Pop-theology a teatro. Romeo e Giulietta, l’amore e l’odio

 Ha visto la luce per la prima volta lo scorso sabato 10 giugno a Scicli il musical “Romeo e Giulietta. L’amore e l’odio”, realizzato dai giovani della Parrocchia SS. Salvatore di Scicli. Uno spettacolo di quasi due ore, liberamente ispirato alla celebre opera shakespeariana, interpretato alla luce del Comandamento dell’amore.
“Amatevi gli uni gli altri: / la misura dell’amore / sacrificio sugli spalti / d’un Dio morto per amore”. Dal roseo amore dei due celeberrimi giovani protagonisti, passando attraverso la selva d’odio dei “due fatali lombi” della Verona del 1300. Da questo habitat quanto mai attuale, la vicenda umana conserva intatta nei secoli l’intensità dei sentimenti. “Ma se ameremo al fin d’amare / chi, con l’odio del demonio, / vuol noi tutti avvelenare / vinceremo contro l’odio”. Null’altro che il comandamento di Cristo che chiede all’uomo non tanto di amare, quanto di farlo allo stesso modo in cui Egli lo ha fatto: dando la sua vita per lui.
Un’occasione di annuncio che, diversamente da una catechesi, ha la veste e il modo di porsi, per cui il messaggio giunge direttamente a chi lo ascolta.
Lo spettacolo è durato quasi due ore, ma nessuno del pubblico è arrivato ad annoiarsi e ce ne siamo accorti dal fatto che fino all’ultimo ringraziamento tutti hanno applaudito. Sicuramente non è stato solo uno spettacolo di intrattenimento.
L’esperienza del teatro sin dai suoi albori produce l’intrattenimento e l’ilarità del suo pubblico, ma mai senza veicolare messaggi importanti e di un certo spessore. Basti pensare ai grandi classici della letteratura, che magari oggi leggiamo solo per l’importanza che nei secoli è stata loro riservata. In verità alla loro origine vi è un messaggio sociale, morale, etico. In alcuni questo messaggio è più nascosto, in altri è maggiormente manifesto, ma quasi mai è assente.
Il teatro può essere dunque luogo di predicazione? La risposta più corretta sarebbe: lo è sempre stato! E continua ad esserlo finché sarà debitamente “utilizzato” al fine di veicolare un messaggio buono, una “buona novella”.
Abbiamo raccontato l’amore e l’odio, due facce della stessa medaglia che chiamiamo umanità, “due meteore sorelle” costantemente orbitanti l’una sull’altra e in perenne rotta di collisione. Abbiamo raccontato il Comandamento dell’amore, non in maniera frivola, ma con voce sommessa e solenne al tempo stesso. Ci siamo serviti della recitazione e del canto per comunicare un messaggio alto e questo ci rende consapevoli di essere stati capaci di utilizzare in maniera corretta le nostre capacità artistiche.
Andare a Dio è possibile in un solo modo: amare come Lui ci ama; e il tempo in cui farlo è fatalmente attuale: ora. Un simile discorso può essere teologico? Eppure, un simile discorso, lo teniamo a teatro.