UNA CHIESA IN CAMMINO

La celebrazione diocesana del Convegno di inizio anno pastorale 2023-24 rimarrà sempre nel cuore e negli occhi di chi ama veramente la Chiesa perché abbiamo contemplato il popolo di Dio in cammino, attento a leggere, partendo dalla propria storia, i «segni dei tempi» e a riflettere sinodalmente sul proprio futuro.Sinodo è Chiesa in cammino verso Dio, sinodo è Chiesa nella sua vera natura e nella sua identità: è vivere insieme il pellegrinaggio della fede, animati dalla speranza e dalla carità operosa. Il cammino sinodale che stiamo vivendo è il pellegrinaggio di un popolo che sa ascoltare ciò che lo Spirito dice alla Chiesa e si incammina sulle vie indicate dalla Sua Presenza e incarnare, così, il Vangelo della misericordia, la Buona Notizia di Cristo, crocifisso e risorto. È tempo di grazia e di ascolto devoto e amorevole. Partendo da Cristo, il Sinodo si presenta come un cammino dinamico di evangelica e spirituale rinascita del popolo santo di Dio. Nella missione della Chiesa, infatti, è lo stesso Gesù Cristo che continua a donare il Vangelo e, perciò, essa rappresenta il kairos, il tempo favorevole della salvezza nella storia travagliata degli uomini del nostro tempo. Sinodo è riconoscere che la strada di Emmaus e il giumento del buon samaritano sono spazi teologali-relazionali indispensabili per una Chiesa che riflette sulla propria identità e missione, in un continuo atteggiamento di apertura e, sempre, alla ricerca di stili educativi per accompagnare credibilmente alla fede. Quindi, una Chiesa ancora in ascolto della voce profetica del Concilio Vaticano II.  «Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa. E siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano, continuando il tema dei precedenti Concili, intende con maggiore chiarezza illustrare ai suoi fedeli e al mondo intero la propria natura e la propria missione universale».

  1. Alla scoperta della vera identità della persona

L’attuale stagione sinodale ha il compito di aiutare la comunità ecclesiale a ritrovare se stessa, a disegnare la forma di comunità cristiane capaci di annunciare il vangelo in termini non solo comprensibili, ma credibili e affascinanti in un radicamento evangelico capace di parlare profeticamente al mondo di oggi. In questo nostro tempo, attraversato da domande e inquietudini, la Chiesa, popolo santo di Dio, deve acquisire la capacità di porsi ai crocevia della vita sociale non avendo paura di prendere la parola in prima persona per testimoniare la propria fede nella ricerca attiva di momenti di vera comunione vissuta nella preghiera e nelle relazioni fraterne con una predilezione naturale per i poveri e gli esclusi e la passione per le giovani generazioni e per la loro educazione alla fede.  Tornare ai giorni di Firenze, così come auspicato da Papa Francesco il 30 gennaio 2021, significa mettere al centro di tutto Dio e l’uomo per una stagione di rinascimento integrale indispensabile per la costruzione della città degli uomini. «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» (Gn 1, 26): l’uomo è icona del Dio vivente.  Come creature dinanzi al Creatore siamo ontologicamente capaci di Dio e del Suo amore. «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23).  L’uomo, amando Dio e accogliendo la Sua Parola diventa casa, dimora, tenda e abitazione dell’Altissimo. Scriveva San Giovanni Paolo II: «Quest’uomo che è stato creato “a immagine di Dio”, si manifesta come soggetto dell’Alleanza, e cioè soggetto costituito come persona, costituito a misura di “partner dell’Assoluto”. L’uomo è “solo”: ciò vuol dire che egli, attraverso la propria umanità, attraverso ciò che egli è, viene nello stesso tempo costituito in un’unica esclusiva ed irripetibile relazione con Dio stesso».

Dire che l’uomo è «persona» significa ribadire la sua dignità nella realtà di unità corporea-spirituale chiamata ad amare in completa totalità nella donazione esodale verso l’altro da sè.

Scrive Papa Francesco: «L’amore, per sua natura, è comunicazione, conduce ad aprirsi e a non isolarsi. E se il nostro cuore e i nostri gesti sono animati dalla carità, dall’amore divino, la nostra comunicazione sarà portatrice della forza di Dio. Siamo chiamati a comunicare da figli di Dio con tutti, senza esclusione. In particolare, è proprio del linguaggio e delle azioni della Chiesa trasmettere misericordia, così da toccare i cuori delle persone e sostenerle nel cammino verso la pienezza della vita, che Gesù Cristo, inviato dal Padre, è venuto a portare a tutti. Si tratta di accogliere in noi e di diffondere intorno a noi il calore della Chiesa Madre, affinché Gesù sia conosciuto e amato; quel calore che dà sostanza alle parole della fede e che accende nella predicazione e nella testimonianza la “scintilla” che le rende vive».

L’uomo è comunicazione, riesce a tessere trame di relazione orizzontale e verticale a partire dal suo essere ontologicamente persona. La vita dell’uomo, secondo la mentalità che vuole l’uomo libero di agire in base al proprio volere, perde il suo valore intrinseco e la sua vocazione originaria: infatti nella concezione edonistica, la persona vale per quello che produce e possiede e non in quanto esiste.  La persona, quindi, è impoverita e svuotata della sua identità e interiorità e non trova più motivi esistenziali per vivere e per sperare. Ciò porta ad una visione antropologica settoriale e affermata come assoluta che spinge l’uomo ad un isolamento esistenziale. È urgente, allora, nella stagione sinodale attuale, rimettere al centro il Mistero che ha un volto ben preciso, Gesù Cristo, il Risorto e il Redentore dell’uomo. Deve essere recuperata, inoltre, la categoria di incontro, molto familiare a Papa Francesco e agli ultimi pontefici, capace di esprimere il modo con cui Dio si rivela all’uomo mediante il Cristo Salvatore. Intraprendere l’itinerario sinodale significa andare alle domande di senso, al motivo per cui la vita è sempre un dono e non può mai essere violata o strumentalizzata. La verità è Cristo Gesù, e ciò che conta per l’uomo è l’incontro con Lui, il Risorto. Scrive Papa Francesco: «il Signore ha cambiato tutto da dentro, ha cambiato con una ri-creazione: Dio aveva creato il mondo; l’uomo è caduto in peccato; viene Gesù a ri-creare il mondo». E San Giovanni Paolo II: «Non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi» (NMI 29). 

  1. Discepoli di Cristo: l’uomo icona del Dio vivente  

Chi incontra il Cristo non può pensare che la vita sia un bene negoziabile, commerciale, alla stregua di una realtà illuminata solo da criteri strumentali o da interessi utilitaristici.  L’essere immagine di Dio per l’uomo deriva da Dio stesso: è un suo dono libero e gratuito. All’uomo, pertanto, spetta semplicemente riconoscere la grandezza e la gratuità di questo immenso dono. La vita per l’uomo è stare con Dio come per Lui è stare con l’uomo.

«Tu esistevi, io non lo sapevo. Avevi fatto il mio cuore a tua misura, la mia vita per durare quanto te, e poiché tu non c’eri, il mondo intero mi sembrava piccolo e stupido e il destino di tutti gli uomini insulso e cattivo. Quando ho saputo che Tu esistevi ti ho ringraziato di avermi fatto vivere, ti ho ringraziato per la vita del mondo intero. La sofferenza che patiamo sulla terra mi è sembrata molto più grande e nello stesso tempo molto più piccola, le gioie che vi troviamo molto più vere e nello stesso tempo più piccole». Il Sinodo non sarà una kermesse religiosa nè tantomeno una forma di restyling ecclesiale. Si tratta di lasciarsi illuminare e trasformare dallo sguardo di Dio in Cristo Gesù per farlo nostro, per poi vedere, amare, discernere, parlare e agire, con i suoi occhi, con il suo cuore, con la sua mente e il suo inconfondibile stile. Questa è la logica dell’amore divino che tutto copre e risana. È tutto qui l’inesauribile mistero d’amore su cui si fonda il cammino della Chiesa. Chiamato ad un incontro definitivo con il Cristo Signore, l’uomo scorge nella presenza del Verbo Eterno del Padre colui che è il compimento perché prima di tutto né è il fondamento.

  1. Chiamati alla santità

Vivere il Sinodo significa, dunque, avanzare con coraggio profetico una pretesa unica e pretendere di assumere come cifra esistenziale una duplice relazione assolutamente alta e originale, che dal Cielo conduce alla terra e dalle copiose fatiche umane, in Cristo Gesù, ritorna al Cuore Misericordioso di Dio. Occorre riproporre costantemente l’idea di santità, presentandola in modo sincero ed efficace, legata alla partecipazione alla vita intima di Dio, senza cadere nell’equivoco di quella rappresentazione fantastica e nebulosa in cui troppo spesso è stata relegata. Altrettanto necessario è vincere la concezione di una religiosità devozionale, superficiale, esteriore, consumata entro la presunzione di una morale casistica e precettistica vissuta in modo abbastanza artificiale ed episodica. Non esistono cristiani astratti e distratti, non può sussistere una distribuzione automatica della vita sacramentale.  La Chiesa, infatti, non è il magazzino della grazia. Il progetto delineato in e da Gesù Cristo richiede, senza eccessi e fanatismi, scelte concrete, vere, autentiche, radicali a partire dagli evangelizzatori e da ogni forma di ministero. Risulta abbastanza limitativo affidarsi all’ennesimo umanesimo fallito per intercettare le passioni tristi della cultura odierna in fase di continuo declino: assumendo Gesù Cristo come paradigma dell’umanesimo, siamo invitati a puntare in alto per far ritrovare all’umanità ferita la sua identità originaria.  Una Chiesa sinodale si può comprendere alla luce della partecipazione del popolo di Dio al triplice ministero di Cristo: profetico, sacerdotale e regale. La sinodalità non è improvvisazione: si tratta di formarsi ad un metodo che sosterrà al cambio di mentalità e alla conversione pastorale. Le nostre pratiche pastorali sono lo specchio di una Chiesa che non ha ancora sufficientemente, ed in modo consapevole, elaborato e fissato i tratti fondamentali dell’identità cristiana odierna, la figura di cristianesimo da vivere in questo nostro presente storico così articolato, complesso e soggetto a repentini mutamenti.  I destinatari dei nostri gesti di riconsegna della fede cristiana sono soprattutto coloro che la società definisce come nativi digitali o generazione alpha: ovvero quei ragazzi cresciuti in ambienti sociali dentro i quali la presenza dei media e dei nuovi dispositivi digitali è incessante.  Il Sinodo si trova dinanzi ad una vera rivoluzione antropologica. Un lavoro di ricomprensione della tradizione e delle sue dinamiche di riconsegna è perciò reso necessario e ancora più urgente da tutti i mutamenti antropologici che stanno segnando la cultura di questo inizio del terzo millennio e che si impongono come il nuovo contesto entro il quale vivere oggi la fede cristiana. In un simile contesto l’impegno della Chiesa per educare alla fede, alla sequela e alla testimonianza del Vangelo assume più che mai anche il valore di un contributo perché l’uomo riesca a ridire la propria identità nel nuovo contesto culturale digitale e secolarizzato che segna la nostra società. Vivere oggi la sfida della trasmissione della fede significa porre le stesse domande, accendere le stesse attese, cercare dentro il nostro presente gli ingredienti che ci consentano di attrezzarci come cristiani a vivere la nostra fede oggi, trasmettendola con gioia alle nuove generazioni.

  1. Il vero volto della Chiesa

L’azione pastorale della Chiesa italiana nella sua feconda e variegata ricchezza è resa visibile dal fiorire di riflessioni e proposte che hanno attraversato nei secoli e attraversano ancora oggi, in un’armonica diversità, la vita e la storia delle nostre comunità cristiane e dell’intero territorio nazionale. Dal Sud al Nord della penisola, la Chiesa ha promosso e mette in atto quelle azioni pastorali nel rispetto della legge dell’Incarnazione e delle diverse condizioni di vita e dei ritmi di cammino del popolo di Dio.Bisogna chiedersi, nella stagione del discernimento, quale Chiesa sogniamo durante e dopo il Sinodo.

Occorre una nuova fioritura di santità. E cos’è la santità se non il sapersi sintonizzare con il sogno di Dio sull’uomo e sulla storia? La testimonianza passa attraverso il saper mostrare il vero volto della Chiesa: non una struttura autoreferenziale di interessi o un centro di servizi, religiosi e sociali, ma una realtà che trasforma la speranza in progetto ed esperienza.  Una Chiesa capace di accogliere, disposta a non smettere di presentare una visione alta della vita dell’uomo e che sappia affascinare con la sua proposta di una vita umana, bella, intensa, gioiosa e appassionata.  Una Chiesa capace di parlare il linguaggio della fiducia, della libertà, e soprattutto dell’amore. Un progetto dell’intera comunità ecclesiale italiana, condiviso e assunto per sé da tutte le diocesi con un percorso specifico di partecipazione attiva. Sogniamo il volto di una Chiesa che creda nelle potenzialità dei giovani e dei laici, portatori di carismi ed esperienze utili per ricoprire anche ruoli di responsabilità.

Il volto di una Chiesa che non faccia sconti sui suoi valori, ma che abbia il coraggio di dialogare con le diverse contraddizioni della vita dell’uomo, consapevole che molte volte non basta dire di avere le porte aperte, ma è importante rispondere a chi le percepisce o le vede chiuse. Il volto di una Chiesa che è in grado di demolire le logiche mondane, facendo della trasparenza uno stile e della carità una scelta vissuta.  Il volto di una Chiesa che sappia uscire dalla routine e avvicini ogni uomo non tanto alle cose da fare o ai comportamenti da assumere, ma al mistero da cui tutto nasce e si sviluppa: la morte e la speranza che viene da un sepolcro vuoto.

Buon lavoro e buona strada a tutti voi carissimi fratelli e sorelle!

✠  Salvatore Rumeo

Vescovo