Un patto diffuso per il bene comune

 I timori in questo tempo di crisi mi hanno fatto ricordare una preoccupazione che avevo nel cuore quando ero un giovane padre. Ogni tanto mi accompagnava un pensiero: “Se dovessi ammalarmi o morire su chi potrebbero contare i miei ragazzi?”. 
Passavo in rassegna familiari e amici e desideravo proporre alle persone più care un patto: “Se dovesse accadere qualcosa, promettiamoci che chi resta si prenderà cura dei figli dell’altro.”
Non ho mai avuto il coraggio di chiederlo esplicitamente a nessuno dei familiari e degli  amici.
Tante volte avrei desiderato farlo ma, un po’ per pudore, un po’ perché mi sembrava di chiedere troppo, mi è mancato il coraggio…
I pensieri di ieri nutrono la riflessione di oggi.
La grande crisi post coronavirus ci chiede di poter contare gli uni sugli altri. Ci chiede una forte ed esplicita solidarietà tra familiari,  amici, comunità. Ci chiede di impegnarci in una reciproca mutualità. Non solo affettiva o emotiva, ma anche materiale, economica, informativa. Di sottoscrivere un patto per il bene comune, per sostenere chiunque dovesse arrancare e per ottimizzare le risorse stesse.
Un welfare familiare e comunitario che metta al centro l’impegno esplicito alla solidarietà tra familiari, amici, abitanti del condominio, parrocchiani…
In questi anni abbiamo celebrato l’autosufficienza, l’individualismo, la competizione. Abbiamo attribuito maggior valore al guadagnare di più. Essere bravi, farcela da soli, mietere successi personali sono state le mete da perseguire. 
Abbiamo bisogno di un cambio di mentalità, di una profonda conversione.  Per costruire cooperazione. Per essere bravi insieme e non da soli. Per farcela con gli altri e non senza o contro di loro.
Essere felici da soli è impossibile. Abbiamo bisogno di costruire insieme il pezzo di felicità possibile. Fare insieme, essere insieme, avere insieme è la strada per quel pezzo di felicità.  
Un patto dal basso per il bene comune che valorizzi la soggettività e i talenti di ciascuno, non facendo mancare a nessuno i beni essenziali per non perdere la speranza e potersi sentire utile e al sicuro.
La grande crisi ci offre la possibilità di questo cambiamento dal basso che richiede  creatività e solidarietà.
La politica dovrà avere l’intelligenza di favorire e sostenere con incentivi e leggi ogni legame comunitario e rendere vantaggioso l’essere, il fare, l’avere insieme.