Messa Crismale 2021: l’omelia del Vescovo Antonio

Un popolo tutto sacerdotale per “regnare” servendo tutti i fratelli, e camminando insieme lungo le nostre strade, con Gesù Cristo

Carissimi, sorelle e fratelli tutti,

Gesù Cristo ha fatto di noi un regno

e ci ha costituiti sacerdoti per il suo Dio e Padre (Ap 1,6).

Questo versetto dell’Apocalisse, ascoltato nella seconda lettura di questa solenne liturgia, in cui si manifesta la pienezza della Chiesa diocesana, risplendente di ministeri e carismi attorno al Vescovo, ci aiuta a comprendere la chiamata del Signore in questo tempo di pandemia e lascia intravedere orizzonti nuovi nella misura in cui sapremo leggere “i segni dei tempi”: ci lascia intravedere la chiamata a portare a tutti anche, anzi soprattutto, in questo tempo di prova, la salvezza che Cristo ci ha donato con la sua Pasqua!

Come? Per quali vie? Che fare perché il cristianesimo diventi sempre più e sempre meglio “stile di vita traboccante” e un “modo di abitare il mondo con il gusto del Risorto”?

1.“Riscoprire Gesù lungo le nostre strade”:  lo suggeriva già, 25 anni fa, il nostro secondo Sinodo diocesano

Anzitutto dobbiamo guardare a Gesù, “autore e perfezionatore della nostra fede”, secondo la Lettera agli Ebrei che stiamo meditando in questo periodo quaresimale! Dobbiamo, prima di ogni nostro operare, lasciare agire Gesù, l’inviato “dallo Spirito a portare il lieto annuncio ai poveri e a proclamare grazia e liberazione”. Cristo, oggi e sempre,resta la Verità fatta carne, il centro sorgivo di ogni nostro adunarci, vivere, incamminarci, decidersi, perché solo in Lui c’è salvezza e solo uniti a lui, diventiamo – come abbiamo pregato nella colletta – “testimoni nel mondo della sua opera”. Venticinque anni fa, proprio durante la messa crismale (alcuni giorni dopo il rovinoso crollo di parte della chiesa cattedrale), si concludeva il secondo Sinodo della nostra diocesi, voluto dall’amatissimo Mons. Salvatore Nicolosi per riscoprire Gesù lungo le nostre strade. Non lo vogliamo celebrare esteriormente o ricordare con nostalgia, ma intimamente: e in modo sempre nuovo e attuale vogliamo ringraziare lo Spirito, che ci ha ricondotto e sempre ci riconduce a Cristo, per ritrovare in Lui la sorgente di un cristianesimo vivo, oltre ogni forma di cattolicesimo convenzionale. E questo accade – è al centro del messaggio del Sinodo! – nella misura in cui ci concentriamo sulle cose essenziali dalle fede: l’ascolto della Parola, la celebrazione dell’eucaristia, la comunione fraterna, l’affetto verso i poveri e i piccoli. Come si legge nella seconda decisione sinodale:

I cristiani tutti delle nostre comunità debbono sempre di nuovo imparare a scorgere, con occhi semplici (cf. Mt 6,22), Gesù nostro Signore e Maestro che cammina lungo le nostre strade. Egli infatti si rivolge ancora a noi nei poveri che hanno bisogno del nostro affetto e del nostro aiuto (Mt 25,31-46); le Scritture sacre ci parlano di lui e del Regno del Padre suo (cf. Lc 24,27); lo Spirito Santo, che Egli ha mandato a noi dopo la sua resurrezione dai morti, ci permette di penetrare il senso delle sue parole e della sua vita (cf. Gv 14,26; 16,7-15); lo stesso Spirito, nella celebrazione eucaristica, ci rende capaci di fare memoria della morte e resurrezione di Cristo e fa una sola cosa dei credenti che si nutrono del suo corpo e partecipano al calice del suo sangue. Se lo abbiamo visto, siamo suoi inviati (cf. Cor 9.1). Infatti se, grazie allo Spirito, abbiamo conosciuto la “gloria di Dio che rifulge sul volto di Cristo (2 Cor 4-6), possiamo comunicare agli altri ciò che abbiamo contemplato”.

 

2.Passare dall’io al noi:  una sinodalità dall’alto e dal basso  insieme a tutte le Chiese che sono in Italia

Se ci lasciamo “fare” da Cristo, se ci lasciamo costituire da Cristo, diventiamo insieme il suo Corpo: non più individui slegati, ma un “noi”! Come abbiamo ascoltato nell’Apocalisse: “Ha fatto di noi!”. In fondo è questa la sostanza della sinodalità: la nostra unione con Cristo, il lasciarci “costituire” da Cristo che ci rende capaci di “camminare insieme”. Ecco perché papa Francesco ha chiesto a tutte le Chiese che sono in Italia una sinodalità dall’alto e dal basso: ovvero una sinodalità che si nutra di fede viva e che coinvolga tutti i livelli della Chiesa a iniziare dalle parrocchie, che già la possono vivere nella misura in cui diventano – con convergenza di cuore – comunità di parrocchie, e comunque capaci di camminare insieme nell’unica Chiesa locale. Noi possiamo partecipare con la memoria del Sinodo, che io da tempo propongo di attualizzare con un “sinodo minore”, per raccordare quanto resta vivo con l’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, e così generare una rinnovata comunione missionaria.

Si tratta di uscire, come dice il Papa, da una certa pigrizia pastorale, di non ripiegarsi sul “si è sempre fratto così”, di cogliere la sfida di questa pandemia e di tanti cambiamenti che non ci permettono di proseguire in una pastorale ripetitiva. Occorrono empatia, slancio, coraggio, creatività!

La sinodalità rimanda, inoltre, all’immagine conciliare della Chiesa “popolo di Dio in cammino”: ovvero una Chiesa che si muove insieme e fa proprie “le gioie e le speranze, i dolori e le angosce dei fratelli”.

 Dalla “Lumen gentium” – ha spiegato il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della CEI – emergono spunti di grande attualità. Le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente. La domenica, giorno del Signore, della Chiesa e dell’uomo, sta alla sorgente, al cuore e al vertice della vita parrocchiale. Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle persone, soprattutto degli adulti. C’è bisogno di parrocchie che siano case aperte a tutti, si prendano cura dei poveri, collaborino con altri soggetti sociali e con le istituzioni. [La sinodalità] non è solo fraternità, ma anche sinergia, organicità e, soprattutto, corresponsabilità; non è solo comunione interiore, ma anche esteriore. Questo è il “carisma della sintesi”, del camminare insieme, del synodòs appunto. Solo così tutto l’insieme funziona bene per l’edificazione della comunità».

3.Regnare è servire! L’anno della famiglia e di San Giuseppe

Gesù non solo ci costituisce insieme popolo di Dio in cammino sinodale, ma ci dona una particolare regalità, che riguarda tutti i battezzati: la regalità del servizio! Come abbiamo ascoltato nel brano dell’Apocalisse, “Gesù ha fatto di noi un regno”! Chiamati con Lui e come Lui, a “portare il lieto annuncio ai poveri”. Si tratta della regalità del servizio, che in quest’anno dedicato a San Giuseppe e alla famiglia, nel quinto anniversario di Amoris laetitia, si precisa come regalità della cura e delle relazioni, a iniziare da quelle familiari che sono alla base del vivere insieme.

Una meditazione integrale di “Amoris Laetitia” – vi ho scritto nel mio recente Messaggio per la ricorrenza Dio Agape è dall’eterno Famiglia – mostrerà come il ‘vangelo della famiglia’ sia la buona notizia che salva da ogni frattura, rigenera da ogni lacerazione, orienta a un futuro di felicità uomini e donne, bambini e ragazzi, giovani e anziani, tutti uniti dal vincolo dell’amore cristiano, ‘sacramento’ dell’amore che è Dio dall’eterno, perché ‘Dio è amore’ (1 Gv 4,68), dall’eterno Famiglia. […] Le relazioni marito/moglie o genitori/figli ci pongono ed educano a queste dinamiche di attenzione all’altro. Sono dinamiche che alimentano la fraternità, nel rispetto dell’altro, con senso di responsabilità, nella gratuità e con coraggio. […] Il fratello ha valore intrinseco: il bene che compio nell’altro e la gratuità con cui lo compio, realizza me stesso mettendoci la faccia, pagando di persona.

 Occorre comprendere la realtà profonda della famiglia, oltre il punto di vista morale, pedagogico o sociale. Qual è questa realtà? La vita coniugale e familiare è radicata in Dio Padre che è Amore: la sorgente eterna, la gratuità pura. E questo la famiglia interessa la pastorale in modo trasversale.

 E se la famiglia ha le caratteristiche per attuare questa trasversalità – cito sempre dal mio messaggio per i cinque anni di “Amoris laetitia” -, dall’altra parte suggerisce un metodo relativamente nuovo, che è quello del progetto iniziale di Dio: il Principio Famiglia. Mette al centro l’uomo e la sua capacità di amare, che è sponsale e, dunque, famiglia. La sponsalità ha questa carica di azione e di metodo. Riconoscere il principio famiglia come centro unificatore della pastorale è possibile, perché la famiglia è coinvolta in ogni ambito sociale ed ecclesiale.

4.Uniti per unire! Il ministero dei sacerdoti e la sinfonia dei carismi perché l’umanità riscopra la bellezza di essere “fratelli tutti”

La regalità, che la famiglia esprime in modo tutto particolare, diventa la base per il sacerdozio comune dei fedeli che attinge ai sacramenti per i quali, in questa solenne liturgia, saranno benedetti gli olii. Se è importante il comune sacerdozio di cui parla ancora l’Apocalisse, l’attenzione oggi, in questa liturgia, è rivolta in modo particolare al sacerdozio ministeriale. Rinnoviamo, infatti, quelle promesse che ci fanno essere “con tutti cristiani, per tutti presbiteri”. E lo scorso 19 marzo, solennità di San Giuseppe e anniversario della mia ordinazione episcopale, la nostra Chiesa si è rallegrata per la consacrazione dei carissimi don Marco Rabito e don Daniele Nocca. Un ministero, anche quello dei presbiteri, nella forma del “noi”: non singoli presbiteri, ma unico presbiterio presieduto dal Vescovo, per custodire l’armonia di tutti i ministeri e carismi e aiutare l’umanità a comprendere la chiamata all’unità del genere umano e alla fraternità, che papa Francesco ha rinnovato con l’enciclica “Fratelli tutti”.

Abbiamo iniziato per questo le assemblee dei presbiteri, pur condizionati da questo tempo complesso che rallenta incontri e richiede particolare attenzione alla protezione della salute di tutti. Mi sembra interessante che al centro ci siano stati e ci saranno, non “questioni di categoria”, ma la comunione e la missione. Oggi, potremmo dire, questa messa crismale imprime un sigillo particolare al cammino e dona nuovo slancio per continuarlo, sempre più fissando lo sguardo su Gesù e sul popolo di Dio affidato alle nostre cure. Per questo, pregando il prefazio, accresceremo la consapevolezza del delicato servizio a cui siamo chiamati quanti siamo stati scelti “con affetto di predilezione”:

Tu proponi come loro modello il Cristo, perché, donando la vita per te e per i fratelli, si sforzino di conformarsi all’immagine del tuo Figlio, e rendano testimonianza di fedeltà e di amore generoso.

 Ecco il segreto della comunione e del servizio generoso dei presbiteri, ma anche dei diaconi, dei religiosi e delle religiose che saluto con affetto. Una parola particolare la rivolgo ai seminaristi, in vista della giornata del Seminario che, per antica tradizione, si celebra nel giorno di Pasqua: siate grati della chiamata, guardate ai modelli positivi, vivete con responsabilità questo tempo di discernimento! A tutta la comunità diocesana chiedo il sostegno della preghiera e della condivisione, anche economica.

Cosa lega tutti questi passaggi? Pensando al vero volto del nostro Dio, che è Amore e solo Amore, e al cammino della Chiesa in questo tempo, trovo una sola parola: l’amore! L’amore modellato su Gesù e i suoi testimoni; l’amore che per sua natura predilige i più deboli, e tra loro come non pensare ai migranti, a tante vite in mare da salvare, in sintonia con Gesù mandato dallo Spirito a “liberare i prigionieri”? Concludo facendo mie, in quest’invito a cogliere nell’amore il cuore della nostra chiamata, le parole di Mons. Nicolosi nella “Lettera del Vescovo a conclusione del Sinodo”:

Ogni gesto della fede è misurato dalla carità, che non può non iniziare da quanti sono più bisognosi del nostro affetto. Per questo [la buona novella annunciata ai poveri] deve costituire ancora il cuore pulsante della nostra testimonianza lungo le strade. Solo così raggiungeremo “la conoscenza della gloria divina che rifulse sul volto di Cristo ricoperto degli sputi del disprezzo e ferito dalla violenza degli uomini” (2 Cor 4,2). È la gloria che rifulse soprattutto sul volto di Cristo ricoperto dagli sputi del disprezzo e ferito dalla violenza degli uomini. È questo il volto che noi ancora oggi siamo chiamati a scoprire e baciare con gli stessi sentimenti con cui Francesco baciò il lebbroso.

Per concludere: Sinodalità sincronica e diacronica

Siamo chiamati a continuare creativamente il cammino della nostra amata Chiesa locale. La sinodalità non è solo “sincronica” – riguardando noi, ora e qui (hic et nunc), le nostre comunità di parrocchie e le nostre sinergie pastorali. La sinodalità è anche, assolutamente, “diacronica”: è cammino insieme ad altri che hanno già camminato insieme. Sia quelli che ora ci guardano con gioia e con amore dall’alto dei cieli, esultando nel Paradiso della nostra identità e della nostra pace (e desidero ricordare tutti i presbiteri che in questo anno ci hanno lasciato). Sia quelli che ancora vivono e soffrono per noi e con noi, come S.E. Mons. Malandrino, amato predecessore, che ho incontrato l’altro ieri (e desidero ricordare tutti i presbiteri e i fratelli ammalati).

Mons. Malandrino sta recuperando bene. Non è ancora in grado di camminare, ma è mentalmente lucido e già si esprime con una voce sommessa. L’incontro che abbiamo avuto ad Acisantantonio mi ha davvero commosso. Nei suoi occhi ho potuto constatare quanto il nostro vescovo ami la sua Chiesa e preghi perché il cristianesimo sia vivo e salvifico per le nostre famiglie e, in particolare, per i giovani. Insieme abbiamo riflettuto sulla necessità di trovare nuovi linguaggi per “incontrare i giovani”, anzi per far incontrare i giovani con Gesù, unico salvatore del mondo giovanile.

Ci aiuti Maria, Scala del Paradiso, a crescere tutti nell’amore per far risplendere la bellezza del Vangelo! Ci aiuti San Giuseppe, chiamato nei ‘sogni’ a cogliere la volontà di Dio, obbediente per amore! Ci aiuti San Corrado Confalonieri a cercare e trovare “nuovi canti” con i quali rendere al Signore il sacrifico di soave odore, da Lui stesso richiesto.

Avanziamo nel progetto di scrivere “nuove preghiere salmiche” che ci aiutino a pregare nel nome di Gesù e secondo il Vangelo, rivelazione inequivoco del volto santo di Dio solo e sempre amore, che non si adira e non si vendica, che non manda dolore agli esseri umani e non vuole la loro morte, né tanto meno violenza, ma solo perdono, misericordia e la giustizia dell’amore.

Così allora preghiamo, facendo diventare preghiera proprio questo bisogno di pregare in modo nuovo – all’insegna del paradigma del Padre nostro, unica e singolare preghiera insegnataci da Gesù stesso.

Salmo c15

Salmi nuovi per lodare Agape 

«Cantate al Signore un canto nuovo […] Acclami al Signore tutta la terra,
gridate, esultate con canti di gioia. Cantate inni al Signore con l’arpa,
con l’arpa e con suono melodioso» (Salmo 97)

I.

Scrivete per Agape salmi nuovi

cercate con intelligenza le parole giuste

per lodare questo nome, giorno e notte

invocate dallo Spirito il dono di sapienza

e vi sarà dato intelletto, fortezza e scienza.

 

Esultate dunque, con questi canti nuovi

trabocchi nei cuori la gioia in abbondanza

come custoditi nel grembo della madre

sicuri e sereni nell’abbraccio del Padre.

 

Salmodiate quali figli benedetti in Gesù

Figlio eterno di Dio, Dio lui stesso

nostro fratello e compagno in umanità

se fermamente in Lui crediamo adesso

la nostra vita è stabilita nella piena verità.

 

Cantate perciò salmi nuovi al bel Pastore

dona la sua vita, della morte è Signore

infinitamente grande è l’amore sulla Croce

per tutti riempie di senso l’umano soffrire

come Abele grida dal profondo della terra

per chi non ha mai avuto alcuna voce.

II.

In modo muovo, nel giubilo, ora salmodiate

perché è nuovo il volto di Dio che amate

Agape è solo amore, è sempre amore

-non c’è ira in Lui, non c’è vendetta

o odio o gelosia, piuttosto misericordia e grazia-

gioia che ogni paura porta via.

 

Dite bene del vostro Dio e non parlate invano,

i pensieri di Agape sono imperscrutabili agli umani

Dio è buono, solo Lui lo è

in sé stesso e oltre e dappertutto e cerca proprio me.

 

Con inni nuovi è giunto il tempo di pregare

elevando nuovi cantici, in Gesù, al Padre

da ogni male Egli tutti vuole dall’eterno salvare.

 

Lodatelo ora con salmi adatti

alla sua definitiva rivelazione

nessuno entri più col nemico a patti

perché la morte è vinta, c’è vita di risurrezione.