«IL FUOCO E IL PANE DI DIO»

Omelia in occasione della Solennità di San Corrado Confalonieri - Basilica Cattedrale – Noto
19-02-2024

Carissimi fratelli e sorelle

a tutti voi giunge il mio affettuoso saluto. Al Signor Sindaco, al Vice Prefetto, alle Autorità civili e militari, ai portatori di San Corrado, dei Cilii, alle Dame e ai Cavalieri del Santo Sepolcro, ai fedelissimi devoti del nostro Santo Patrono provenienti da ogni parte della Diocesi o che ci seguono via social.

Ai carissimi e amati confratelli sacerdoti che mi collaborano nel ministero, al Vicario Generale, la mia stima e il mio più cordiale affetto, al nostro Seminario perché diventi sempre più laboratorio per il discernimento vocazionale, ai religiosi e religiose, alla Corale della Cattedrale, all’Associazione Nazionale Carabinieri, ai nostri fratelli ammalati: grazie a tutti per la vostra affettuosa presenza.   

La liturgia di oggi ci mette dinanzi l’immagine della strada, della partenza, del lasciare la propria patria per seguire il Signore. Come avvenne per il patriarca Abramo e per San Corrado Confalonieri.

Nelle vicende di Abramo si intrecciano due temi di grandissima importanza, quello relativo alle promesse divine e quello della fede con cui l’uomo si apre a Dio e alla sua iniziativa salvifica.

La fede di Abramo è presentata, fin dall’inizio, non come qualcosa di perfetto ma, piuttosto, come un atteggiamento interiore che si sviluppa e giunge a maturazione attraverso difficoltà e prove, cadute e riprese coraggiose.

La vocazione di Abramo è un nuovo inizio della storia della salvezza, un inizio forte, essenziale, un’esperienza mistica della quale i veri testimoni sono coloro che dopo secoli vedono realizzarsi nella vita della loro comunità credente la benedizione di Dio che risale a quell’inizio.

Si tratta di una chiamata e di una risposta che, nella sua essenzialità, diventa modello per ogni credente che si riconosce frutto di quella benedizione e, dunque, testimone vivente di quell’inizio.

La vicenda del Patriarca si apre con la chiamata da parte di Dio. Dio si rivolge ad Abramo con queste parole: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre verso la terra che io ti indicherò» (v. 1). Praticamente Dio gli chiede di abbandonare tutti i suoi legami naturali: patria, clan, famiglia. A quel tempo ciò significava trovarsi soli di fronte ad un mondo ostile e pieno di pericoli (cfr. Gen 4,14). Dio, inoltre, chiede ad Abramo di avviarsi verso un paese di cui non gli indica il nome e l’ubicazione. Ad Abramo non resta altro che andare verso l’ignoto, lasciandosi guidare ciecamente da Dio.

L’amicizia che si instaura tra Dio e Abramo non diventa esclusiva e chiusa; anzi diventa possibilità di bene per «tutte le nazioni» e per tutti i popoli. Abramo parte perché crede. Lascia tutto quello che possiede, quello che egli è, quello che lo identifica. Invitato a lasciare il suo piccolo mondo, Abramo si incammina verso qualcosa di grande, garantito dal Signore stesso.

Nel patriarca Abramo, la Sacra Scrittura ci presenta il primo uomo chiamato: fin dal primo incontro con Dio, il Patriarca fu spinto ai limiti della fede. Afferma il Concilio Vaticano II: «A Dio che rivela è dovuta “l’obbedienza della fede”, con la quale l’uomo gli si abbandona tutt’intero e liberamente prestandogli “il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà” e assentendo volontariamente alla Rivelazione che egli fa» (DV 5).

Noi tutti siamo sempre in continua ricerca del senso della nostra esistenza e del senso della nostra vocazione. A queste domande, che spesso ci poniamo o che altri in momenti di particolare difficoltà ci pongono, ognuno dà delle risposte che sono conformi alla propria fede. E la fede ci offre la luce per vedere le cose nel modo giusto, cioè come le vede Dio. Dobbiamo imparare a leggere la storia, la nostra storia, la nostra vita, come parte del piano della Divina Provvidenza per il mondo.

Chiediamoci se anche noi abbiamo una fede simile a quella di Abramo: ci fidiamo di Dio anche di fronte alle prove e alle difficoltà o indietreggiamo non riconoscendo l’onnipotenza di Dio anteponendo i nostri ragionamenti ai Suoi pensieri?

L’Apostolo Paolo, nella Seconda lettura, ci ricorda che mentre prima, tutto per lui era un guadagno in termini di legge, di osservanza, ora, tutto questo è una perdita a motivo di Cristo: il centro del cristianesimo è il Signore, è una persona, non è una legge, una dottrina, una pratica, è la persona di Cristo, è la conoscenza di questa persona.

Se conosco Dio, conosco me, amo Dio, amo me e amo tutti. Quindi è qualcos’altro rispetto ad ogni religione: è la persona di Gesù e chi non ha conosciuto la persona di Cristo non ha scoperto il cristianesimo. È così avvilente vedere come molti cristiani riducano il cristianesimo all’osservanza di qualche comandamento che anche i non credenti dovrebbero osservare. Il cristianesimo è qualcos’altro: non è l’osservanza della legge per la legge: è un incontro di salvezza. «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!» (Mc 2,27).

Paolo spiega perché tutto è una perdita a motivo di Gesù Cristo: perché ha avuto la conoscenza di Cristo Gesù, suo Signore. Il centro della fede cristiana è la superiorità della conoscenza di Cristo Gesù. Cosa vuol dire conoscere il Signore? Non tragga in inganno la conoscenza: non è una conoscenza teorica. È la conoscenza della nostra relazione unica con Lui che ci fa essere quello che siamo. Lui ci ha amato e ha dato la vita per noi, non un altro, Lui ha dato la vita per noi. Quindi noi valiamo infinitamente ai suoi occhi!

La pagina del Vangelo di oggi vede protagonisti in un dialogo serrato Pietro e Gesù e il discepolo si lascia sfuggire un dubbio legittimo: qual è il vantaggio dell’essere cristiani?

Chi prende sul serio la propria fede, spesso è messo alla prova: riuscire a perdonare l’imperdonabile, non odiare un fratello che ti ha procurato solo noie e disastri, non è semplice.

Noi conosciamo Pietro come un apostolo coraggioso, impetuoso, ma anche segnato da tante fragilità e oggi il Vangelo ci mette davanti la sua domanda. «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».

Che cosa ci guadagniamo a seguire Gesù? Sembra davvero così povera, così egoista, la richiesta di Pietro, ma in realtà, dietro la durezza di una domanda così, si nasconde una lezione preziosa anche per noi. Gesù risponde a Pietro: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».

Gesù non chiede di rinunciare, di dire addio a tutto questo, piuttosto ci domanda di fare entrare una logica nuova, una parola nuova, un nuovo modo di stare nelle cose e con le persone di tutti i giorni. Come a dire: lascia che il Vangelo entri in tutto ciò che ti riguarda. E poi «cento volte tanto»: ogni cosa, se guidata e incoraggiata da Gesù e dalla sua Parola non è mai sottrazione, ma è sempre qualcosa in più, una moltiplicazione di bene, cento volte tanto, cento volte di più.

Il Vangelo, per chi lo accoglie, allora, è vita che aumenta, è vita che si moltiplica a dismisura. Ecco la scoperta che hanno fatto i discepoli seguendo Gesù. Scriveva Ignazio Silone nell’opera L’avventura di un povero cristiano: «Il cristianesimo non è un modo di dire, ma un modo di vivere. E non si può decentemente predicare il cristianesimo agli altri, se non si vive da cristiani».


Questa è stata la vita di San Corrado. Come avvenne per il nostro patrono, la vera testimonianza cristiana sgorga dalla potenza dello Spirito Santo ricevuto in un momento della vita segnato dalla paura e dal tormento interiore. È una manifestazione della presenza di Dio, della sua grazia, del suo amore e della sua azione divina.

Quando proclama la santità dei suoi figli, la Chiesa li addita a tutti i fedeli come modelli di vita cristiana per la fedeltà con cui hanno vissuto il messaggio evangelico e per l’esemplarità con cui hanno risposto alla loro vocazione.

E oggi siamo qui a onorare e venerare il nostro Patrono San Corrado. A tutti i fedeli, San Corrado è presentato come un credente che ha testimoniato una fede limpida e incrollabile nel Signore Gesù e, al tempo stesso, si è fatto pellegrino sulle vie dell’umanità immersa in mille fragilità. San Corrado offre l’esempio di una dedizione, senza riserve, al servizio della Chiesa.

I Santi ci sono ancora, sono sempre vivi e attuali, non perdono mai valore, perché rappresentano un affasciante commento vivo del Vangelo. La loro vita è come un catechismo per immagini, l’illustrazione della Buona Notizia che Gesù ha donato all’umanità: Dio è nostro Padre e sta vicino ai suoi figli.

L’esempio di San Corrado illumini le menti delle donne e degli uomini del nostro tempo, ravvivando la fede, animando la speranza e accendendo la carità, affinché ciascuno si senta attratto dalla bellezza del Vangelo e nessuno si smarrisca nelle nebbie del non senso e della disperazione.

Il «fuoco di San Corrado» illumini e riscaldi la nostra vita: sia luce per chi è nelle tenebre e calore per chi è stretto dalla gelida morsa del peccato. Questo fuoco arda e purifichi i cuori dei credenti e possa rischiarare il cammino della nostra Chiesa.

La «strada di San Corrado» sia icona di speranza per chi ha deciso di vivere la propria vita da vero pellegrino su questo mondo. È sulla strada che incontriamo Dio e gli altri nella condivisione di ansie e gioie. Sulla strada, da pellegrini, viviamo la nostra vocazione di cercatori di Dio. Nutriamo la passione per una vita colma di amore e comunione.

La «preghiera di San Corrado», umile e silenziosa, sostenga il nostro animo e ci spinga ad essere «sale della terra e luce del mondo». Chi prega veramente scopre nel Cuore di Dio, la sorgente di ogni benedizione. Il Signore, in mille modi, invita ciascuno di noi a lasciarsi ammaestrare dalla Sua Parola, ad ascoltarLo nel silenzio e nella preghiera. Gesù parla ancora oggi! Purtroppo la Sua voce è spesso soffocata da altre insignificanti voci e dal frastuono che circonda la nostra giornata terrena. San Corrado interceda perche torni la pace e l’armonia, in ogni angolo del mondo e non vengano calpestati i diritti fondamentali dell’uomo. Tutti i diritti.

Il «pane di San Corrado», gustosa presenza della Provvidenza di Dio, renda le nostre comunità aperte e accoglienti, ospitali e premurose verso tutti i bisognosi. Non manchi in tutti noi il desiderio di accostarci al pane degli angeli: la Santa Eucarestia. Farsi Eucarestia per tutti: questa è la vocazione che ci fa essere santi! Senza distinzione alcuna!

La «terra netina» che ospitò San Corrado, pellegrino di Dio, non disdegni di ritornare ad essere pagina vivente di santità. La bellezza delle nostre città sia immagine visibile di quel Dio che è Bontà infinita ed Eterno Splendore.

La terra di Corrado sia riconosciuta come la «casa della misericordia» che, nel dialogo tra la debolezza degli uomini e la pazienza amorevole di Dio, accompagna e aiuta ad accogliere la «buona notizia» della grande speranza cristiana. Chi entrerà in questa casa e si lascerà avvolgere dalla Misericordia di Dio, oltre a non sentirsi solo e abbandonato a se stesso, scoprirà in cosa consiste il senso di un’esistenza piena, illuminata dalla fede e dall’amore del Dio vivente: il Cristo morto, risorto e sempre presente nella sua Chiesa.

A San Corrado affido la Chiesa netina nel suo 180° anniversario di fondazione, la Città di Noto, il nostro Seminario, le claustrali, i sacerdoti e i religiosi, le famiglie, gli anziani, gli ammalati, i giovani, i ragazzi, i bisognosi, coloro che soffrono nel corpo e nello spirito, coloro che sono attraversati da mille difficoltà o preoccupazioni, coloro che sentono la vita come un peso e non come un inno all’amore e alla gioia. Mettendo da parte ogni ostacolo e difficoltà lavoriamo per il bene e la pace di tutti.

Ai devoti, ai portatori di San Corrado, ai portatori dei cilii, alle confraternite, a quanti si adoperano per la festa del Santo Patrono, va la mia personale gratitudine. Amen!

Preghiera a San Corrado Confalonieri

O San Corrado Confalonieri, amico e servo di Dio Padre!

Discepolo umile di Cristo Crocifisso

e anima colma di Spirito Santo

rivolgiamo a te la nostra preghiera!

Fiduciosi nella tua bontà compassionevole

sii Tu il nostro intercessore presso il Cielo di Dio.

Tu che sei stato illuminato dalla luce del Vangelo

aiutaci a vivere nella fede e nella speranza cristiana.

Tu che hai donato la parola e il pane della carità,

conduci gli uomini verso sogni di pace e di fratellanza.

Tu che hai soccorso i semplici e gli ultimi,

aiuta i poveri e gli invisibili di questo mondo.

Tieni lontani i mali dell’anima del corpo,

fà che nell’ora della gioia, come in quella del dolore,

rimaniamo sempre uniti a Dio con spirito di fede e amore filiale.

O San Corrado Confalonieri,

fedele discepolo della Chiesa,

fà che le nostre comunità e le nostre famiglie,

in cammino sulla via della santità

e della misericordia,

possano un giorno cantare insieme a te

le lodi del Dio Altissimo

nella Gloria del Paradiso!

E cu tuttu u cori ciamamulu: evviva San Currau!

E cu vera firi ciamamulu: evviva San Currau!