Seconda meditazione orante del Vescovo in tempi di Coronavirus

«Rimangano luminose Speranza e Carità»
 
Seconda Meditazione orante per questo tempo penitenziale
di +Antonio Staglianò, vescovo di Noto [15 marzo 2020. III Domenica di Quaresima]
 
Carissimi figli,
 
oggi, a motivo della gravità delle disposizioni che ci obbligano all’immobilità, diventa più che mai doveroso ritornare a elevare il nostro grido al Signore. In questo giorno santo, le nostre mani distese tra terra e cielo assomiglino alle mani del Cristo Figlio di Dio, che nella Pasqua (e nella domenica, suo memoriale settimanale) s’innalza vittorioso sopra ogni morte e turbamento.
Dopo esserci interrogati sul senso di questo nostro tempo, e aver compreso che il segreto della nostra umanità risiede nella nostra possibilità e capacità di porci questioni alte ed altre (e per questo diverse dal modus cogitandi del mondo), dobbiamo aver cura che anche il nostro volere e operare – ricordino sempre quello del Signore Gesù, che durante la Sua Passione pur ferito non si lasciò sfigurare dalle Tenebre che lo circondavano, conservando inalterata la Sua bellezza di Figlio e Fratello.
Similmente anche in noi, nelle buie vicende di questi giorni, occorre che rimangano luminose la Speranza e la Carità, unici binari irrinunciabili su cui avanza la nostra cristiana umanità. In questi tempi, purtroppo, la nostra condotta potrebbe lasciarsi deformare da atteggiamenti di ansia, sconforto, sospetto e angoscia, facendoci scadere in espressioni caricaturali della nostra vita di fede, come la devozione disperata e l’egocentrismo affettivo. Questi comportamenti religiosi (che hanno poco o nulla di credente) si distinguono per le seguenti caratteristiche:
– il devoto disperato tributa un’origine divina a ogni angoscia e sofferenza (come giusto effetto del peccato) e si impegna in pratiche sacrali finalizzate a ristabilire la pace con la divinità;
– al contrario l’egocentrico affettivo, pur professandosi credente, davanti allo sbriciolamento delle proprie sicurezze si ingegna per assicurare il bene proprio – o al massimo dei propri cari – negando ogni solidale alterità.
Questi comportamenti offendono l’agire stesso di Dio, che nella vita di Gesù si è rivelato a noi come padre degli uomini, fratello dei sofferenti e amico degli infermi. Nessun cristiano ha il diritto di cedere alle tentazioni di aver paura di Dio o degli altri uomini, di proferire parole di rassegnazione e discriminazione, di agire come un “orfano” o un “figlio unico”. Degne di noi sono unicamente la filiale speranza di chi crede che il “Padre nostro” sa di che cosa abbiamo bisogno (cfr. Mt 6,7), e la fraterna carità, riflesso luminoso dell’umanità dell’Unigenito (cfr. Mt 11,29).
Il Signore d’infinita misericordia ascolti le nostre parole in questo tempo di scure tentazioni: renda degne di Lui le nostre opere, affinché mentre siamo costretti a fermarci non si atrofizzi in noi la Sua immagine bella:
 
«Signore d’infinita misericordia,
padre degli uomini,
fratello dei sofferenti
e amico degli infermi;
nell’insicurezza di questo tempo,
pieno di paura,
noi ti supplichiamo:
non abbandonarci nella tentazione.
Tu che ti innalzi vittorioso
sopra ogni morte e turbamento,
mentre ogni sicurezza si sbriciola
rendi ferma la Fede,
e mentre l’angoscia ci arresta
e il sospetto ci deforma,
rimangano luminose
Speranza e Carità». Amen