Novembre 2000 – Messaggio di Mon. Sikuli Melchisedech alla comunità diocesana di Noto

 «Oltre al ringraziamento che devo espri­mere per ciò che siete e fate per la nostra Chiesa di Butembo-Beni, vorrei dire una parola sulla testimonianza cristiana come missione di ogni cristiano.
Una volta la missione (ricordare le espressioni come “andare in missione”) era considerata come una scelta eccezionale di singoli, coraggiosi e carismatici. Oggi si ritiene invece che la missione fa parte del­la natura e dell’identità stessa dell’essere cristiano. “Sarete i miei testimoni fino agli estre­mi confini della terra”.
In un mondo sempre più piccolo, attra­verso i mezzi di comunicazione e l’incon­tro delle culture, la missione cristiana non è più riservata a chi si sposta da una terra ad un altra.
Se da un lato i mezzi di comunicazione e l’incontro delle culture riducono le di­stanze, dall’altro portano pure ad uno scon­volgimento di valori, di culture, di abitu­dini e, in un contesto di positivismo ateo, stanno portando ad un annebbiamento della coscienza e dei valori, ad una confusione dei punti di riferimento e dei parametri di giudizio. E’ proprio a questo punto che si rivela l’urgenza e l’attualità della testimonianza cristiana.
Il mescolamento delle culture ha biso­gno di essere guidato e indirizzato dalla nostra testimonianza cristiana, per fare di tutti i popoli l’unico popolo di Dio. Ed è questa la nostra missione: fare di tutti i popoli l’unica famiglia di Dio (cfr Assem­blea dei Vescovi africani). Mi permetto di pensare, perciò, che il nostro gemellaggio è un modo tutto cristia­no di fare missione, nell’incontro recipro­camente arricchente delle nostre culture e dei nostri popoli, con a base il lievito evan­gelico che ci porta al rispetto, alla valorizzazione, al dono, alla solidarietà vicendevoli.
Ritengo,per questo, che l’iniziativa, av­viata dai due Vescovi nostri predecessori e che stiamo portando avanti da 12 anni, è un modo del tutto nuovo, rispondente alla ecclesiologia del Concilio Vaticano II, di fare missione e di essere missionari.
Da sempre, d’altra parte, il ruolo del sacerdote, del parroco, è insostituibile per mobilitare, sostenere la buona volontà dei nostri cristiani perché la nostra missione reciproca sia vissuta e testimoniata sotto la luce dello Spirito Santo.
Vorrei anche raccomandare la nostra terra martoriata dalla occupazione e dalla guerra alla vostra preghiera e al vostro so­stegno. Stiamo subendo delle ingiuste e pesanti vessazioni e la Chiesa è l’unico difensore della giustizia. Per questo salu­tiamo ancora con riconoscenza al Signore, il coraggio, l’intraprendenza e la lungimi­ranza del nostro predecessore Mons. Kataliko. Non potremo imitarlo totalmen­te; possiamo però continuare la sua opera col sostegno del gemellaggio e delle sue amicizie.
Il rapporto ormai instaurato tra le nostre due Chiese è un modo tutto nuovo di fare missione. Il nostro coraggio e la nostra testi­monianza è una grande missione nel mondo di oggi, per portare tutti i popoli a Cristo».
+ Melchisedech Sikuli, Vescovo di Butembo-Beni