«LETTERA A GESÙ BAMBINO»

Omelia nella Notte Santa del Natale del Signore Basilica Cattedrale
24-12-2023

Si prova sempre una sorta di innocente e timido imbarazzo quando si affidano ad una Lettera i sentimenti e le pieghe più nascoste della propria vita di fede perché scrivere, significa, consegnare se stessi, farsi dono senza riserve e non tutti i lettori, forse, possono comprendere ciò che ti spinge a spogliarti dei tuoi pensieri per arricchire la vita di chi ti sta accanto o del lettore che non conosci.

In questa Santissima Notte di Natale desidero, in punta di piedi, indirizzare una Lettera a Gesù Bambino cercando di chiederGli la Sua vicinanza e presentarGli le nostre vite e il nostro operato cercando di ripensare il domani come ad un nuovo rinascimento per tutte le nostre comunità, per le nostre famiglie, per i nostri ragazzi e i nostri giovani.

Dalle case e dagli spazi segreti dei cuori stretti da sgomento e angoscia, in questo tempo di grande fragilità, s’innalza la preghiera al Bambino di Betlemme perché ci liberi da ogni male. «Libera nos a malo»: preghiera litanica e sofferta che le nostre anime rivolgono al Signore perché su ciascuno di noi scendano abbondanti benedizioni.

Carissimo Bambino di Betlemme,

 come vedi ricorro sempre a Te e mentre risplendono nel Cielo le luci della Notte Santa di Betlemme, affido al mio diario le ore trascorse in Avvento rivedendo con gli occhi del cuore, nella preghiera silenziosa, il tempo che Tu mi hai donato per vivere la pienezza del sacerdozio nella contemplazione del Cielo e della nostra meravigliosa Terra.

Ogni giorno, insieme ai sacerdoti della Chiesa che mi hai voluto affidare e a quelli di tutto il mondo, stringo tra le mani il Tuo Corpo e mi disseto al Calice della salvezza. Ogni giorno, così come Tu mi hai insegnato, cerco, sostenuto dall’esempio di tanti confratelli, di spendermi totalmente, di aiutare gli altri e tenere accesa la lampada della fede. Ma non è sempre facile.

Dopo il Covid, per tutta l’umanità è giunto il tempo della grande paura a causa della guerra. Regna tanta confusione e una sofferenza indicibile. La vita è attraversata dalle pieghe più nascoste del dolore e da una comune condizione di vulnerabilità.

Non siamo messi proprio bene, caro Gesù, Tu lo sai: vivere in questo tempo ci sta sfiancando e il mondo è a pezzi. Siamo a terra! Prostrati nella polvere cerchiamo di rialzarci ogni giorno perché certi della Tua bontà e della Tua misericordiosa premura.

La nostra vita continua ad essere segnata da forme di povertà interiore: il ritmo delle nostre giornate è scandito egoisticamente dal culto dell’io e dalla ricerca del benessere personale. Sono mutate le relazioni. Si è aperto un tempo collettivo di insicurezza e di grande precarietà.

La cronaca odierna racconta fatti di inaudita violenza domestica e dai social rimbalzano notizie di morte e di umana follia: come se fosse un bollettino bellico da aggiornare minutamente.

Questo tempo ha messo in evidenza la nostra finitudine e le false sicurezze con cui abbiamo cercato di costruire i nostri progetti: sono scomparsi i veri modelli educativi sostituiti da percorsi legati alla potenza dell’uomo. E in maniera inesorabile l’umanità segna sulle proprie pagine di storia un’altra meritata sconfitta.

Alcuni tra noi, caro Gesù, si sono abbattuti e lasciati prendere dallo sconforto.  Soli e chiusi nel proprio dolore con un’accusa rivolta a Te! Una drammatica domanda di senso posta di fronte alla morte: perché tanta sofferenza nel mondo? Un interrogativo che ritorna ancora e che Tu sulla Croce hai sollevato per tutti noi: «Perché mi hai abbandonato?».

C’è chi invece, nella solitudine, trova nella fede un’àncora di salvezza perché chi è con Te non è mai solo e sa attraversare la via dolorosa con la consapevolezza che Ti fai visibile nella storia di ciascuno come Cireneo d’amore, donando la pace del cuore o mettendo accanto a chi soffre, in qualsiasi momento e con modalità originali, autentici samaritani della carità.

Oggi è Natale, e come ogni anno, ricordiamo la Tua nascita a Betlemme. La Tua culla! In quel piccolo fazzoletto di terra giudaica Ti sei fatto carne e hai posto la Tua tenda in mezzo a noi.

È il tempo dei sogni…Quelli Tuoi e degli uomini. In una grotta sperduta di un paese lontano, tanto tempo fa, Sei venuto alla luce tra la povera gente. Alcuni pastori, avvisati dagli angeli e nel vederTi in quella grotta trasalirono di gioia e di stupore: il canto degli angeli, il pianto di un bambino, la gioia di una partoriente, le premure di un uomo silenzioso.

È l’antica storia del Natale: la storia di un Dio fattosi bambino per la nostra salvezza, la storia di chi si china sull’uomo per liberarlo per sempre dalla schiavitù. È la storia degli uomini semplici e veri che si inginocchiano dinanzi ad una novella madre e al Suo bambino.

A Betlemme ogni affannosa ricerca trova il suo compimento e le tenebre sono sconfitte dalla Tua Luce, «quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Il censimento, voluto con un decreto da Cesare Augusto, Ti ha allontanato da Nazareth e «uscendo fuori di casa», con Maria Tua Madre e il beato Giuseppe, «sei entrato nel cuore e nelle case di tutti».

E per Maria, in quelle condizioni e prossima al parto, «non c’era posto nell’albergo». Ma c’è un volere che è superiore ai decreti degli uomini: hai scelto la via migliore di tutte, «l’amore e la povertà».

Sei entrato nel mondo senza fare rumore, in punta di piedi. Hai scelto gli ultimi, i pastori ignari di essere i primi testimoni dell’Agnello; hai scelto il gregge per annunciare Te Buon Pastore. E in una grotta, Ti hanno trovato «avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia…» (Lc 2,27). Tu Dio, avvolto dalla nostra umanità e i pastori «avvolti di luce» (Lc 2,9), della Tua divinità. Tutti stretti attorno a Te!

Oggi ti portiamo tutte le nostre preoccupazioni e ansie, paure e angosce. Passato alla storia come rappresentazione scenica della Tua nascita nei campi di Betlemme, il presepe è divenuto icona del nostro credere fortemente nella Tua Presenza in mezzo agli uomini, icona della Santa Famiglia e immagine di comunione tra il Cielo e la Terra. Per questo sarà il segno della nostra rinascita.

Il Cielo di Betlemme è un manto di mille e mille luci. Vogliamo tutti noi, Tuoi discepoli, sedere in quel campo dei Pastori e ammirare il Mistero del Natale, quel «mirabile commercio» fonte della nostra redenzione e salvezza.

Caro Gesù vogliamo scegliere la strada che ci porta a costruire comunità evangeliche e credibili: la Tua e la nostra Chiesa.

Vogliamo ritornare, caro Gesù, alla freschezza delle origini, animati tutti dall’amore reciproco e dalla carità. Oggi abbiamo bisogno di nuovi slanci in cui ogni comunità, popolo di Dio, incarni sempre più il Vangelo della Comunione, della gioia, della prossimità e della vicinanza, bandendo ogni forma di navigazione solitaria. Insegnaci a tessere relazioni vere e non a distanza, a ricercare l’essenziale. Vogliamo vivere il nostro dialogo con Te in una comunità che non abbia paura della contemplazione intesa come principio e compimento della missione.

Le nostre Chiese diventino vere oasi di preghiera e spazi vitali di contemplazione. Una Chiesa che sappia creare per tutti, ragazzi, giovani, adulti e anziani, spazi e luoghi di sereno confronto, una Chiesa che apra le porte a coloro che non Ti conoscono, cosicché anche loro possano sentirsi a casa. Nella propria casa.

Tu Signore Gesù sei Infinita Misericordia e ci insegni la via dell’amore e ci chiami, incontrandoTi, a vivere un’esperienza autentica di salvezza e di fraternità, di perdono e di incontro vivo. L’intera Tua vita è stata segnata dall’amore e con il Vangelo della Misericordia ci hai svelato il progetto originario del Padre.

Sul principio del perdono verso il prossimo si gioca la credibilità delle nostre comunità e di ogni singolo battezzato dinanzi a quella parte di mondo e di società che hanno preso le distanze da Te. Senza perdono l’umanità ha perso la sua vera identità e tende a impoverirsi e a svuotarsi.

Ci insegni che Misericordia vuol dire caricarsi della miseria degli altri e per Te è un sentimento viscerale. Ti sei fatto servo fino alla morte sulla croce. Solo chi abbatte completamente il muro dell’amore di sé, solo chi apre il proprio cuore fino a spezzarlo e solo chi abbatte ogni difesa può farsi prossimo.

Vogliamo, Signore, una Chiesa che sappia raccogliere e capire le domande di tutti, che sappia valorizzare i talenti e i carismi di tutti. Una Chiesa Corpo di cui ciascuno possa sentirsi parte viva. Una comunità che sappia attendere il passo dei più lenti e delusi dalla vita, che sappia andare realmente e cristianamente controcorrente.

Sogniamo una Chiesa famiglia che trova la sorgente della propria unità attorno allo stesso Altare. Una Chiesa che avverta come priorità l’annunzio del Vangelo di Cristo con coerenza di stile e fermezza di dottrina, unica via per vivere un cristianesimo autentico.

Donaci l’audacia e la passione premurosa dei pastori di Betlemme, gente semplice che ha saputo, in quella povera grotta, prendersi cura di Te e della Tua Santissima Madre. L’arte di sapersi donare senza calcoli, di accorrere gratuitamente, di amare senza misura, di mettere da parte ogni interesse per vivere la vera prossimità. Rendici capaci di vivere lo stupore e la sorpresa di gesti mai banali: la forza di un abbraccio, il calore di un sorriso, l’intensità di uno sguardo, la tenerezza di un bacio e un «ti voglio bene» inaspettato.

Donaci il coraggio di costruire la civiltà della pace in un mondo di lupi rapaci. Donaci la forza di stare in mezzo al gregge con la sapienza del vero pastore che sa mettersi alla ricerca della pecorella smarrita, che sa fasciare le ferite del corpo e dell’anima. Rendi i nostri cuori amabili e docilmente aperti alla voce dello Spirito Santo.

Fa che il Natale possa scardinare i cuori più duri e, soprattutto, dare coraggio ai più deboli e miseri. Donaci lo spirito di Betlemme, facci sperimentare la gioia dei pastori, degli ultimi, di chi ha poco o nulla per essere felice o contento ma lo è più di noi: perché ha scoperto la cosa più bella: la vita con Te.

La mia Lettera, caro Gesù, volge al termine e il pensiero si distende fino al Golgota, dove sulla croce per tutti noi, Tu Buon Samaritano, chinato sulle debolezze degli uomini hai versato «l’olio della consolazione e il vino della speranza».

Fuori dalla Città Santa, lontano dagli amici rimasti a casa per timore, sei stato deposto in un sepolcro nuovo scavato nella roccia. Mangiatoia di speranza per tutta l’umanità.

Sei stato messo fuori dalla vita degli uomini e il silenzio avvolge le ore di noi tutti. Solo il buio! Solo il silenzio! Solo la notte nel grembo della terra! Solo Tu, chicco di frumento caduto in terra per amore! Non ci sono più parole, solo il vento presago di nuova Speranza nel sepolcro donato dalla pietà offerente di Giuseppe d’Arimatea. Come il vento di gioia in quella notte stellata di Betlemme!

Sei nato e morto fuori città…in quella periferia che oggi non è solamente il segno delle disattenzioni dei potenti, ma l’icona di una Chiesa che lascia il centro per abitare nelle periferie esistenziali dove l’invocazione di chi è ferito sale incessante verso il Cielo e Tu ti sei fatto periferia di Dio.

E in questo Natale di speranza per un’umanità e una terra ferita dalla guerra, risplende la speranza della Tua, della nostra Pasqua! Attendiamo con fiducia l’arrivo di nuovi giorni. E sicuramente… «sarà come rinascere in un mattino di grande primavera! Torneremo a camminare e il canto dell’anima al ciel s’innalzer

 Grazie Signore Gesù!

+ Salvatore Rumeo
Vescovo di Noto

Omelia nella Notte Santa lettera a Gesù Bambino