Ma chi è davvero il cristiano? Chi vive e agisce da cristiano

Un’analisi del vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò (pubblicata su Avvenire di ieri, 31 maggio 2019) su fede, impegno cristiano, cattolicesimo convenzionale.
 
Se andassimo a scuola di teologia fondamentale e dogmatica dal cardinale  Gerhard Müller – già prefetto della Congregazione della Dottrina della fede – verremmo a sapere che la fede cristiana è un dono ricevuto nella Chiesa cattolica quando siamo stati battezzati e, crescendo, abbiamo ricevuto il sacramento della confermazione. 
Chi sono i cristiani? Tutti i battezzati (certo, anche quelli che per tanti motivi non sono stati “crismati”). Il cristiano è un «abitato dallo Spirito santo» grazie al battesimo. Nessuno può allora dire a un battezzato: «Non sei cristiano». Questa è una sacrosanta verità, ma non è tutta la verità. Infatti, approfondendo, sempre il cardinale ci spiegherebbe che l’essere cristiano è un dono (Gabe) ricevuto attraverso il battesimo che istituisce immediatamente un compito (Aufgabe) importante, cioè quello di seguire Gesù sulle vie che il Maestro di Nazareth indica: anzi, Lui stesso è la Via percorrendo la quale si può vivere la Vita in Verità e così salvarsi dalla barbarie umana del cuore insensibile, freddo, escludente, guerrafondaio, rissoso, mercificante, narcisista, egocentrico, prepotente e così via.
Dall’essere cristiano nasce allora il cristianesimo come compito di vita per tutti coloro che lo possono praticare, perché hanno il “potere” di seguire l’insegnamento di Gesù e di dare testimonianza alla Sua verità, inscritta nell’unico comandamento lasciatoci: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi».
E seguire il compito, per un cristiano, è abitare il “come” Gesù ci ha amati. Non è l’amore generico, o anche un “amore come vuoi tu”, il comandamento di Gesù. È piuttosto l’amore sconfinato (certo paradossale in moltissimi tratti), ma possibile, mostrato da Gesù con la sua pro–esistenza per tutti, in particolare per i poveri o quelli che «vivono nel rovescio della storia» e non hanno nessuna centralità, sono scartati, emarginati, esclusi. Il “come” dell’amore di Gesù è, letteralmente, dedizione totale all’altro, manifesta gli occhi pieni di compassione per il dolore immane di altri e per ogni sofferenza, fosse anche quella del nemico. Perciò, se la fede è un dono ( Gabe) che stabilisce un compito ( Aufgabe), il cardinale Müller annoterebbe anche che non c’è altra via per un cristiano di eseguirlo se non la dedizione (Hingabe).
 
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