Il Vescovo visita Don Palacino

 Nella giornata di ieri il nostro Vescovo si sarebbe dovuto recare a Paola per ritirare il riconoscimento “Beato Pino Puglisi” in occasione del premio Società Civile e cultura. Per via di altri impegni di natura pastorale, il Presule non ha potuto presenziare facendosi presente con il seguente messaggio.
Carissimi, mentre saluto tutti di cuore, mi scuso anzitutto per non poter essere presente in mezzo a voi. Il premio “Don Pino Puglisi” che mi avete conferito ha suscitato in me un duplice sentimento: gratitudine e responsabilità.
 
“La gratitudine mi permette di dire “grazie” e così corrispondere al fatto che ogni premio ricevuto è sempre un premio immeritato: è dono, è grazia, “gratis dato”. L’uomo è viandante, non solo perché si sposta geograficamente, come fanno milioni di migranti nel mondo di oggi e nei tempi di sempre. L’uomo è viandante perché è pellegrino in se stesso, cioè chiamato a muoversi nel suo animo per cambiare, convertirsi, per fare Pasqua, dunque per “passare” -uscendo dalle proprie chiusure che inscatolano e imprigionano le nostre energie vitali, amative-, passare dall’egoismo narcisistico cui costringe il materialismo delle società dell’ipermercato, all’apertura di un cuore finalmente solidale, paziente, misericordioso che sa prendersi cura dell’altro, di altri e, questo, corporalmente cioè dentro i bisogni esistenziali quotidiani della gente, nei drammi ordinari della vita di molti. Saper dire “grazie” per ciò che ti viene dato immeritatamente ti fa capire che tutti siamo bisognosi e che come diceva Antonio Rosmini “l’uomo non è grande se non perché è bisognoso”. La legalità deve diventare mentalità diffusa perché abbiamo bisogno dell’aiuto di altri. La legalità la vedrei oggi proprio così: il bisogno che gli altri mi rispettino, ci rispettino, ci aiutino, perché abbiamo bisogno di loro. Da qui la grande responsabilità dell’educazione di tutti, specialmente di ragazzi e dei giovani, a cui si è dedicato don Pino Puglisi, esponendo la sua vita alla morte e così amando come Gesù ci ha amato e come Gesù ci ha chiesto di amarci tra noi. Perciò questo premio mi riempie di responsabilità, affinché io possa sempre di più convertirmi all’amore concreto di chi ha occhi per il dolore di altri.
Qui legalità significa impegno a vincere la corruzione dei codici dell’amore: dall’amore per sempre all’amore per ora; dall’amore come dono, all’amore come possesso, dall’amore generativo all’amore consumo. Questo impegno potrebbe comportare il perdere la propria vita? Ne saremmo capaci? Ma potremmo amare sul serio se non volessimo spingere il dono della nostra vita fino a questo punto? Il martirio di Don Pino Puglisi ci sia da modello per dire a tutti che ognuno può dare il proprio contributo d’amore perché, come lui diceva “se ciascuno di noi fa qualcosa allora possiamo fare molto”. Un grazie responsabile a tutti”.
 
Invece, sempre nel pomeriggio di ieri, recatosi a Modica, Mons. Staglianò ha visitato l’anziano don Calogero Palacino, trasferito nei giorni scorsi presso l’Ospedale Maggiore per via di alcuni problemi di salute.
Il Vescovo si è intrattenuto – insieme a don Giorgio Cicciarella, cappellano del presidio medico – con l’anziano sacerdote commentando dapprima un libro che questi stava leggendo, quindi soffermandosi a parlare del lavoro sinergico del presbiterio della Diocesi. Don Palacino negli ultimi anni ha “girato” la nostra diocesi da una punta all’altra: da Portopalo, dove è stato parroco per tanti anni, a Modica, passando per Testa dell’Acqua (Noto) e Quartarella (Modica). Persona di spiccato spirito e sottile humor, don Palacino sebbene sofferente non ha messo da parte l’ironia, intrattenendo i presenti con aneddoti scherzosi. Al termine ha accompagnato il Vescovo a salutare due giovani ragazzini in riabilitazione presso il reparto di chirurgia dell’ospedale.
Dopo questa visita, presso la parrocchia di S. Anna in Modica, Mons. Staglianò ha celebrato la chiusura della prima parte della Missione Popolare realizzata sul territorio parrocchiale dalle Comunità Neocatecumenali. Dopo una breve processione per alcune vie del quartiere, (con lui don Stefano Modica, don Ernesto Scarso e don Pietro Zisa) con in spalla una statua della Vergine Maria, l’assemblea ha celebrato una liturgia della Parola. Sapienti e ricche di spunti le parole del Pastore che ha attualizzato ciò che nella missione popolare rappresenta la cecità e il recupero della vista del cieco nato (così come narrato dall’Evangelista). “Siamo tutti ciechi – ha detto – ma sappiamo che con la fede in Gesù possiamo vedere chi è veramente Dio e chi dovremo diventare noi. Cristiani, cioè pienamente umani come perfettamente umano fu Gesù, attraverso le opere di carità e di misericordia. Oltre quel cattolicesimo convenzionale che ci fa entrare nelle chiese a pregare ma non ci commuove il cuore per operare, risultando essere – come ci ha detto ieri Papa Francesco – una religiosità vuota di fede e di carità, che Dio padre non gradisce”.