«IL SACERDOTE, PROFETA DI MISERICORDIA»

Omelia in occasione dell’Ordinazione Sacerdotale di Don Rosario Marino, FAM - Basilica San Nicolò
01-07-2023

Carissimi fratelli e sorelle, confratelli sacerdoti, Ancelle e Figli dell’Amore Misericordioso che ci seguite via social, familiari e amici del carissimo Rosario, carissimi fedeli della Comunità di San Marco in Caltanissetta, guidata da P. Antonino Lovetere, carissimi fedeli della Comunità di Santa Barbara in Paternò, guidata da P. Enzo Algeri, carissimi P. Angelo Spilla, P. Ruggero Ramella e P. Claudio Corpetti, carissimi Scout del Paternò 1, oggi apriamo il cuore all’azione potente e misericordiosa di Dio che compie le Sue meraviglie nella nostra vita, nella tua vita, caro Rosario. Perché da oggi sarai «sacerdote per sempre», a servizio di Dio e del Suo amato popolo.

Siamo felici: perché ciò che stiamo per vivere, è qualcosa che, umanamente, non si può immaginare. Solo la liturgia di Ordinazione, nei suoi santi segni, descrive misticamente il tuo trasformarti, per l’azione dello Spirito Santo, ministro dell’altare.

Il Vescovo, quale successore degli Apostoli, perpetua il mandato di Gesù di continuare nel tempo la sua missione, quella cioè di spezzare il Pane eucaristico, concedere il perdono dei peccati e annunciare il Regno di Dio, attraverso la consacrazione di nuovi ministri sacri.

Ognuno di noi oggi prega intensamente perchè questa pioggia di grazia cade su un terreno umile, accogliente e generoso: il tuo cuore caro Rosario. Quel cuore che ti ha condotto a Collevalenza per consacrarti come Figlio dell’Amore Misericordioso.

La chiamata alla speciale sequela di Cristo Signore ci sovrasta, ci confonde, ma nel medesimo tempo, ci rassicura e ci rende idonei per l’ufficio affidatoci da Dio stesso. Non ci siamo autopresentati, ma siamo dei semplici chiamati. «Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi».

Perché proprio noi? Perché tu da oggi «alzerai il calice della salvezza»? Solo Dio lo sa! Certo è che Lui ti darà la forza e la grazia per corrispondere a tale chiamata.

Rispondiamo alla sua chiamata non perché siamo pronti, ma perchè «chiamati», non perché siamo eroi ma perché ci sforziamo di essere umili servitori!

Qual è la missione, il compito, la sfida a cui sei chiamato, siamo chiamati e destinati come presbiteri?

Vivere la sequela del Maestro Gesù, significa, sforzarsi di amare ed operare in modo straordinario, quanto Egli e il prossimo ci richiederanno, in modo ordinario.

Caro Rosario oggi più che mai, sei chiamato ad essere discepolo di Gesù, del suo amore misericordioso, delle sue virtù e agli altri indicherai e insegnerai la via della carità.

A momenti imporrò, insieme ai carissimi confratelli sacerdoti, le mani sul tuo capo, luogo ove si intrecciano mente, occhio, orecchio, bocca, spirito, volontà, dove si formano i progetti che verranno tradotti dalle tue mani operose.

Papa Francesco, visitando i luoghi di don Primo Mazzolari, affermava con forza: «Amore appassionato e dedizione sono le vie per cambiare la Chiesa e il mondo». Chiediamo una vera passione per il tuo, il nostro ministero. E la passione dice entusiasmo, gioia, rischio, ma anche sofferenza. Ricordiamo sempre quanto affermava Papa Benedetto XVI: «La Chiesa, il Cristianesimo, non cresce per proselitismo, ma per attrazione, cioè per testimonianza». Non ci sono altre strade!

Il secondo gesto è l’unzione delle mani con l’olio del santo Crisma. L’unzione si collega esplicitamente all’Unto del Signore, a Gesù Sommo ed Eterno Sacerdote, perché le nostre mani diventino le sue mani per benedire ed offrire! Non presentiamoci dinanzi al Signore con le mani vuote: le nostre mani siano piene, di opere buone, di gesti concreti di carità e di amore verso Gesù che incontreremo ovunque.

Non dimentichiamo mai di essere poca cosa: siamo «vasi di creta» (2Cor 4, 7), in cui tuttavia, la volontà del Signore non disdegna di abitare in noi e di camminare con noi!

Così pure, ricordiamoci sempre che quanto le nostre mani e il nostro cuore hanno donato, non ci appartiene più. Solo così saremo fecondi nella castità celibataria per il Regno, obbedienti nella letizia, poveri, eppure capaci di arricchire molti! Dobbiamo sempre poter ripetere con Santa Teresa d’Avila: «Solo Dio mi basta». Lo stesso Don Primo Mazzolari, meditando la diversità di stile tra Dio e l’uomo, affermava:

«Lo stile dell’uomo: con molto fa poco. Lo stile di Dio: con niente fa tutto». A noi scegliere quale stile adottare!

Caro Rosario vivi il sacerdozio come amore che cerca

C’è da mettersi in cammino, come Chiesa dobbiamo riprendere la via che porta lì dove il mondo scrive la sua storia su pagine di vita che sanno di disperazione. C’è da mettersi in viaggio portando con sé ciò che è essenziale per affrontare la fatica della strada, dove poter incontrare l’altro, dove fermarsi e scorgere i passi degli altri viandanti. Il 5 novembre del 1927 Madre Speranza scriveva: Lui mi ha detto che io devo fare in modo che gli uomini lo conoscano, non come un Padre offeso per le ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre buono che cerca con tutti i mezzi il modo di confortare, aiutare e far felici i suoi figli, e che li segue e li cerca con amore instancabile come se non potesse essere  felice   senza  di   loro.   (Madre  Speranza,   Diario, 05.11.1927)

Perché la vita del sacerdote sia autentica, è presupposto indispensabile che sia costantemente radicata nella Parola e nell’Eucaristia. Tre sono le icone di riferimento: Gerusalemme, luogo del tempio, luogo dell’incontro con Dio, Gerico, luogo del fare, del servire, del prendere posizione, dell’impegno nella comunità tutta… Emmaus, luogo della riscoperta della fede! In ogni eucaristia c’è un «andate in pace», c’è un invito a uscire dal tempio per immergersi nel quotidiano, nel territorio, nel vissuto, non in modo episodico e occasionale, ma continuo. Ma potrai «uscire» solo se sosterrai il tuo apostolato con la vita di preghiera. Alimenta il tuo sacerdozio con la meditazione e la preghiera silenziosa. Modello supremo è Cristo che esce dal «seno» del Padre e si incarna; scende dentro il territorio dell’umanità, entra nella fatica del vivere dell’uomo per liberarlo, sempre in comunione con il Padre.

Il sacerdote, a partire dall’incontro con Cristo e con la sua gratuità, è chiamato a caratterizzare la propria vita, con opere di misericordia servendo l’amore di Cristo nella storia di ogni giorno, con opere e parole, con atteggiamenti e stile di vita che dicano interessamento e passione d’amore.

Caro Rosario vivi il sacerdozio come amore che si fa condivisione

L’amore è uscire da sé, portarsi verso l’altro per comprenderlo. Colui che ama ha sempre lo sguardo proteso all’orizzonte. Non chiude mai gli occhi sulla realtà che lo circonda; è sempre attento e vigile sulle vicende degli uomini impegnati a scrivere la propria avventura non senza preoccupazioni o sofferenze. C’è da spalancare le porte del proprio cuore e così giungere ad aver compassione degli altri provando ad amare come Dio ama, a perdonare come Lui ci ha insegnato. «Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli; infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi: fa’ che ci impegniamo lealmente al servizio dei poveri e dei sofferenti». (Messale Romano, Preghiera eucaristica V.)

Il popolo di Dio oggi non ha bisogno di sacerdoti scrupolosi o distratti, ma di pastori che sanno guardare dentro. Il mondo è un fiume di lacrime: invisibili a chi ha perduto lo sguardo del cuore. Molte volte i vangeli riferiscono che Gesù «mentre camminava vide» (Mt 4,18); camminava e abitava la vita, ben presente a tutto ciò che accadeva nel suo spazio vitale; sapeva guardare negli occhi: «Donna, perché piangi?» (Gv 20,13) e scoprire nel riflesso di una lacrima, la sorgente dell’amore. Davanti alle ferite della vita qualcosa di noi vorrebbe chiudere gli occhi, come fanno – lo rivela l’ultimo giudizio – i falsi discepoli: «quando mai, Signore, ti abbiamo visto affamato, assetato, nudo…?». Non hanno avuto occhi per vedere le ferite della carne di Cristo.

Il sacerdote è colui che matura una grande compassione per le storie di vita; come e con la Chiesa è un «esperto in umanità». Significa saper piangere con chi piange e ridere con chi ride, farsi concretamente carico delle situazioni colte nel territorio e saper portare i pesi gli uni degli altri.

Scriveva Madre Speranza:

Se vi capita di trovarvi con una persona oppressa dal dolore fisico o morale non cercate di soccorrerlo o fargli un’esortazione senza avergli, prima, rivolto uno sguardo di compassione. Il mondo si allontana da coloro che piangono, e quelli che piangono interiormente cercano la solitudine, ma sentono al tempo stesso il bisogno di sfogarsi e noi dobbiamo offrire loro la possibilità di farlo, facendo in modo che la nostra fiducia sia per essi una tavola di salvezza. (Madre Speranza, Perfección, 53, 2).

Compiere le opere di misericordia, significa allora entrare in profonda relazione con il vissuto delle persone per vivere ed esprimere la «compassione di Dio» nei confronti dell’umanità martoriata e frantumata.  Significa  avere  «cuore»,  avere  «umanità»,  avere «sensibilità» come costante stile di vita, in riferimento alle persone che abbiamo modo di incontrare.

Caro Rosario vivi il sacerdozio come amore che si fa consolazione

Quando ci si ferma con qualcuno si è fatto già molto, si sono messe già in campo le risorse più preziose che esistono: tempo e cuore. Anche per amare e lasciarsi amare è necessario fermarsi in questa smania di vivere, in questa furia di correre che stringe l’umanità. C’è un solo modo per conoscere un uomo, una donna, Dio, una ferita: fermarsi, inginocchiarsi, e guardare da vicino. Guardare gli altri negli occhi, leggerne le ferite e i sogni!

Ancora Madre Speranza: «Per questo bisogna comprenderli, sentire con loro e simpatizzare con loro. Nel momento in cui avremo dato ad essi l’impressione di averli capiti, li vedremo consolati e le nostre parole saranno un balsamo per le loro ferite». (Madre Speranza, Perfección, 53, 2).

Si tratta di intervenire in modo pronto, immediato, concreto, con «fatti e non parole». Si tratta di intervenire in modo semplice, povero, con quanto si è e si ha a disposizione. Le opere di misericordia sono olio, aceto, denari, tempo, professionalità… sono i cinque pani e i due pesci del miracolo dell’amore che il cristiano mette a disposizione, con la consapevolezza dei limiti, della pochezza che ha ogni intervento umano, riguardo ai bisogni dei fratelli.

Caro Rosario vivi il sacerdozio come amore che si fa accoglienza

Il sacerdote agisce per coinvolgere e animare la comunità e il territorio. Si tratta di esserci per «farci essere altri», di agire non soltanto a titolo personale, ma per coinvolgere altri, per far operare altri. Scrive Papa Francesco: Siamo inseriti in una cultura fratturata, in una cultura che respira scarti. Una cultura viziata dall’esclusione di tutto ciò che può attentare contro gli interessi di pochi. Una cultura che sta lasciando lungo il cammino volti di anziani, di bambini, di minoranze etniche che sono viste come minacce. Una cultura che poco a poco promuove la comodità di pochi con l’aumento della sofferenza di molti. Una cultura che non sa accompagnare i giovani nei loro sogni, narcotizzandoli con promesse di felicità eteree, e che nasconde la memoria viva degli anziani. […] Ma è proprio in questa società, in questa cultura che il Signore ci invia. Ci invia e ci spinge a portare lì il balsamo della “sua” presenza. Ci invia con un solo programma: usarci misericordia, renderci vicini a quelle migliaia di indifesi che camminano nella nostra amata terra americana proponendo un atteggiamento diverso. Un atteggiamento nuovo, cercando di far sì che il nostro modo di relazionarci s’ispiri a quello sognato da Dio, a quello attuato da Dio. (Francesco, Video messaggio in occasione della celebrazione del giubileo straordinario della misericordia nel continente americano, 27 agosto 2016).

Sono opere di misericordia anche le modalità di lavoro per costruire il mosaico della vita dell’umanità, per dare spazio ai vari volti e colori, per armonizzare le differenze e le varie risorse del territorio.

E ancora Madre Speranza:

Io, amati figli e figlie, debbo dirvi che vivo dei giorni di vera gioia ed emozione… per la fortuna del compito che in questi mesi vengo svolgendo nella casa di nostro Signore, facendo da portinaia di coloro che soffrono e vengono qui a bussare a questo nido di amore, affinché Lui, come Padre pieno di bontà, li perdoni, dimentichi le loro follie e li aiuti in questi momenti di dolore. Sto qui, figli miei, ore ed ore, giorni e giorni, accogliendo poveri, ricchi, anziani e giovani, tutti carichi di grandi miserie morali, spirituali, corporali e materiali. E una volta finita la giornata vado a presentare al buon Gesù, piena di fede, fiducia e amore, le miserie di ognuno, pienamente sicura di non stancarlo mai, perché so che Lui, da vero Padre, attende con ansia che io interceda per tutti quelli che da Lui sperano il perdono, la salute, la pace e tutto ciò di cui ha bisogno la loro vita. (Madre Speranza, Diario, 19.12.1959.).

Questa è la legge, caro Rosario, che regna sovrana in ogni logica sacerdotale. Perdere per guadagnare, cercando come Gesù, di essere il volto misericordioso di Dio. Chinarsi per risorgere e non da soli. Vivendo così anche tu diverrai allora vero linguaggio e volto della misericordia.

La mia personale gratitudine alla grande famiglia della Congregazione delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso. Alla scuola della Misericordia ho cercato di riconoscere le vie del Signore nella Chiesa come sentieri di riconciliazione e compassione.

Per volontà della Madre e per il conseguimento del proprio carisma e dell’unica missione, la Congregazione accoglie, infatti, nel proprio interno, con tutti i diritti e i doveri, quei Sacerdoti diocesani che ne fanno richiesta, senza per questo dover lasciare il Presbiterio della Diocesi nel quale sono inseriti e operano.

I Sacerdoti Diocesani Figli dell’Amore Misericordioso operano all’interno della Chiesa particolare, dipendendo dal proprio Ordinario, ma come consacrati nella Famiglia dell’Amore Misericordioso.

Il loro ambito d’azione è proprio la Diocesi, assumendo con responsabilità quanto viene chiesto dal proprio Vescovo, persuasi che tra le opere di carità, la principale è per loro l’unione con il Clero.

Attraverso questi Sacerdoti, la Famiglia dell’Amore Misericordioso si inserisce nella Chiesa particolare. I Sacerdoti FAM, quindi, diventano l’espressione storica più significativa dell’impegno della Famiglia nell’animare il Presbiterio secondo il Carisma dell’Amore Misericordioso.

I Sacerdoti diocesani con voti diventano promotori della fraternità sacerdotale, dell’unione del presbiterio, della vita comune, della collaborazione  pastorale  con  il  clero,  secondo  i  desideri della Presbyterorum Ordinis e della Pastores dabo Vobis.

Carissima mamma Ignazia e papà Francesco, grazie per questo dono che oggi fate alla Chiesa di Cristo, cara Maria, familiari e amici tutti, carissimi fedeli di San Marco, carissime Ancelle e figli dell’Amore Misericordioso insieme vogliamo ringraziare Gesù Amore Misericordioso, Maria Mediatrice e la Beata Madre Speranza di Gesù per il dono del Sacerdozio. Il Signore continua a manifestare il Suo amore e la bontà. Nonostante le nostre debolezze!

Signor Mio e Dio mio la tua misericordia ci salvi, il tuo Amore misericordioso ci liberi da ogni male!

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