«IL DONO DI UN VINO NUOVO»

Omelia in occasione del Pellegrinaggio Giubilare al Santuario Diocesano della Madonna della Scala - Santuario Madonna della Scala
30-05-2025

Carissimi fratelli e sorelle

abbiamo lasciato le nostre dimore, le nostre comunità e in pellegrinaggio siamo giunti fin qui nella Casa di Maria Santissima, la nostra Casa, luogo di ascolto, preghiera, meditazione e contemplazione del mistero di Dio che risplende sul Volto di Maria e sul volto del creato che ci circonda, voce sottile della presenza del Signore!
Ci uniamo oggi alle migliaia e migliaia di preghiere che nel corso dei secoli si sono elevate al Cielo da questa terra, ci uniamo alle voci di coloro che qui hanno cantato le lodi di Maria, ai pellegrini provenienti da ogni dove, ai seminaristi, ora in cammino o arrivati alla meta sacerdotale e qui presenti, ci uniamo alla litanica orazione della Comunità “Le Beatitudini” che da anni si prende cura del Santuario promuovendo incontri e ritiri spirituali. Grazie per la vostra presenza e per i vari servizi di animazione alla fede che svolgete con cura e amore in Diocesi.

«Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea…» (Gv 2,1).

La festa di nozze è stata preparata per tutti noi figli amati dal Signore. Siamo, infatti, chiamati alla felicità piena, al compimento finale dell’essere, alla nostra più profonda realizzazione secondo il progetto di Dio. La nostra vita ha senso solo se orientata ad una festa nuziale. Il «terzo giorno» di cui parla l’evangelista Giovanni ci fa comprendere che siamo nati per vivere da risorti con la gioia nel cuore.

In quella festa di nozze, come racconta l’evangelista, venne a mancare il vino e di fronte a tale disagio, la Vergine, attenta e premurosa, si rivolge direttamente a Gesù dicendo «non hanno più vino» (v.3). La risposta del Figlio alla Madre sembra alquanto dura e scortese: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora» (v. 4).

La sollecitudine di Maria, la sua preoccupazione e compassione materna sono rivolte ai due giovani sposi; la Vergine si adopera per risolvere tale difficoltà e non c’è altro mezzo che quello di intercedere presso il Figlio, il quale può intervenire oltre ogni umana possibilità. Maria chiede a Gesù di intervenire per una realtà in se umilissima che riguarda un aspetto non essenziale delle vicende umane della vita: tuttavia lei è preoccupata e si fa mediatrice presso il Figlio. Maria, madre e apostola ci insegna a prenderci cura di tutti i fratelli e le sorelle che incontriamo sul nostro cammino.

Maria chiede al Figlio un segno del suo essere Messia, un segno che mentre risolve un problema umano, anticipa l’ora della Rivelazione del Figlio e svela che è giunta l’ora della Salvezza.

«Che c’è tra me e te, o donna?» (v.4)

Il disaccordo è spiegato da Gesù con le parole: «la mia ora non è ancora venuta» (v.4). L’ora di Gesù è quella della sua Passione-Morte e Resurrezione, è l’ora della piena Rivelazione, l’ora in cui la Salvezza sarà pienamente attuata. Maria si affida totalmente alla volontà di Lui e trasmette ai servi la sua fede.
Il vino e l’ora di Gesù. La mancanza del vino ci fa capire, carissimi, che con molta facilità oggi, attraversati da mille inquietudini, non riusciamo più a fissare la meta del nostro cammino, non crediamo più alle cose che facciamo, viviamo le nostre giornate senza il ritmo di quelle realtà ordinarie che rendono bella la nostra esistenza. Dove andiamo, con chi camminiamo, cosa vogliamo fare della nostra vita.
Il vino è l’amore che rende una vita degna di essere vissuta. Per motivi a volte oscuri e misteriosi, ci s’inaridisce nella capacità di amare. E tutto piomba nel non-senso, nell’assurdo. Muore l’amore, fiorisce il non-senso.

La gioia si trasforma in tristezza, i rapporti mutano, gli amori tramontano, gli ideali si dissolvono e tutto diventa grigio, monotono, solito.

Ci si sente svuotati dentro, come anfore di pietra screpolate, non ci si attende più nulla, si tira avanti, come si può… Sino alla prossima illusione. Solo l’ora di Cristo può ridare senso alla nostra vita. Partecipare alle Sue nozze sul Golgota significa aprire il cuore al mistero della Redenzione.

«Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (v. 5).

Le parole della Madre orientano non ad un atto di disobbedienza della Creatura al Signore della vita, ma alla potenza dell’intercessione materna, alla fede di Colei che in Dio ha riposto la propria vita, con un «sì» incondizionato, umile e totale. E cosa avrà da dirci quel Suo Figlio, di così necessario alla nostra felicità? «Riempite d’acqua le anfore» (v. 7). Quanto basta perché il miracolo si possa compiere.

Per la nostra felicità, perché la festa possa rinnovarsi e ritrovarsi nella nostra vita, perché l’amore possa tornare a scorrere nelle nostre vene e fare di questa nostra vita una festa, ci viene chiesto semplicemente di vivere in pienezza, di riempire di vita la nostra fragile esistenza attuale, riempirla sino all’orlo, sino a farla tracimare.
Non accontentiamoci di vivere da mediocri. Il Signore vuole da noi il cuore. Vuole tutto. Non importa che questa nostra vita sia grande come una cisterna o minuscola come un minuscolo bicchiere. Ognuno ha la vita che ha, che si costruisce: l’importante è viverla e spenderla bene.

Riempiamo di vita la nostra storia, anche se coscienti dei nostri errori e delle nostre piccolezze. Dio chiede solo questo: di riempire la propria esistenza della cosa più semplice e banale che ci sia: acqua, ovvero della vita quotidiana, fatta di cose semplici e vere. E di presentarla a Lui, perché la possa trasformare in qualcosa di grande, di prezioso, capace di resistere anche all’impatto con la morte: ecco il vino della grazia.

A Cana si celebra l’unione tra la nostra povertà e la sua ricchezza infinita. Tra il nostro peccato e la sua misericordia. Tra il nostro nulla e il suo abbraccio vivificante. Il vino che dà gioia, che fa festa, che inebria, è scaturito dall’incontro tra la nostra storia ferita e il suo amore misericordioso: come l’arcobaleno, l’arco posto sulle nubi, segno di alleanza e di pace, che scaturisce dall’incontro del sole e piccole gocce di acqua residuo di una tempesta, tra un amore splendente e infinite lacrime umane.

Dio non cambia la nostra vita, ma la trasforma. È l’acqua ad essere trasformata in vino. Dio ha bisogno di qualcosa di noi per poter compiere la sua opera, per questo utilizzerà la nostra umanità, per noi fragile ma per lui preziosissima.

Gesù pone in essere un segno, col quale annuncia la sua ora, l’ora delle nozze, dell’unione tra Dio e l’uomo. Egli non «produce» semplicemente vino, ma trasforma le nozze umane nella immagine delle nozze divine, alle quali il Padre invita, mediante il Figlio, e nelle quali Egli dona la pienezza del bene. Le nozze diventano immagine della Croce, sulla quale Dio spinge il suo amore fino all’estremo, dando se stesso nel Figlio in carne e sangue, nel Figlio che ha istituito il Sacramento, in cui si dona a noi per tutti i tempi.

Che ogni giorno sia per noi Cana di Galilea, dove costatare che le nostre esistenze, a volte fredde, dure e screpolate, sono fatte oggetto di premura e di trasformazione da parte di quel Dio che ama la festa e il vino, e che fa delle nostre tristi giornate una “piazza dei miracoli”, nella certezza che le nozze, con cui ci ha unito a Lui, non avranno mai più fine.

 

«Veniamo a Te, o Vergine Maria,
Scala del Paradiso!

A Te, che sei la Madre del Signore,
affidiamo le nostre ansie e le nostre preghiere!

Non distogliere il Tuo materno sguardo
da chi soffre, da chi non spera più,
da chi ogni giorno lotta per sopravvivere!

Aiutaci o dolce Maria!
A questo mondo così travagliato dona la pace!
Stendi la Tua mano potente perché cessi ogni forma di egoismo
e tacciano le armi!

Proteggi tutti i bambini del mondo
da ogni forma di violenza,
asciuga le lacrime di chi piange
a causa della cattiveria degli uomini!

Fa che rifiorisca la pace
in ogni angolo del mondo,
Tu, Vergine Benedetta,
ascolta la nostra umile preghiera. Amen!