La fede è sostanza delle cose che si sperano e fondamento di quelle che non si vedono

Come già abbiamo recentemente scritto, è ormai di consuetudine che ogni sabato, presso la Cattedrale, si riuniscono i sacerdoti del vicariato di Noto per celebrare la S. Messa sabatina.
Sabato scorso, 18 febbraio, vigilia della Solennità di San Corrado, il Vescovo, nella sua omelia ha esortato a vivere la propria fede in Dio in maniera autentica, liberandosi delle “cianfrusaglie religiose” che spesso ci portiamo dietro, per far sì che il Padre possa compiacersi della nostra umanità e dunque del nostro essere cristiani.
Qui di seguito il testo integrale dell’omelia.
 
Cari fratelli e sorelle,
riuniti nella celebrazione sabatina, ormai da anni mostrate la vostra fedeltà a questa esperienza di comunione e per questa via partecipate alla fedeltà stessa di Dio. Dove si vede, infatti, l’immutabilità di Dio? L’immutabilità di Dio si rivela proprio nella sua fedeltà: “chi è fedele non muta la sua decisione”. Abbiamo bisogno di reinterpretare i modi con cui parliamo di Dio. Possiamo farlo soltanto se guardiamo a Gesù. In Gesù notiamo i tratti belli del volto di Dio. Sulla croce egli mostra che Dio non muta la sua volontà di amarci: qui la sua immutabilità e la sua onnipotenza, perché “può tutto” nell’amore, anche morire per noi. Nemmeno se il Figlio dovesse essere crocifisso, a causa di questa morte, Dio non muterebbe la sua decisione di amarci e nel Cristo Crocifisso ci amerebbe di più. Anzi in lui, Crocifisso, dimostrerebbe che egli è amore dall’eterno, solo amore dall’eterno e sempre amore dall’eterno. Perciò tutto quello che con Elia e con Mosè è stato detto di Dio, adesso ha a che fare con Gesù.
Le capanne sono tre, Gesù trasfigurato incontra Mosè ed Elia, l’Antico Testamento, e dice loro: “Adesso, su Dio, ci penso io”. “Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente […] ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” (Mt 5, 38. 44). La fedeltà comunica l’amore, permette di incontrare Gesù e in Gesù notare come è fedele Dio: un Dio che finalmente in Gesù si mostra per quello che è. Ecco perché la fede non è tanto la fede in Dio. Non più, dopo che il Verbo è divenuto carne: la fede è la fede in Gesù. Credere in ciò che Dio dice di Gesù. E cosa dice Dio di Gesù? Lo abbiamo ascoltato: “questi è il figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3, 17b). Quest’uomo qui, questo Gesù di Nazareth, questa storia, questa volontà, questa emozione, questa intelligenza, questo pensiero, questo profumo (il profumo di Cristo). “Io credo in Gesù! In chi volete credere voi?”. Dio dice: “io credo nel mio Figlio, Verbo nella carne”.
La fede cristiana non è credere in Dio, piuttosto credere nell’umanità di Gesù, in quanto l’umanità di Gesù è “il tempo” e “il tutto” delle compiacenze di Dio. Perciò tu sai che se vuoi credere in Dio, devi credere in ciò di cui lui si compiace. Lui si compiace dell’umanità di Gesù!
Cari confratelli, spero non percepiate queste riflessioni che il Vescovo vi sta facendo in questa breve omelia, come astratte, dottrinali. Perché hanno delle conseguenze pratiche immediate. Abbiamo ascoltato dalla Lettera agli Ebrei che “la fede è sostanza delle cose che si sperano e argomento di quelle che non si vedono” (Eb 11,1). Certo se tu guardi Gesù di Nazareth e l’umanità di Gesù non vedi Dio: se fosse così semplice aprire gli occhi, vedere l’umanità di Gesù e vedere Dio, tutti avrebbero riconosciuto in Gesù Dio. Tuttavia la fede è prova delle cose che non si vedono e garanzia di quelle che si sperano. Perché? Le cose che non si vedono, non si vedono e basta, punto! Non possiamo dire “ah! Io con la fede le vedo!”. È inutile che organizziamo le religioni con i pullman avanti e indietro a “vedere”: l’invisibile non si vede! Dio è invisibile, per cui: Dio non si vede! Nessuno lo vede.
Eppure con la fede in Gesù “vedi l’Invisibile” e Lui è l’unico modo per vedere l’Invisibile, perciò la fede cristiana è fondata su Gesù e solo su Gesù e su quello che Gesù ha visto del Padre invisibile e ci ha comunicato con la sua vita. Ecco la fede, da distinguere con certa religione convenzionale che, invece, ragiona nel modo seguente, come fanno in tanti: “Dio non si vede, ma io l’ho visto o una mia amica ha avuto una visione o ho letto un testo che mi è piaciuto: da qui, adesso te lo spiego io”. E cominciano “tutte queste sette religiose” a pullulare, dentro una religione fai-da-te. E mica si può organizzare una religione così, perché uno si è sognato di notte qualcosa! perché ha avuto una illuminazione, una intuizione, ha interpretato un sogno. No!. Altri dicono: “Dio mi ha parlato e mi ha detto, etc…”. E che ti ha detto? Le cose che Dio doveva dire, le ha dette a tutti, la loro rivelazione in Gesù è pubblica. Tutte queste storie di “rivelazioni private” con le quali ci si mette a interpretare Dio, diversamente da quello che Gesù ci ha detto, sono cianfrusaglie religiose. Quello che Dio ha detto, lo ha detto in Gesù: questa è l’umanità in cui mi compiaccio! Se tu cominci a interpretare a modo tuo – per le tue “illuminazioni particolari” – “ciò che non si vede”, allora eserciti un potere sulle coscienze che è terribile. Invece qui ti viene detto che la fede è la sostanza di ciò che si spera e non si vede (e perciò si spera). E, quindi, la fede (l’incontro con Gesù) non ha bisogno di altre visioni per interpretare l’invisibile, perché Gesù Cristo, che è nel seno del Padre, lo ha interpretato pubblicamente “una volta per tutte”. Lui, che ha visto il Padre ed è in continua comunione con il Padre, ti dice che la fede è fondamento delle cose che non vedi e sostanza di quelle che speri. Dunque, quando tu speri, spera tutto quello che vuoi, ma devi “sperare nel fondamento”, quindi nell’incontro con Gesù. Diversamente, speri tutte le stupidaggini di questo mondo, come “il paradiso con trentotto vergini”. Frustrato magari, uno che in terra non ne ha potuto toccare nemmeno una di donne, subito si pensa che in paradiso ci siano tutte queste vergini a sua disposizione… ma siamo matti? È come uno che ami il gelato e, a causa del fatto che il medico glielo abbia vietato in tutta la sua vita, si immagina che il paradiso sia una immensa gelateria. Tu puoi disperatamente sperare quel che vuoi, ma solo la fede è fondamento della speranza. E la fede è l’incontro con Gesù, ed è Lui che ti dice quel che devi sperare. Devi sperare che di te nulla si perda, perché il Dio che ti ha creato a sua immagine e somiglianza ti accoglierà e ti dirà: “vieni, benedetto del Padre tuo, ricevi in eredità il regno preparato per te fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi hai dato da mangiare” (Cfr. Mt 25, 34-35). Sei stato cristiano, hai seguito il fondamento della speranza, la sostanza di ciò che non si vede, e l’umanità di Gesù nella sua pro-esistenza. Lui è tutto per il Padre, perciò è tutto donato per gli uomini. Nel messaggio che vi ho mandato stamattina, “occidentali’s karma 7”, concludo con una bella espressione di Papa Francesco, il quale dice: “il credente deve conoscere tre lingue: la lingua della mente (noi non siamo solo cervello, ma soprattutto mente), la lingua del cuore e la lingua delle mani (non per dare scappellotti, ma per donare, per offrire, per fare la carità). Se tu intendi parlare – di queste tre lingue – soltanto la lingua della mente, allora diventi un intellettuale organico. Ti piace parlare, predicare, organizzare il rapporto tra predicazione e musica, etc… è un modo bellissimo, ma se non ti dai da fare, se non ti rimbocchi le maniche e ti dai da fare, “se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità…” (1 Cor 13, 1). Potresti essere un genio del cristianesimo e scrivere volumi di teologia, ma non servirebbe, senza la carità. “Questa è l’umanità in cui io mi compiaccio” (Cfr. Mt 3, 17b).
Carissimi, siamo credenti, cristiani. Non più cattolici convenzionali, basta! I cattolici convenzionali vanno in chiesa, pregano, ma a Gesù non lo ascoltano. Se un cattolico convenzionale non segue Gesù, non è cristiano, anche se è vestito con la mitria, il pastorale e l’anello. Appartiene all’apparato, alla struttura, è un Vescovo. Anche se predica in una Chiesa cattedrale e illumina, con il suo sapere, il popolo di Dio, se non ha la carità non è cristiano. Il cattolicesimo cristiano non è “sola fides” (già che siano nell’anniversario della Riforma luterana), ma è fides quae caritatem operatur, la fede che opera attraverso la carità.