“Lettera a Maria” del Vescovo Salvatore

In occasione della Giornata Sacerdotale Mariana, celebrata al Santuario di Maria SS. Scala del Paradiso in Noto, il Vescovo monsignor Salvatore Rumeo, al termine della meditazione mariana tenuta ai presbiteri, ha consegnato loro una “Lettera a Maria”, nella quale emerge la sua devozione filiale a Maria, la vicinanza della Madre di Dio nella sua vocazione e nel suo sacerdozio. Una Lettera che ripercorre il ruolo di Maria nella storia della salvezza, la sua collaborazione al piano della salvezza e la sua offerta ai piedi della Croce, dove ci è stata consegnata Madre nella fede, primizia della Chiesa che nasce dal sacrificio di Cristo.

Di seguito il testo della Lettera e in allegato il pdf scaricabile

Carissima Maria,
«Oggi voglio fermarmi a casa tua!». Queste sono le parole che il Tuo amatissimo Gesù rivolse a Zaccheo nel cuore della città di Gerico! Ora sono io che umilmente ti chiedo, o Maria, di accogliermi nella Tua umile dimora, di poter trascorrere un po’ di tempo insieme a Te. Prima però voglio dirti alcune cose che ritengo importanti per la mia vita di fede. Rannicchiato ai Tuoi piedi mi lascio guardare da Te che sei l’inizio di tutto, la genesi di ogni storia di fede e di misericordia!
Permettimi il tono confidenziale perché avverto interiormente un forte legame che mi stringe di più alla Tua vita. Sono stato educato alla fede fin da piccolo e i miei familiari mi hanno sempre indirizzato verso di Te: la Madre del Signore, la Madre tutta Bella! Poi, sui sentieri della mia vocazione e del sacerdozio, ho avvertito la Tua continua presenza amorevole, dolce, materna, di vera donna. Conosco i luoghi della Tua infanzia e il profumo degli ulivi di Galilea.

Nella piccola Nazaret, limpida scorreva l’acqua della fontana riempiendo le brocche delle fanciulle del villaggio. Il lento procedere del Tuo ritorno a casa inondava di grazia e di ineffabile luce le umili dimore di quella borgata. Come anche gli occhi e il cuore del Tuo amato Giuseppe.

Un canto si elevava tra le case, per tutti una melodia risuonava in un cantico divino. «Dio ha visitato il suo popolo». «Le misericordie del Signore non sono finite». Così pregavano gli anziani del Tuo villaggio.
Che luce radiosa in quella piccola casa: una gentile creatura stava per diventare genitrice del suo Creatore. Ti sei fatta Grembo accogliente del saluto di Dio e l’Angelo le carezze dell’Onnipotente ha lasciato cadere nel tuo cuore!
Le faccende di casa, così come il lavoro di ogni nostra madre, hanno esaltato la Tua bellezza e la Tua carità. La vita feriale di Nazareth fu segno di servizio e carità. Una dimora aperta, senza confini, senza limiti, dove si lavorava e si viveva nella pace e nell’amore. Tutti in quella Casa trovarono un angolo dove poter contemplare l’Amore di Dio presente nella vita degli uomini. Tutti in quella Casa scorsero i segni della carità. Trovarono la sorgente della vocazione all’Amore. Sono sceso dalla Galilea verso la Terra di Giuda e il deserto pieno di rigogliosa vita per le acque del Giordano mi ha raccontato le storie di amore e di infedeltà dei tuoi padri, storie che appartengono anche al Cuore di Dio, misericordioso e benevolo verso tutti. Quelle strade che Tu hai percorso per recarti in fretta da Elisabetta.

Ti sei messa in viaggio per amore. Solo per amore. Sei diventata l’icona del servizio e dell’amore disinteressato. Per questo hai affrontato la fatica di un lungo viaggio. Chi ama non sta mai fermo. Muove sè stesso in frettolosi passi per vivere pienamente la propria giornata terrena nello spirito della prossimità. Hai raggiunto in fretta la casa di Zaccaria ed Elisabetta perché spinta da quell’Amore che tutto muove e genera. Tu, Donna dell’Amore nella Casa degli uomini. Un viaggio nella fretta perché l’amore spinge tutti al dono supremo, quello dell’offerta totale di sé.
Gli amici di Gesù, e in modo particolare Luca, hanno raccontato le vicende e gli anni in cui la terra benedetta d’Israele ha visto i primi passi del Figlio Tuo e, poi, le Sue opere prodigiose.

Che viaggio verso Betlemme…nella culla di Dio. Qui ogni affannosa ricerca trova il suo compimento. Qui le tenebre sono state sconfitte dalla Luce, «quella che illumina ogni uomo». Il censimento voluto da un decreto di Cesare Augusto Ti ha spinto lontano da casa. Sei uscita fuori di casa perché Dio entrasse nelle case di tutti.
Maria, Tu hai conosciuto l’estrema povertà di Dio nella nudità della nascita e della morte. A Betlemme la Sua Carne è viva per la morte comune a tutti, a Gerusalemme è morta per la Vita e la Redenzione di tutti! La vita e la morte, lacrime di gioia e di dolore dinanzi al legno della mangiatoia e della croce.
E per te Maria, in quelle condizioni e prossima al parto, non c’era posto nell’albergo. Cosa avrai provato nel vederTi chiudere la porta in faccia? Ecco la notte buia: chiudere la porta in faccia a Dio e alla Madre Sua! Ma Lui entra nel mondo senza fare rumore, in punta di piedi! Solo col vagito di un bambino.
Nel grembo di una grotta, a Betlemme, trovasti riparo o Signore adagiato su una povera mangiatoia. Notte di luce e candida pace e negli occhi Tuoi, nel Tuo sguardo d’amore, la nostra gioia…la nostra vita…

Dopo tanti anni trascorsi sulle strade della Palestina, in quell’ultima festa di Pasqua a Gerusalemme, cara Maria, la spada di Simeone ti lacerava il cuore. «Ed era notte». Buio a Gerusalemme. Buio nel cuore di tutti. Vuota la stanza al piano superiore. Tutti andati via. Gesù è solo nel buio del Getsemani. Pietro, Giacomo e Giovanni, oppressi e vinti dal sonno lo abbandonarono solo nella Sua orante agonia. Il Maestro pregava il Padre perché si allontanasse da Lui e dai Suoi discepoli il «calice amaro» della passione. Suda sangue! Il Vangelo della Croce annunziato ai piccoli e ai poveri, ai discepoli e alla folla, adesso si fa vicino.
Perché la croce? Perché morire? Il mistero della Redenzione passa dalla solitudine di Gesù, dal Suo sentirsi abbandonato dal Padre e dai discepoli oppressi dal sonno.
Lui pregava per vincere la tentazione! Tu, come tenera Madre avresti voluto asciugare il Suo Volto, anche per Lui essere Madre di consolazione…ma non Ti è stato permesso. Come Madre non hai potuto consolare Tuo Figlio nel momento del dolore…
E le voci di chi Lo tradiva squarciavano il silenzio di quella notte a Gerusalemme. Il male bussava alle porte, alleato delle tenebre!
Un processo affrettato e sommario e tante voci codarde: «Crocifiggilo, crocifiggilo». Fu questo il grido della folla un tempo amica. Deve morire. Prendere il re e condurLo alla morte. Fuori dalla città, con gli impostori e i maledetti.
Fuori dalla vita di chi si crede giusto e osservante di ogni norma e regola di vita. Via Crucis, via del dolore, della sofferenza, degli incontri e degli sguardi. Uno su tutti: quello Tuo, o Madre mia. Ecco «la spada» predetta da Simeone al Tempio di Gerusalemme.
La spada del dolore e della partecipazione al mistero della Redenzione trafisse il Tuo cuore. Eri lì con Gesù sotto il peso della Croce. Avresti voluto abbracciare Gesù, baciarLo, portarLo a casa e curare le Sue ferite.

«Stabat Mater dolorosa». Ferma, immobile, e sul viso abbondanti lacrime per la violenza inferta all’Amore, alla propria Carne, lacrime versate per tutti i dolori del mondo, per tutti i torti subiti dagli innocenti.

Lacrime bagnanti la terra che accolse silente il primo «chicco di frumento». Non per la morte, ma per la vita! E il
Suo fu un raccolto divino.
     Primavera della Chiesa!
     E Tu, o Madre, sei rimasta sempre con noi! Per sempre!

LETTERA A MARIA
19-05-2023