L’ORA DELLA CROCE

Omelia Azione liturgica della Passione del Signore
07-04-2023

Carissimi fratelli e sorelle

Il mistero della sofferenza accompagna da sempre la vita dell’uomo, dal giorno in cui i nostri progenitori, con un grave atto di disobbedienza, si allontanarono dalla grazia di Dio.

Dalla luce di quel primo giardino, che allietava la vita di Dio e la stessa vita dell’uomo, il mistero della morte è entrato nella vita di ogni uomo e di ogni donna.

Nel corso dei millenni, carissimi fratelli e sorelle, quante persone hanno raggiunto la Casa del Signore, quante storie di sofferenza, di dolore innocente, inaudito. La storia dell’uomo continua, oggi, ad essere segnata da questa sofferenza, dalla morte e, l’azione liturgica della Passione del Signore ci presenta la morte di Gesù, la Sua sofferenza, il Suo dolore, la Sua profonda Via crucis, via del dolore redentivo, quella via di evangelica gioia che ha inizio a Nazareth, nel grembo della Vergine Santissima, perché il Cristo che stende le braccia sul legno della croce è lo stesso Gesù che i pastori adorarono a Betlemme.

Giovanni, nel prologo del suo Vangelo, scrive: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Facendosi carne, facendosi uomo, il Figlio di Dio riveste la nostra umanità di divinità perché, siamo rivestiti dalla Sua grazia, dal Suo amore, dalla Sua misericordia.

È quello che Gesù ci fa comprendere con il Vangelo, con la Sua predicazione perché Lui svela il vero volto di Dio, quel Dio che crea l’uomo «a Sua immagine e a Sua somiglianza».

Carissimi fratelli e sorelle noi siamo non parte della vita di Dio, l’uomo è la vita di Dio. E Dio continua ad amarci nonostante le nostre debolezze e nonostante le nostre fragilità Dio continua a camminare con noi perché vuole la nostra felicità.

E, già nel libro di Genesi, in quella prima buona notizia si legge: «io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe». Nella Vergine Santissima Immacolata noi contempliamo questo mistero, Dio salva l’uomo attraverso il Figlio «nato da donna, nato sotto la Legge», Dio entra nelle nostre case, Dio entra nella nostra storia.

Come redimere l’uomo? Come salvare l’uomo che ha peccato? Ecco il mistero della sofferenza e del dolore: la morte di Cristo, morte redentrice. La Parola che abbiamo ascoltato secondo la testimonianza di Giovanni ci dice delle ultime ore di Cristo, le ore della sofferenza; il cenacolo, quella stanza al piano superiore, ci ha ricordato ieri che Gesù comunica a tutti il Suo amore e lascia la Sua Presenza Sacramentale nel pane e nel vino. Così come l’essere innalzato da terra come il serpente di bronzo nel deserto: guardiamo a Lui e saremo guariti, saranno risanate le nostre ferite.

Così come domani, carissimi amici, nel silenzio e nell’attesa, volgeremo lo sguardo alla Vergine Santissima Addolorata, la madre che piange la morte del Figlio che, nel silenzio della Sua vita attende il giorno della resurrezione.

Nelle ultime ore di vita del Cristo ci sono delle situazioni che vengono fuori in maniera drammatica, la prima quella di Pietro, l’apostolo fedele, a lui il Signore aveva affidato la vita dei suoi amici, dei discepoli: «a te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa».

Le lacrime dell’apostolo Pietro, carissimi fratelli e sorelle, dicono la conversione, il pentimento. Quella notte drammatica cambia la vita dell’apostolo Pietro, disposto adesso a seguire il Signore, disposto adesso a rispondere a Gesù: “Si Signore, tu lo sai che ti amo! Tu lo sai che ti amo! Tu lo sai che ti amo!”. La testimonianza di Pilato che, a mezzogiorno, nell’ora della grazia, presenta Gesù nella Sua vera identità: «Ecco l’uomo» e subito dopo «Ecco il vostro Re».

Noi adoriamo quest’oggi, carissimi fratelli e sorelle, la regalità di Cristo. Infatti «il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma, per servire» e oggi, Gesù ci insegna che per potere regnare bisogna servire, che dobbiamo continuamente indossare il grembiule per vivere l’amore fraterno e sperimentare frammenti di misericordia e la ginnastica della compagnia: questo il Signore ci chiede oggi.

Il 22 ottobre del 1978, nella Messa di inizio del Suo ministero pastorale come Vescovo di Roma, San Giovanni Paolo II invitava tutti a «spalancare le porte a Cristo». Anche noi vogliamo spalancare le porte del nostro cuore a Cristo crocifisso, per le Sue piaghe noi siamo stati guariti. Quando, dalla finestra del Palazzo apostolico, San Giovanni Paolo II annunciò a tutti la sua patologia tumorale disse: «carissimi fratelli e sorelle, siamo ossequiosi nei confronti dei santi vangeli ma, c’è un vangelo che ciascuno di noi deve scrivere: è il vangelo superiore della sofferenza. Il vangelo della croce di Cristo supera ogni altro vangelo perché è il vangelo dell’amore. E così ciascuno di noi, quando affronta il mistero della croce scrive con la propria vita il vangelo superiore della sofferenza».

Adoriamo il mistero della croce. «Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la Tua santa croce hai redento il mondo» e nel mondo ci siamo noi, per cui lo adoriamo, lo veneriamo, lo riconosciamo come Signore perché Lui ha redento la nostra vita. Siamo stati salvati da Lui. «Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché Tu sei con me», queste sono le parole di Davide, le parole del salmista. Celebriamo oggi la valle oscura di Cristo e, in questa valle tenebrosa, noi vogliamo contemplare le nostre sofferenze, le nostre inquietudini. Giorno di dolore, di sofferenza per Cristo ma, è il giorno della rinascita. «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto». Viviamo così, allora, l’attesa della Resurrezione, l’attesa della nostra rinascita. Amen