«SOFFIO D’AMORE»

Omelia nella Santa Messa della Prima Visita Pastorale ad Avola
18-04-2023

Il dialogo di Gesù con Nicodèmo è tra i più belli e più profondi di tutta la Bibbia: troviamo in questa pagina la passione di Dio per l’umanità e la sete di ricerca dell’uomo desideroso di trovare la via della salvezza.

Quando c’è buio attorno a te e senti che qualcosa sta cambiando allora ti metti alla ricerca di Dio. Sai che non puoi fare a meno di Lui e della Sua luce e ti metti sulle Sue tracce. Di notte, non solo per paura del giudizio degli altri, ma perché cerchi la Luce.

Nicodèmo quando gli dice: «Maestro, nessuno può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui» (Gv 3,2), attesta che Gesù viene da Dio perché sono le opere a confermarlo. Ma Gesù va oltre: «se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3).

Vede la presenza di Dio nella propria vita, nella storia e nella Chiesa, solo chi rinasce dall’alto!

La conoscenza di Dio è un dono dato dall’alto; infatti, questo dono viene dato al credente mediante la fede in Cristo Gesù, Figlio di Dio.

Si diventa una sola cosa con Dio se si apre il cuore all’azione dello Spirito, alla sua forza, solo se si è capaci di invertire la rotta e vivere come Lui.

Essere risorti con Cristo significa cercare le «cose» di lassù, quindi se ci leghiamo alle cose terrene non siamo persone risorte: se non siamo disposti a rinunciare al maligno, non saremmo capaci di seguire Gesù. Lui e il mondo sono diametralmente opposti, come anche il loro fine, nell’uno c’è la piena insoddisfazione, mentre nell’Altro, la piena realizzazione umana e spirituale.

Allora, come avviene questa rinascita? Gesù dice: «se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito» (Gv 3,5-6).

Egli distingue nettamente lo spirito dalla carne: il primo viene da Dio, mentre il secondo dall’uomo!

Quando agiamo secondo lo Spirito, secondo la lettera ai Galati, i frutti sono sempre: «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé», mentre quelli della carne sono contrari: «fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere» (Gal 5, 16.19-25), per cui, non ci vuole poi molto a capire, se le nostre parole, pensieri ed azioni sono spinte dalla carne o dallo Spirito!

Il cristiano, secondo Gesù, è «come il vento» che non sa da dove viene o dove va, perché lui appartiene al Cielo e ha pienamente fiducia in Dio, e non in se stesso, quindi anche se il mondo cammina totalmente al contrario dello Spirito di Cristo, noi siamo chiamati a fare lo stesso.

Se, invece, tra di noi emergono i «frutti della carne», sappiamo già da subito che ciò non viene da Dio, ma di chi vuole la divisione, dal diavolo.

La Chiesa oggi attraversa un momento di crisi e forse anche di smarrimento. Il problema è la mancanza di fede e di fedeltà, di perseveranza e di resistenza nel rimanere in Gesù, nella sua Parola e nel suo Amore.

Figlioli carissimi, ognuno si chieda quanto tempo dedica ogni giorno alla preghiera, quanto tempo dedica alla meditazione della Parola di Dio… Il resto sono parole al vento! Oggi ci preoccupiamo di studiare nuove metodologie per annunciare il Vangelo, ma se noi non siamo Vangelo le strategie sono inutili! Oggi abbiamo tutti i mezzi e il Vangelo sine glossa, come lo viveva Francesco d’Assisi, rischia di morire perché abbiamo troppi commenti e niente Vangelo!

Il portare frutto dipende dal rapporto personale di ciascuno di noi con Gesù. La fecondità del tralcio dipende dall’unione intima con il Signore: «Chi rimane in me…». San Paolo così ammoniva i cristiani di Corinto: «Non è nulla né colui che pianta né colui che innaffia, ma è Dio che dà il crescere» (1Cor 3,7).

È un invito serio, che chiede fedeltà totale ed esclusiva alla Persona, alla Parola e all’Amore di Gesù: «Rimanete in me… se le mie parole rimangano in voi… rimanete nel mio amore». (Gv 15, 1.4.7). Diversamente si è tralci secchi e sterili, inutili – e a volte dannosi – a se stessi e agli altri.

E qual è il frutto che i tralci devono portare? Quali i comandamenti che i discepoli devono osservare per rimanere in Cristo, cioè per rispondere alla vocazione di essere santi nel Santo? L’amore fraterno. Null’altro!

«Amatevi gli uni gli altri» non è la condizione per portare frutti, ma è il frutto e in questo è glorificato il Padre: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati» (Gv 15,12); «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). L’amore fraterno rende credibili i discepoli di Gesù e testimonia il loro rimanere in Cristo, senza il quale non possono fare nulla né portare frutto.

È questa reciprocità di Amore fino a dare la vita a caratterizzare la comunità dei discepoli di Gesù. Questo Amore esige l’universalità e fonda la missione: «Io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). Non basta dunque il “vogliamoci bene”, occorre andare… fino a dare la vita.

Il frutto deve essere portato a tutti e condiviso con tutti. Solo così esso rimane, perché in questo frutto è Gesù stesso che agisce efficacemente nella società degli uomini e delle donne. Rimaniamo uniti a Cristo come i tralci nella vite, partecipiamo a tutti l’Amore con cui Cristo Gesù ha amato i discepoli e le folle: «Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Gv 3,16).

L’amore è frutto irradiante dello Spirito, è origine prima e sempre nuova di ogni vivere, di ogni uscire dalla morte. Amare è la vocazione principiale dell’essere umano, è pienezza di felicità. Non essere amati e non saper amare è infinita tristezza, incompiutezza dell’essere, morte… Per questo «chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3,14), cioè non nasce alla vita, perché l’amore è l’esperienza originaria e originante dell’esistenza.

Chiediamo al Signore di avere l’umiltà di Nicodemo, di ricercare l’unica vera Verità, che è nello Spirito Santo, ed eliminiamo da noi «l’uomo vecchio» con tutti i suoi frutti della carne, affinché possiamo testimoniare che Dio abita in noi, se viviamo i frutti dello Spirito di Cristo.