dispensatori dei Suoi divini misteri.

Solo così le promesse sacerdotali che rinnoveremo fra poco acquisteranno significato. Ancora una volta sentiremo il calore di quelle mani imposte prima dal vescovo e poi dai confratelli sulla nostra testa: lo Spirito Santo continuerà a scendere, mentre torneremo a sentire il profumo di quel crisma che ha impregnato la nostra vita per parteciparlo a quanti ci sono stati affidati.

In questa comunione di preghiera ricordiamo i vescovi e i sacerdoti che, nati alla vita eterna, partecipano alla liturgia della Gerusalemme celeste. Ricordiamo i confratelli ammalati o impediti per situazioni diverse a partecipare fisicamente al nostro sacro rito.

Ricordiamo i sacerdoti Giuseppe Ruggeri e Umberto Bonincontro nel 60mo anniversario di vita sacerdotale e i diaconi Donato Matassa e Giuseppe Santangelo nel loro 25mo anniversario di servizio diaconale. Siamo grati al Signore per il bene compiuto per la vita e la santità delle vostre comunità.

Incessante la nostra preghiera per il Seminario e per le vocazioni al sacerdozio, perchè molti giovani abbiano il coraggio di aprire il loro cuore a Cristo e a te carissimo Christopher e ai tuoi familiari giunga il nostro affetto, la nostra vicinanza e le nostre preghiere. Il Crisma che porterai all’altare farà rinascere a vita nuova bambini e adulti, confermerà nella fede ragazzi e adolescenti e ti renderà, caro Christopher, sacerdote dell’Altissimo e ministro di comunione e misericordia.

La Madonna, Scala del Paradiso, nostra Madre, unta dallo Spirito Santo, preghi per noi affinchè il profumo di Dio, come quello del pane, si spanda tra le strade, e come tanti ostensori di Cristo Eucarestia, diveniamo cibo di grazia nelle case degli uomini per aiutare a far ritornare il gusto della gioia evangelica.

Ci aiutino in questa stupenda missione i nostri santi protettori, e la testimonianza di tante anime semplici e adoranti che hanno fatto dell’Eucarestia il centro della loro vita.

OMELIA MESSA CRISMALE