«SANTO PERCHE’ COSTRUTTORE DI PONTI»

Omelia in occasione della Festa di San Giovanni Paolo II - Basilica Cattedrale
22-10-2023

Ed è apparsa la Sua strada. Da lontano. Inaspettata. Come inattesi sono i doni dello Spirito di Dio. Siamo cresciuti tutti con la sua testimonianza di fede, la sua audacia, con quell’invito a spalancare le porte a Cristo che ancora risuona nella vita della Chiesa. 

Giovanni Paolo II è stato il cantore della speranza e dell’amore, in un mondo che ricerca ancora maestri e testimoni, uomini veri e credibili. Egli ha segnato, con la sua vita e il suo continuo pellegrinare dentro la vita e il cuore dell’uomo, la storia del nostro tempo. Ha dato speranza a interi popoli, ai poveri, agli oppressi, agli uomini e alle donne in cerca di vera umanità e di pace. 

Ancora oggi segna la vita e la storia di tanti. Con la sua testimonianza di fede e santità, San Giovanni Paolo II rimane ancora saldamente punto di riferimento per tutti: piccoli e grandi, credenti e non credenti, uomini e donne di ogni continente che hanno visto in lui, l’uomo di Dio e l’uomo per gli altri. 

C’è un’anima che ha legato saldamente la vita e l’intero pontificato di Giovanni Paolo II: la sua personale tensione a contemplare il volto di Dio, a godere della sua visione, a possedere la Sua amicizia. 

Amico di Dio e degli uomini. Scriveva in gioventù: «sono un viandante sullo stretto marciapiede della terra, e non distolgo il pensiero dal Tuo Volto che il mondo non mi svela». 

Sono già trascorsi 45 anni da quella parola di speranza: «Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo». Un invito ad accogliere con fiducia Gesù e il suo messaggio trasmesso dalla Chiesa, senza temere che l’accettazione della fede potesse attentare alla dignità e ai valori dell’uomo, anzi con la certezza che Cristo, l’Uomo perfetto, porta a compimento, divinizzandola, l’umanità della persona e le offre pienezza di senso. Questo invito Giovanni Paolo II l’ha rivolto, senza stancarsi, durante tutto il suo pontificato: con i suoi viaggi apostolici lo ha portato personalmente fino ai confini del mondo. 

Lo slavo Karol Wojtyla ricordò subito l’incredibile profezia di un grande poeta suo connazionale, Juliusz Slowacki (1809-1849), fatta più di un secolo prima: «In mezzo alle discordie, Dio fa suonare una campana immensa, Egli apre il trono a un Papa slavo. E’ necessaria molta forza per ricostruire il mondo del Signore; ecco perciò che viene un Papa slavo, fratello dei popoli». 

Da sempre ha predicato il Cristo, Redentore dell’uomo. Infatti la risposta alle domande dell’uomo è in Cristo Gesù, il Figlio di Dio che perdona, offre la riconciliazione e apre ad una definitiva speranza. È Lui che tocca i cuori. Le ultime parole di Giovanni Paolo II sono state un atto di affidamento ed una preghiera: chiedendo a Gesù per sé e per il mondo intero il dono della misericordia, Pietro confessa e testimonia la fede. Quella dei veri testimoni, dei santi. 

Ci ha insegnato che la misericordia è il volto compassionevole di Dio chino sulle miserie umane; è il volto dell’amore tenerissimo del Padre che si mostra in Gesù. Anche l’uomo, mediante Cristo, può avere un volto di tenerezza e di bontà, poiché è stato riversato nel suo cuore lo Spirito Santo, che va dipingendo nei credenti l’icona dell’uomo nuovo. La misericordia divina trabocca dal cuore del Padre al cuore del Figlio e dal cuore di Gesù al cuore dei credenti. 

Un pontificato all’insegna di una preghiera continua a Dio, Amore misericordioso che ha guidato Giovanni Paolo II ad incarnare ogni piega visibile o nascosta del Vangelo del Figlio, a lenire le sofferenze dell’umanità. Un testimone che ha cantato l’amore viscerale di Dio con la sua stessa vita. Contro ogni male e ogni piccolezza umana. A Collevalenza il 22 novembre 1981, in occasione della sua prima uscita dopo l’attentato del 13 maggio, così pregava: «Amore misericordioso, Ti preghiamo, non venire meno! Amore misericordioso, sii infaticabile! Sii costantemente più grande di ogni male, che è nell’uomo e nel mondo. Sii più grande di quel male, che é cresciuto nel nostro secolo e nella nostra generazione! Sii più potente con la forza del Re crocifisso! “Beato il suo Regno che viene”». 

Giovanni Paolo II ha messo al centro della vita e della vita del mondo la preghiera come arma per cambiare il mondo e ha spiegato al mondo, nel tempo della debolezza del suo corpo, come non c’è forza più grande dell’amore fino al sacrificio di sé. Gli ultimi giorni segnati dalla malattia hanno detto al mondo che il vangelo della sofferenza avvicina al mistero e in modo pieno alla vita di Dio. Cuore misericordioso. Ha reso il mondo migliore, insegnando che la vita e la pace sono doni indivisibili e da non umiliare. 

È stato il compagno di strada fedele che non abbandona, non lascia mai, disposto ad abbracciare, come diceva lui, il vangelo superiore della sofferenza. E sulla strada della Chiesa ha voluto i giovani. 

«C’è un proverbio polacco che dice: Kto z kim przescaje, takim sie staje. Vuol dire: se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane. Così ritorno ringiovanito. E saluto ancora una volta tutti voi, specialmente quelli che sono più indietro, in ombra, e non vedono niente. Ma se non hanno potuto vedere, certamente hanno potuto sentire questo “chiasso”. Questo “chiasso” ha sentito Roma e Roma non lo dimenticherà mai!». 

Il «chiasso» di Roma è memoria, compagnia e profezia. Le Parole del Santo Padre Giovanni Paolo II, la sera del 19 agosto 2000, data da contenere nelle corde del cuore per chi opera fra i giovani, costituiscono ancora oggi un punto di non ritorno nel campo della Pastorale Giovanile. Parole lasciate cadere nel cuore dei giovani chiamati ad essere «i testimoni e le sentinelle del nuovo millennio». 

Il «chiasso» è memoria. La Giornata Mondiale della Gioventù di Roma costituisce un evento che si iscrive nelle pagine più belle della storia della Chiesa e della sua attività pastorale. Memoria di Pietro che sente ancora le Parole del Maestro: Pescatore di uomini. 

Il «chiasso» è compagnia. Il Papa e i Giovani. Insieme. Ha colto il desiderio dei giovani: farsi compagno di viaggio sulle strade della vita. Un Pontificato all’insegna dei giovani e della giovinezza della Chiesa. E loro lo hanno contemplato schietto, sincero, amico, padre, maestro e fratello. Compagno di viaggio sulle orme del Pellegrino di Emmaus. 

Il «chiasso» è profezia. La Chiesa guidata da Papa Francesco è chiamata, nell’ambito dell’educazione dei giovani alla fede, a seguire le orme lasciate da Giovanni Paolo II. Una vita giovane per i giovani. Per questo Roma non «dimenticherà il chiasso» dei giovani e del loro Pastore. 

Nel corso del suo Pontificato ha instaurato con loro un rapporto davvero speciale: unico e spontaneo, severo e paterno. La sua è stata la preoccupazione pastorale sfociata in un rapporto diretto, confidente; un rapporto fondato sulla forza comunicativa: giovani che si sono sentiti attratti dalla fede genuina, forte e carismatica, di un Pastore amico e confidente, che è riuscito a fare breccia nel loro cuore. Il Papa è stato vicino ai giovani e i giovani sono stati vicini al Papa. Questo è stato il tema dominante di una storia senza precedenti. Un continuo ritornello reso presente nella vita della Chiesa con forza e vivacità. 

L’amore del Papa per i giovani si è manifestato nell’attenzione e nella premura con cui è entrato nella vita quotidiana delle nuove generazioni e nella sua capacità di proporre il Vangelo come proposta salvifica. Lo ricordava lo stesso Pontefice: «Il giorno dell’inaugurazione del pontificato, il 22 Ottobre 1978, dopo la conclusione della liturgia, dissi ai giovani in Piazza San Pietro: “Voi siete la speranza della Chiesa e del mondo, voi siete la mia speranza”». 

Le parole di Anna Maria Canopi, abbadessa del monastero benedettino di Mater Ecclesiae sull’isola di San Giulio sul lago d’Orta: «Il monte di Giovanni Paolo II era la sua cappella privata o la sua stessa stanza in Vaticano. Da quella specola egli vegliava sull’intera umanità, e la sua preghiera era come un’ala protettrice distesa su tutti, buoni e malvagi, perciò il suo volto irradiava luce e forza, come se davvero vedesse l’invisibile […] Anche durante la sua malattia stava, fino agli ultimi mesi, stava ore e ore consecutive in cappella, davanti al Tabernacolo. Era il suo modo più intenso di guidare e sostenere la Chiesa in cammino sugli ardui sentieri della storia. Era semplicemente il suo modo di conformarsi, di unirsi a Cristo inchiodato alla Croce, di dare con Lui la vita per la santità della Chiesa e la salvezza del mondo». 

Nell’opera Fratello del nostro Dio il giovane Wojtyla scriveva: «In tutti noi manca qualcosa. Non so ancora che cosa. Cerco con tanto sforzo di indovinare. Ma so che manca; e so che ciò dovrà esplodere». La sua vita come dono, il suo farsi prossimo racconta oggi di questa esplosione che ha colpito e provocato nella Chiesa una perenne primavera dello Spirito. 

Giovanni Paolo II sommo pontefice perché vescovo di Roma, pontefice perché ha saputo costruire e innalzare ponti tra il Cielo e la Terra: ha portato Dio nel cuore dell’uomo e l’uomo nel cuore di Dio. 

Nel 1962 il cardinale Wojtyla, proprio nella Basilica di San Pietro, durante una pausa delle sessioni conciliari, scriveva: «Sei tu, Pietro. Vuoi essere qui il Pavimento su cui camminano gli altri… per giungere là dove guidi i loro passi…Vuoi essere Colui che sostiene i passi -come la roccia sostiene lo zoccolare di un gregge: Roccia è anche il pavimento d’un gigantesco tempio. E il pascolo è la croce». 

Il sacerdozio di Pietro, di Giovanni Paolo II, di tanti sacerdoti: non solo l’altare, l’ostia, o il calice. Anche il Pavimento. 

Questo farsi pavimento, strada o sostegno è la vocazione della Chiesa che Lui ha amato con tutte le forze. Sino alla fine. 

Ed è l’augurio per questa nostra Chiesa netina che tutti amiamo e serviamo. Chiesa di Noto fatti pavimento per portare tutti all’altare di Cristo. Fatti pavimento per partire insieme dall’altare verso il mondo.