RIEMPIRSI DI DIO

Omelia della Santa Messa «Nella Cena del Signore» Basilica- Cattedrale San Nicolò
28-03-2024

Carissimi confratelli sacerdoti, don Maurizio, don Giuseppe, don Thierry, carissimo Franco, diacono della Chiesa di Dio, religiosi e religiose, seminaristi, ragazzi del Gruppo Scout Noto 1, fratelli e sorelle della Corale della Cattedrale, portatori di San Corrado e dei Cilii e fedeli laici tutti, e fedeli tutti, con la Santa Messa «nella Cena del Signore», ha inizio il Triduo Pasquale della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, che è il culmine di tutto l’Anno Liturgico e che si apre con la commemorazione dell’Ultima Cena.

Questa sera vogliamo ricordare tutti i vescovi, i parroci e i sacerdoti defunti che hanno svolto il loro ministero sacerdotale nella nostra Chiesa Cattedrale. Il Signore li accolga nella gloria della Liturgia Celeste.

In questo santissimo giorno sono tre i principali misteri che vogliamo ricordare: l’istituzione dell’Eucaristia, la nascita dell’Ordine Sacro e, infine, la consegna del comandamento dell’amore.

Il primo mistero. L’Eucarestia è un dono che Gesù estende a tutta la Chiesa, fino alla fine del mondo, così che ciascuno di noi possa cibarsi del suo Corpo e bere il suo Sangue per partecipare e vivere pienamente della Sua vita e sentirsi innestati nel suo amore.

L’Eucarestia ci permette di entrare in comunione con Gesù e attraverso l’invocazione dello Spirito Santo, di godere i frutti della Sua Redenzione.

Senza l’Eucaristia, cibo dei viandanti, tutto sarebbe desolato, senza senso perché è l’Eucaristia che genera la vita nuova, anticipo del mondo futuro.

Senza l’Eucaristia l’aridità spirituale soffocherebbe la terra, trasformata in un deserto, perché dove non c’è amore, umile e solidale, non c’è vita, quindi non c’è futuro.

Senza l’Eucarestia l’amore non produrrebbe i suoi frutti, gli uomini si chiuderebbero nel loro chiuso e freddo egoismo, preoccupati solo di loro stessi.

Con l’Eucarestia, invece, la Comunità è creata e continuamente si rigenera. È l’Eucaristia che fa la Chiesa ed è la Chiesa che fa l’Eucarestia come questa sera! Noi non possiamo fare a meno gli uni degli altri e tutti siamo responsabili del nostro prossimo: è l’Eucaristia che ci lega e ci trasforma in un solo corpo.

Con l’Eucarestia la terra deserta si arricchisce di progetti di vita fondati sul dono di sé a partire dai carismi di ciascuno. Si realizza in questo modo la cultura del dono, ossia il progetto di fare di noi stessi uno strumento, un’occasione di servizio per gli altri.

Il secondo mistero. Grande è il ministero dei sacerdoti, i quali, invocando lo Spirito Santo sui doni del pane e del vivo, assistono nella fede ad un’opera che li sorpassa, indispensabile per la vita del mondo e da essa attingono forza per diventare, nella comunità cristiana, operatori di comunione e tessitori dell’unità.

Il sacerdote è l’oggi di Cristo Redentore, è l’uomo dell’Eucaristia, l’uomo della preghiera che coniuga in sé inscindibilmente santità e missione, riascoltando nello spazio interiore dell’anima quelle parole della Sacra Scrittura: «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo; prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni» (Ger 1, 5).

La vita del sacerdote scaturisce ed è protesa verso l’Eucaristia. Mediante il culto Eucaristico, infatti, egli unisce il suo sacerdozio ministeriale al sacerdozio comune dei fedeli.

Il sacerdozio dice relazione diretta ed essenziale all’Eucaristia: l’uomo è ordinato presbitero per celebrare il mistero eucaristico, tant’è che solo lui può offrire l’Eucaristia al popolo di Dio. Solo lui ha la meravigliosa opportunità di servire i fedeli sostenendoli con il pane di vita.

L’essere incorporato a Cristo permette al sacerdote di essere padre per i propri figli col cuore di Dio e di poterli amare in Colui che tutti ama e nessuno esclude. La «paternità spirituale» nella sua vita indica quel portare agli altri la luce del Vangelo. Mediante il suo fare e la sua testimonianza di vita, diventa così generatore della fede.

Il presbitero pertanto, chiamato a guidare quella porzione di popolo che gli è stata affidata, realizza la sua missione divenendo giorno per giorno testimone fedele della stessa carità di Cristo, riversando sulla comunità affidatagli tutto il suo amore e la sua stima, prodigandosi con tutte le forze e senza limiti di tempo per renderla a immagine della Chiesa Sposa di Cristo.

Il terzo mistero. Senza la forza eucaristica è impossibile per l’uomo realizzare il comando dell’amore fraterno, ossia amare con la stessa intensità con cui Dio ci ama. «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34-35). Questo è l’unico comandamento di Gesù.

«Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mc 10,45). È una richiesta che esige una apertura generosa e gratuita, una disponibilità piena, estesa a tutti, come il gesto di Gesù, che lavò i piedi a Giuda, pur sapendo che lo avrebbe tradito, che insegnò e consegnò a Pietro, meravigliato del gesto inconsueto, il primato del dono di sé.

Rallegriamoci, dunque, nel Signore. Non manca di sostenerci con la forza del suo cibo. Impariamo ad andare oltre la misura del nostro amore. Non abbiamo ancora raggiunto la misura dell’amore con cui Gesù ci nutre nella sua Eucaristia. Cerchiamo almeno di imitarlo.

Ci siamo proprio tutti in quella «stanza al piano superiore». Il cristiano crede nella religione della Presenza. E Lui è qui. Ora e per sempre. Con noi!

Con un gesto sorprendente e umile, il Maestro vuole rendere visibile per sempre la logica che ha guidato tutta la sua esistenza e che costituisce la sua dignità di Figlio di Dio. La lavanda dei piedi, che la Chiesa rievoca nel cuore del Giovedì Santo, rappresenta la lezione che ogni comunità, a cominciare da ogni famiglia cristiana, può apprendere e realizzare: il servizio umile e concreto è la via dell’amore e della fede.

«Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1). Gesù ci ha amato. Gesù ci ama. Senza limiti, sempre, sino alla fine. L’amore di Gesù per noi non conosce limiti: sempre di più, Non si stanca di amare. Ama tutti noi, al punto da dare la vita per noi. L’amore di Gesù non delude mai, perché Lui non si stanca di amare, come non si stanca di perdonare e non si stanca di abbracciarci.

Con il suo gesto, Gesù rende visibile la logica di amore, di servizio e di dono che ha guidato tutta la sua esistenza. La lavanda dei piedi rivela il volto di Dio che Egli è venuto a mostrare. È un atto sconvolgente, perché ci rivela un Dio impensabile per i nostri parametri, tanto umani quanto religiosi: Dio serve l’uomo. La lavanda dei piedi mostra che non il potere, né il comandare, ma il servire è legge e azione divina.

Lavando i piedi, Cristo si fa immagine e trasparenza del volto amorevole e benevolo del Padre. Ci rivela che Dio è Amore. Pertanto il cristiano seguendo questo esempio si fa testimone dell’amore sponsale di Cristo.

Che il Signore ci conceda di accettare l’umile gesto della lavanda dei piedi. Perché solo chi ha il cuore in Dio riesce a lavare i piedi degli altri! Anche di Giuda! Noi cristiani dobbiamo essere, secondo la volontà di Gesù, nient’altro che quelli che credono all’amore (cfr. 1Gv 4,16).

Sono certo che una Chiesa, aperta all’azione dello Spirito e capace di declinare quotidianamente la comunione in corresponsabilità, possa divenire lievito di fermenti positivi anche nella prassi della odierna società. Dinanzi al fallimento e al vuoto degli individualismi, l’unica risposta carica di senso che rimane a questo nostro mondo è la strada della comunione.

Possiamo esserne certi: è Lui che, invisibilmente ma realmente, è qui, in ginocchio davanti a noi, per perdonarci, per cancellare i nostri rinnegamenti, per recuperarci dalle nostre infedeltà, per chiederci ancora una volta di lasciarci finalmente amare da Lui.