Lettera del Vescovo a Gesù Bambino, pensando al cammino sinodale

In questa III domenica di Avvento, 12 dicembre 2021, memoria di Nostra Signora di Guadalupe, il vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, consegna alla comunità diocesana una “Lettera a Gesù bambino, pensando al cammino sinodale della nostra Chiesa netina”.

Si tratta della prima di tre lettere che saranno indirizzate nei prossimi giorni natalizi; la prossima sarà dedicata ai nostri ragazzi e giovani, il 23 dicembre 2021 e infine una terza, pensando agli intellettuali credenti e non credenti, il 1 gennaio 2022, dal titolo “L’amor che muove il sole e le altre stelle. Proslogion sull’analogia scientiae”.

Pubblichiamo di seguito il testo della prima Lettera a Gesù Bambino (scaricabile in allegato PDF):

Lettera a Gesù Bambino, pensando al cammino sinodale

Un Dio sorprendente… ci mette in cammino insieme

Caro Gesù Bambino,

per poco non potevo scriverti a motivo delle disposizioni della Commissione europea che volevano annullare il senso proprio del Natale. Poi ci hanno ripensato e … non incorrerò in sanzioni. Ti scrivo perché il 25 dicembre festeggiamo il tuo Natale. Ogni anno abbiamo un desiderio: non dimenticare che sei tu il festeggiato! Poi accade che ce ne dimentichiamo tutti. Presi da tanta superficialità, riduciamo la festa nelle misure consumistiche e alienanti dell’ipermercato. Volgerci a Te impegna a fermarsi e ci rende più attenti al cuore della festa, alla tua presenza in mezzo a noi, all’essere Tu un Dio sorprendente …  il Dio-con-noi! Non è ovvio che l’Onnipotenza si manifesti nella debolezza. “Insieme” allora volgiamo con stupore a te il nostro sguardo, insieme come Chiesa di Noto che ha avviato il suo cammino sinodale e che si apre a tutte le donne e gli uomini delle varie età e condizioni sociali, abitanti in questo territorio. E nel cuore ospitiamo l’eco del cammino di tanti amici, a partire dalle sorelle e dai fratelli della cara diocesi gemella di Butembo Beni e da quanti abbiamo conosciuto attraverso altri cammini di fraternità: Piacenza, con cui siamo accomunati da San Corrado; Paganica, frazione de L’Aquila, con un’amicizia nata dal terremoto e trasformatasi nella reciprocità di uno scambio pastorale. E poi ci sono i legami avviati, tramite la nostra Caritas, con la Tunisia e il Libano.

Scrivendoti, caro Gesù Bambino, mi è accaduto spontaneo pensare a questa coralità. Perché a te non si viene da soli. Si viene “insieme”. Il primo annuncio del Natale è stato al plurale. Nella forma dell’invito e non del comando. Si viene a Te, non perché ci viene comunicato qualcosa di eclatante, ma perché qualcosa ci attrae. Per capirlo ci aiutano i mistici, che ci chiedono di cercare Dio incontrandolo in un volto. Ed eccoci ancora una volta pieni di commozione davanti a Te, volto amabile del Padre. L’Altissimo in Te si è fatto piccolo, si è fatto bambino! Per metterti così “sotto” a sostenere, e non “sopra” a comandare. Aiutati dallo sguardo di una mistica martire, Edith Stein, cogliamo una verità profonda: «Non poteva non risorgere un Dio che si è fatto bambino». Eh sì perché ogni immagine di Dio potente annienta, ma anche svanisce nella maturità che l’umanità ha raggiunto con la modernità. Molti hanno abbandonato la fede perché non potevano sopportare un Dio che fa violenza. Altri, senza arroganza intellettuale, hanno compreso che è, a loro giudizio, una “cretinata mitologica”. Un Dio che si annienta, invece, resta sorprendente, resta motivo di novità radicale. Ci impegni, caro Gesù Bambino, ad andare oltre ogni ovvietà e a scoprire come stanno le cose, se guardate diversamente, se guardate dal basso: non un possesso, ma un dono che suscita meraviglia e accresce vita. Vita e relazione! Tu sei un Dio, osserva Pascal, che ti relazioni a noi quasi giocando a nascondino visto che, man mano che si accresce la rivelazione, ti fai sempre più piccolo: da Creatore ti fai uomo, un uomo come tanti, quindi uomo crocifisso e poi un Crocifisso Risorto che resta presente … in un pezzo di pane. Ecco, caro Gesù Bambino, come continui a sorprenderci e a farci rinascere,

a portarci con Te nel mistero di Dio, che è anche mistero dell’uomo. La vita – incamminandoci verso Betlemme e pensando al tuo farti piccolo – perde i tratti della tensione al potere e diventa un seme che fiorisce. E la sua forza non è, allora, quella del possesso, ma del dono! Ecco cosa ci attrae in Te, Dio che si fa bambino. Ecco perché continuiamo a venire a te, o Gesù, e il cuore si commuove e riceve una pace diversa dalla quiete.

E sì, perché non ti troviamo in una culla qualsiasi, ti troviamo nella mangiatoia, sul legno della mangiatoia. Cosa significa? Che Tu sei Amore, solo Amore, in tutte le tappe della tua vita: «Amore – diceva don Mazzolari – che si rivela a Natale e si compie a Pasqua». Nel legno della mangiatoia, infatti, si intravede già il legno della croce! A Betlemme come sul Golgota, e oggi sull’altare, Tu, sei un Dio che si mette nelle nostre mani e sei accolto da chi si lascia coinvolgere in un sì all’Amore. Non veniamo da soli, avendo insieme a molti ricevuto l’invito, e non ti troviamo solo! A Natale troviamo accanto a te anzitutto Maria. Da lei impariamo ad essere persone e Chiesa che meditano, che raccolgono e compongono nel cuore i fatti, quelli che oggi chiamiamo i “segni dei tempi”. Nel nostro cammino sinodale vogliamo ascoltare ogni voce e ogni persona con cui Tu, Dio che si fa uno di noi, ci parli. Ascoltare ogni voce e comporle tutte nel cuore. Essere, per questo, Chiesa dell’ascolto! E poi c’è Giuseppe, con il suo cuore di padre, con il suo compito di custode che oggi si rinnova in tanti che silenziosamente “proteggono”: penso anzitutto a tutti i genitori e a tutti coloro che con il loro lavoro rendono un servizio alla comunità. In questo tempo di emergenza sanitaria penso in modo particolare a medici, infermieri, operatori sanitari, forze dell’ordine, donne e uomini della protezione civile, uomini delle istituzioni. Dona a tutti, come a Giuseppe, luce e forza per poter custodire persone e beni comuni. E certo, insieme, Giuseppe e Maria ci dicono come sia importante anche per Te, Gesù, la famiglia, che ha al centro – come ci aiuta a capire l’esortazione apostolica di papa Francesco – la letizia dell’amore (Amoris laetitia). Con la pastorale familiare la stiamo riprendendo e approfondendo nel cammino verso la giornata mondiale delle famiglie. A Natale rinnoviamo la gratitudine, caro Gesù Bambino, per la tua famiglia e per tutte le famiglie. A cui chiediamo, nel cammino sinodale, di darci quel senso di casa, grazie a cui l’amore genera rapporti veri, affettuosi, e siamo aiutati così a maturare decisioni sagge. Come famiglia da Te radunata e inviata vorremmo, con il cammino sinodale, in un clima di affettuoso discernimento, meglio comprendere e soprattutto vivere il Vangelo, e così consegnarlo alle nuove generazioni con la nostra testimonianza. Generandoti anche noi, come Maria, attraverso una vita personale ed ecclesiale credente e credibile.

Hai scelto come primi invitati gli ultimi, i pastori di ieri, che diventano i poveri di oggi. Anzitutto penso ai migranti! Sono vive le immagini dei campi profughi visitati da Papa Francesco nella recente visita a Cipro e in Grecia, sono vive le immagini degli sbarchi sulle nostre coste o del freddo e la fame che tanti migranti patiscono sui confini orientali di un’Europa priva di anima. Poi ci sono i tanti disoccupati o occupati in nero, che la pandemia ha accresciuto e, tra loro, tanti giovani che vanno lontano per trovare un lavoro. Ci sono le donne che subiscono violenza, i bambini e gli anziani che restano marginali nella nostra società. Stentiamo a capirlo, ma con questo privilegio dei poveri non ci stai chiedendo un semplice aiuto, ci stai chiedendo di aprirci al cuore della tua (sorprendente) rivelazione, Tu il povero per eccellenza! Come scrive papa Francesco «I poveri e i semplici nel presepe ricordano che Dio si fa uomo per quelli che più sentono il bisogno del suo amore e chiedono la sua vicinanza. Gesù, “mite e umile di cuore” (Mt 11,29), è nato povero, ha condotto una vita semplice per insegnarci a cogliere l’essenziale e vivere di esso. Dal presepe emerge chiaro il messaggio che non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità. Il palazzo di Erode è sullo sfondo, chiuso, sordo all’annuncio di gioia. Nascendo nel presepe, Dio stesso inizia l’unica vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza. Dal presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato» (Francesco, Admirabile signum, 6).  Ecco allora che nel nostro cammino sinodale non potrà mancare la voce dei poveri, che sapranno ben esprimere le nostre opere caritative e i nostri cantieri educativi, perché sono stati generati dall’apertura della nostra Chiesa alla tua visita nel povero e non da nostri progetti. Come pure ci aiuteranno i poveri che bussano alle porte delle nostre parrocchie e comunità religiose e che vogliamo accogliere come nostri familiari, abbracciandoli come fece Francesco con il lebbroso.

La tua stella continua ad essere vista da lontano e attira, ieri i Magi, oggi tanti che sono in ricerca, altri che sono critici verso la Chiesa ma hanno ammirazione per Te. «I Magi – scrive papa Francesco – insegnano che si può partire da molto lontano per raggiungere Cristo. Sono uomini ricchi, stranieri sapienti, assetati d’infinito, che partono per un lungo e pericoloso viaggio che li porta fino a Betlemme (cfr Mt 2,1-12). Davanti al Re Bambino li pervade una gioia grande. Non si lasciano scandalizzare dalla povertà dell’ambiente; non esitano a mettersi in ginocchio e ad adorarlo. Davanti a Lui comprendono che Dio, come regola con sovrana sapienza il corso degli astri, così guida il corso della storia, abbassando i potenti ed esaltando gli umili. E certamente, tornati nel loro Paese, avranno raccontato questo incontro sorprendente con il Messia, inaugurando il viaggio del Vangelo tra le genti». (Francesco, Admirabile signum, 9). Intravediamo i magi di oggi nei tratti di desiderio di Dio che si possono cogliere in tante espressioni artistiche e musicali, che esploriamo con una teologia attenta al respiro del popolo che cerca una luce, una teologia che così “rischia” per farsi più vicina: una Pop Theology l’ho definita. Una via che aiuta a ritrovare tanti semi del Verbo nei terreni della vita, insieme a tutti.

Caro Gesù Bambino, mi ha fatto bene scrivere a Te. Spero che Tu ci aiuti a vivere il cammino sinodale rinnovando quella felice intuizione del nostro Sinodo diocesano, voluto dal carissimo Mons. Salvatore Nicolosi: riscoprirti lungo le nostre strade!

Ecco diventa questo l’augurio per il nostro Natale in tempo sinodale: poterti riscoprire vicino nelle strade della nostra vita con occhi sempre nuovi, poter aiutare tutti a scorgerti e conoscerti come il Dio-con-noi e così, anche in tempi difficili, poter sperimentare quella pace e quella gioia propria dei fratelli che si vogliono bene, nel respiro dell’unica grande famiglia umana, sempre e tutta da Te amata.

Ti voglio bene, caro Gesù bambino, tutti ti vogliono bene, i bambini e le bambine nostre, così anche i ragazzi e le ragazze, tutti, giovani e adulti. Chi potrebbe negare di volerti bene, nella più profonda commozione del cuore. Aiutati a volerti bene come tu ci vuoi bene, per aver saputo obbedire all’unico comandamento dell’amore da te lasciato in questo mondo: “Amatevi gli altri come io ho amato voi”. Perché avvenga la pace su tutta la terra e tutti gli esseri umani siano rispettati -secondo giustizia- per la loro dignità umana, fratelli tutti, tutti figli di Dio.

Adoro te devote

+ Antonio