“La sfida più grande quando parliamo di migrazioni è integrare. Riace era evidentemente un segnale bello, una testimonianza di un’accoglienza capace di integrare, capace di trasformare un paese come segno dell’integrazione. Che ne è di Riace adesso?”. Sono le parole di mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto e delegato della Conferenza episcopale siciliana per le migrazioni, a conclusione della tavola rotonda sul tema “La città non è un cumulo di pietre”, nell’ambito della tre giorni “Eventi mediterranei”, promossa dalla Fondazione Val di Noto, in collaborazione con la cooperativa etica Oqdany e con il patrocinio del Comune di Pozzallo.
A introdurre i lavori è stato il direttore della Caritas diocesana e presidente della Fondazione Val di Noto, Maurilio Assenza. Al centro del dibattito il pensiero di Giorgio La Pira, che fu sindaco di Firenze oltre che padre costituente: “Dimostrò negli anni ’50 quanto fosse importante il ruolo della città. Oggi, invece, le città sono svuotate del loro significato, al momento non contano nulla”, ha detto Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo, paese che ha dato i natali all’ex primo cittadino del capoluogo toscano. Parlando di migrazioni e accoglienza, ha ribadito: “In questi anni la nostra cittadina ha salvato l’onore dell’Italia e dell’Europa”.
A seguire, l’intervento di Grazia Dormiente, studiosa del messaggio lapiriano, che ha ricordato il profondo legame di Giorgio La Pira con le sue radici, tracciando poi un profilo del legame tra la storia degli edifici religiosi cittadini e la storia della “città viva”.
“La Chiesa che predica l’umanità bella e buona di Gesù – ha concluso il vescovo – deve farsi carico di questa umanità. Parliamo di accoglienza, ma è troppo generico. Accogliere nella legalità, sì. Ma occorre accogliere nell’integrazione. La sfida più grande è integrare. La questione migranti è una sfida che interpella la nostra fede. Qui si vede se sei cristiano, se sei capace di dare il tuo contributo. È una questione di immedesimazione nell’altro. Facciamo chiacchiere se non ci immedesimiamo in chi vive certe situazioni”.