SAN CORRADO TESTIMONE DI CRISTO

Omelia in occasione della Solennità di San Corrado Confalonieri - Basilica Cattedrale – Noto
27-08-2023

Carissimi fratelli e sorelle

a tutti voi giunge il mio affettuoso saluto. Al Signor Sindaco, al Vice Prefetto, al Vice sindaco, alla Giunta e al Consiglio comunale, alle Autorità civili e militari, ai portatori di San Corrado, dei Cilii, ai Cavalieri del Santo Sepolcro e ai fedelissimi devoti del nostro Santo Patrono provenienti da ogni parte della Diocesi.

Ai carissimi e amati confratelli sacerdoti che mi collaborano nel ministero la mia stima e il mio più cordiale affetto, al nostro Seminario perché diventi sempre più laboratorio per il discernimento vocazionale, ai religiosi e religiose, alla Corale della Cattedrale, all’Associazione Nazionale Carabinieri, ai nostri fratelli ammalati: grazie a tutti per la vostra affettuosa presenza.

Abramo s’incammina perché crede nella forza della Parola ascoltata e creduta, divenendo così, il padre della fede di un popolo nato dall’ascolto e dalla forza travolgente della Parola.

Tutto avviene in un incontro. Molto speciale. È avvenuto per Abramo e avviene oggi per noi. Come è avvenuto nella vita del nostro amatissimo patrono San Corrado. Dio raggiunge l’uomo nella sua vita e questi, ascoltando, obbedisce: ecco l’inizio della nostra storia di salvezza, l’inizio della nostra fede. La storia di un cammino. Dio e Abramo. Dio e l’umanità. Dio e ciascuno di noi.

Il libro di Genesi non ci dice nulla di Abramo: sappiamo solamente che aveva seguito il padre Terach uscendo da Ur dei Caldei, al di là del fiume Eufrate, e che aveva preso dimora a Carran, nel Nord del Paese.

Il Dio vivente era sconosciuto in quel momento ad Abramo il quale, convinto dalla Parola del Signore, obbedisce accettando lo sradicamento, l’essere senza patria e senza terra.

In Abramo, la Sacra Scrittura ci presenta il primo uomo chiamato: fin dal primo incontro con Dio, Abramo è spinto ai limiti della fede. Afferma il Concilio Vaticano II: «A Dio che rivela è dovuta “l’obbedienza della fede”, con la quale l’uomo gli si abbandona tutt’intero e liberamente prestandogli “il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà” e assentendo volontariamente alla Rivelazione che egli fa» (DV 5).

Dio ha parlato con fatti e parole di vita! Egli ha voluto comunicarsi e darsi totalmente e gratuitamente agli uomini.

Così, con la Sua Parola, l’Eterno continua oggi a dialogare con l’umanità, con ciascuno di noi. Vogliamo farci guidare dall’esempio di Abramo, lui che è stato «amico di Dio» (Dn 3, 35). Da Dio è chiamato ad una missione, vissuta e compiuta con fatica.

«Vattene» è un imperativo molto forte per le conseguenze che comporta. Il Signore chiede un distacco totale e radicale da tutte le proprie sicurezze. Dio stringe un legame indistruttibile e fa vedere i frutti di questa alleanza con la realizzazione piena della vita di Abramo.

Ma l’amicizia che si instaura tra Dio e Abramo non diventa esclusiva, chiusa; anzi diventa possibilità di bene per «tutte le nazioni», per tutti i popoli. Innanzitutto Abramo deve lasciare il suo paese, il luogo di nascita e la casa di suo padre. Lascia tutto quello che possiede, quello che egli è, quello che lo identifica. Abramo parte perché crede.

La fede è adesione ad una persona e non a delle idee. Afferma San Paolo: «So a chi ho creduto» (2 Tim 1, 12). È un dono di Dio, ma esige la risposta dell’uomo. È il punto di incontro tra la grazia di Dio e la libertà dell’uomo; è frutto del dialogo tra Dio e l’uomo e, quindi, si fonda sulla preghiera.

Noi tutti siamo sempre in continua ricerca del senso della nostra esistenza, del senso della nostra vocazione. A queste domande, che spesso ci poniamo o che altri in momenti di particolare difficoltà ci pongono, ognuno dà delle risposte che sono conformi alla propria fede.

La fede ci offre la luce per vedere le cose nel modo giusto, cioè come le vede Dio. Dobbiamo imparare a leggere la storia, la nostra storia, la nostra vita, come parte del piano della Divina Provvidenza per il mondo.

La pagina del Vangelo di oggi vede protagonisti in un dialogo Pietro e Gesù e il discepolo si lascia sfuggire un dubbio legittimo: qual è il vantaggio dell’essere cristiani?

Chi prende sul serio la propria fede, spesso è messo alla prova: riuscire a perdonare l’imperdonabile, non odiare un fratello che ti ha procurato solo noie e disastri, non è semplice.

A volte si passa per sciocchi, come gente senza spina dorsale, dei deboli. Sembra quasi che ci si guadagni solo in sofferenza quando si cerca una vita giusta, quasi come se non avessimo modi per difenderci, perché il modo di fare più diffuso, per fare comprendere il male che ci è stato fatto, è renderlo.

Così, in un mondo in cui tutti amano giocare in attacco per accaparrarsi quanto più possibile con le unghie e con i denti, il Signore fa una promessa piuttosto chiara: seguirLo, anche a costo di passare per ingenui.  Questo non è un investimento a perdere, perché se semini amore, prima o poi te lo farà raccogliere…e con gli interessi!

Da qui il centuplo: se sei persona di comunione, non avrai problemi ad essere circondato da veri amici; se sei uomo o donna capace di condividere quello che hai con chi è nella difficoltà, avrai modo di trovare chi con te farà altrettanto; se sei sufficientemente umano, anche se il percorrere la tua strada ti dovesse portare lontano o a scontrarti con i tuoi affetti, Dio troverà il modo per mettertene sulla tua strada altri.

 Chiediamoci se anche noi abbiamo una fede simile a quella di Abramo: ci fidiamo di Dio anche di fronte alle prove e alle difficoltà o indietreggiamo non riconoscendo l’onnipotenza di Dio anteponendo i nostri ragionamenti ai Suoi pensieri? Se avessimo fede quanto un granello di senape, potremmo spostare le montagne, dice Gesù (cfr. Mt 17, 20). La nostra fede è veramente così?

«O Dio che hai condotto il Beato Corrado Confalonieri alla vita eremitica e lo hai reso modello di vita evangelica»

 Gli Apostoli furono testimoni della morte e della resurrezione di Gesù Cristo, proclamandole con la parola di fronte al mondo intero, vivendo secondo questa testimonianza e facendo della loro vita un essere che si dona per il Signore Gesù e l’avvento del suo Regno.

In effetti, Gesù trasformò i suoi discepoli in suoi testimoni; per questo sono stati scelti e chiamati a partecipare nella sua vita terrena per tre anni fino all’ora suprema della sua morte e risurrezione. E i discepoli furono testimoni di Cristo e trasmisero ai nuovi discepoli la stessa esigenza.

Essere cristiano alle origini del cristianesimo voleva dire prima di tutto dare testimonianza di Cristo, della sua opera in mezzo e in favore degli uomini. La testimonianza fu presentata dagli Apostoli come il fondamento dell’adesione al Signore Gesù, l’essenza della vita cristiana e così fu intesa e vissuta dalle prime generazioni cristiane.

La testimonianza cristiana è una conseguenza dello Spirito ricevuto (At 1,8; Gv 15,26). È una manifestazione della presenza di Dio, dell’Uomo-Dio in noi; della sua grazia, del suo amore, della sua azione divina dentro e fuori di noi. È inoltre un elemento essenziale, caratteristico di tutta la Chiesa, di tutti i suoi membri, in ogni tempo e luogo. Questa testimonianza affonda le sue radici nell’intima unione tra Cristo e la sua Chiesa, tra il Signore Gesù ed ogni battezzato.

Quando proclama la santità dei suoi figli, la chiesa li addita a tutti i fedeli come modelli di vita cristiana per la fedeltà con cui hanno vissuto il messaggio evangelico e per l’esemplarità con cui hanno risposto alla loro vocazione.

La santità è sempre incarnata in una concreta forma di vita, in un determinato servizio alla chiesa e in una singolare storia personale che non è uguale a quella di nessun altro. A tutti i fedeli, dunque, San Corrado è presentato come un credente, che ha testimoniato una fede limpida e incrollabile nel Signore Gesù e, al tempo stesso, si è fatto compagno di viaggio dell’umanità immersa in mille fragilità. San Corrado offre l’esempio di una dedizione senza riserve al servizio della chiesa.

I Santi sono perle preziose; sono sempre vivi e attuali, non perdono mai valore, perché rappresentano un affasciante commento del Vangelo. La loro vita è come un catechismo per immagini, l’illustrazione della Buona Notizia che Gesù ha portato all’umanità: che Dio è nostro Padre e ama tutti con amore immenso e tenerezza infinita.

L’esempio di San Corrado illumini le menti delle donne e degli uomini del nostro tempo, ravvivando la fede, animando la speranza e accendendo la carità, affinché ciascuno si senta attratto dalla bellezza del Vangelo e nessuno si smarrisca nelle nebbie del non senso e della disperazione.

Anche oggi è importante scoprire la santità nel popolo santo di Dio: nei genitori che crescono con amore i figli, negli uomini e nelle donne che svolgono con impegno il lavoro quotidiano, nelle persone che sopportano una condizione di infermità, negli anziani che continuano a sorridere e offrire saggezza. La testimonianza di una condotta cristiana virtuosa, vissuta nell’oggi da tanti discepoli del Signore, è per tutti noi un invito a rispondere personalmente alla chiamata ad essere santi.

«Netum, ingegnosa urbs numquam vi capta»: questo magnifico e splendido titolo che trionfa sulla porta di Noto antica fu conferito alla città da Federico II di Aragona per i tanti personaggi che si distinsero nel campo dell’arte, delle lettere e della scienza. Questo motto latino ci ricorda le glorie di una città che, adagiata sul monte Alveria, scrutava l’orizzonte con superba forza e intelligente sapienza.

Carissimi amici oggi il cuore di Noto è qui, ai piedi di quest’arca che contiene le spoglie mortali del nostro Santo Patrono.

Il cuore della città batte all’unisono per il Suo Santo che continua, dopo tanti secoli, a indicare la via della santità, della rettitudine e della ricerca del Vero, del Buono e del Bello.

Siamo pienamente orgogliosi di abitare e vivere a Noto, di camminare per le sue terre, di vivere in questo giardino ammirato e cantato da poeti, letterati e meta di turisti provenienti da ogni parte del mondo.

Siamo invidiati per le meraviglie che in ogni angolo della città e degli altri comuni della Diocesi dicono del nostro passato e raccontano opere e giorni di una storia che purtroppo non è più. Dobbiamo essere tutti, piccoli e grandi, rispettosi e religiosamente devoti di questi immensi tesori che ci sono stati lasciati per crescere come uomini e come cristiani nella ricerca della bellezza. Quella vera!

La città che «mai fu conquistata» ha bisogno, oggi, di sentire l’affetto dei suoi figli, dei suoi ragazzi, dei suoi anziani e delle famiglie. «In» e «per» questa città, purtroppo conquistata da logiche utilitaristiche non solo locali ma anche internazionali, dobbiamo scrivere con la nostra testimonianza evangelica pagine di vita che orientino a coltivare valori universali e valori rispettosi della cultura cristiana: perché tutto, quì riporta alla dottrina di Cristo.

Dobbiamo vivere Noto nell’ordinarietà della vita, nella normalità delle nostre mansioni e ministeri. I proclami, che vengono da più parti, sulla collaborazione tra le diverse agenzie educative non rimangano parole al vento, ma occasioni che trasformino questa città in spazio di vita vera e non luogo dell’effimero; non una città attraversata da bolle di sapone, ma spazio di incontro per chi vi risiede e per chi un giorno vi dovrà invecchiare: i nostri ragazzi!

Le nostre comunità parrocchiali devono tornare a vivere un sano protagonismo, tornino ad essere la fontana del villaggio dove attingere forze che portino al rispetto dell’altro, al dialogo fraterno e ad una cultura della vita che sia piena, bella, aperta, popolare e solidale.

Noto appartiene ai netini, è bellissima e, in quanto città solare, deve risplendere della sua vera luce e della sua vera vocazione: per intercessione di San Corrado torni ad essere «città ingegnosa» per viva carità, «città ingegnosa» per concreta solidarietà, «città ingegnosa» per la promozione di alta cultura, «città ingegnosa» per fantasia creatrice che riesca a ridare vita e calore a questo meraviglioso popolo, al nostro «giardino di pietre vive».

E cu tuttu u cori ciamamulu: evviva San Currau!

E cu vera fidi ciamamulu: evviva San Currau!