Oggi tutti i componenti del gruppo ci siamo ritrovati a Bingo di mattina per andare a visitare di nuovo la Fattoria Didattica Nino Baglieri. Di domenica non c’erano le 150 famiglie che lavorano nei campi, ma abbiamo potuto fare un giro degli allevamenti.
Rispetto agli inizi della Fattoria didattica – nei quali gli allevamenti riguardavano principalmente vacche da latte, capre, pecore, conigli e polli – negli ultimi anni il direttore don Robert Masinda ha dato vita ad una attività di piscicoltura. Il piccolo ruscello che attraversa la Fattoria Didattica è stato sbarrato in più parte per la realizzazione di quattro piccoli laghetti dove allevare i pesci d’acqua dolce tipici dei Grandi laghi, come il Tilapia e il Pesce gatto.
L’allevamento dei pesci ha cambiato notevolmente la fauna dei dintorni, richiamando animali predatori dei pesci come grossi serpenti e uccelli. Così capita spesso di avvistare qualche cobra e di vedere gru coronate e aironi che sorvolano lo specchio d’acqua a qualche metro di altezza. Inoltre don Robert ha fatto costruire a ridosso della sponda di un laghetto una porcilaia, come una palafitta in legno con il pavimento che si stende sullo specchio d’acqua. Praticamente, dato che i maiali non digeriscono completamente gli alimenti che mangiano, i loro escrementi diventano un ottimo alimento per i pesci, e basta dare un colpo di scopa per riversarli in acqua.
Tra le novità della Fattoria didattica abbiamo trovato in funzione l’impianto per l’imbottigliamento dell’acquache con don Robert avevamo comprato in Cina nel viaggio da noi compiuto nella primavera del 2014. L’impianto era rimasto fermo per ben sei anni alla dogana congolese perché richiedevano tasse enormi non dovute per lo sdoganamento, e solo dopo tanti tentativi si è arrivati finalmente a poterne disporre. È stata una gioia vedere l’acqua in bottiglie con l’etichetta che reca il nome e la foto di Nino Baglieri. L’acqua imbottigliata è certamente un lusso da queste parti, può richiederla e consumarla solo la fascia ricca della popolazione, ma per la Fattoria didattica rappresenta una fonte di reddito necessaria per consentire poi le attività di formazione all’agricoltura delle famiglie povere. Abbiamo poi visitato all’interno della Fattoria il mulino dei cereali dedicato al giovanissimo Vincenzo Spadaro, di cui qualche giorno fa abbiamo celebrato il sesto anniversario della morte avvenuta a causa di un incidente stradale.
Alla fine della visita alla fattoria ho invitato tutta la delegazione a prendere posto a sedere sotto la tettoia del deposito attrezzi per ascoltare da padre Robert il racconto del suo rapimento avvenuto proprio alla Fattoria didattica il 18 gennaio 2018. La sua è stata una bella testimonianza di fede. Rapito da sei uomini in tenuta militare insieme ad altri tre tecnici, fu portato nella foresta. I rapitori li vessavano impedendo loro assolutamente di dormire, minacciandoli di morte con il fucile puntato alla testa qualora avessero chiuso occhio. Tre giorni e tre notti terribili, all’aperto sotto la pioggia, sino a quando la diocesi di Butembo Beni non pagò il riscatto richiesto dai rapitori. Tre di essi, macchiatosi anche di un omicidio subito dopo il rapimento, furono poi identificati e portati in prigione.
Dopo la visita alla Fattoria didattica siamo poi andati a pranzo da Mauro, un italiano che si trova a Beni e lavora come amministratore di una birreria costruita una decina d’anni fa da un’impresa francese. Ci aveva invitato qualche giorno fa a pranzare nella birreria, ma oggi siamo andati a casa sua a Beni, una villa con un giardino da sogno. Mauro è di Ascoli, ma è nato in Belgio da genitori che erano emigrati lì per lavoro. Il papà lavorava nelle miniere di carbone di Marcinelle, passate alla cronaca per la tragedia dell’incendio che l’8 agosto 1956 causò la morte di 268 minatori, di cui 136 italiani. Mauro, grazie al Belgio, ha avuto un richiamo particolare per il Congo (ex colonia belga) e all’età di 27 anni, dopo che era tornato con la famiglia dal Belgio in Italia, lasciò il suo lavoro di contabile ad Ascoli e decise di partire per il Congo, dove lavora ormai da quarant’anni circa. La sua è una storia che meriterebbe un libro. Intanto ci ha fatto gustare ottimi piatti italiani, cominciando dai cannelloni ripieni.
Nel pomeriggio la strada di ritorno per Butembo. Al solito, una nuvola di polvere che alla fine del viaggio ci ha fatto ritrovare con addosso abiti tinti di rosso.
Don Salvatore Cerruto