IN SEMPLICITA’ DI VITA «ASTARE CORAM TE ET TIBI MINISTRARE»

Omelia in occasione dell’Ordinazione Sacerdotale di Don Christopher Fava 15 aprile 2023
15-04-2023

Carissimo don Christopher, il Signore ha posato il Suo sguardo meraviglioso su di te. Ti ha scelto come suo fedele discepolo per annunciare la Parola di salvezza, celebrare la grazia e offrirti come pane spezzato nel ministero credibile della carità operosa e feriale.

Ti ha scelto per continuare, in semplicità di vita, la missione di Gesù maestro. Non dovrai mai smettere di essere discepolo, anzi dovrai coltivare in te con estrema cura il tuo stare ai suoi piedi. Il discepolo, lo sai bene, è colui che ascolta e imita, colui che apprende ogni giorno e per questo non si considera mai arrivato né superiore agli altri. È discepolo vero colui che ascolta con entusiasmo e condivide con gioia ciò che ha appreso. È discepolo che indirizza le anime a Gesù Maestro colui che impara anche dalle proprie debolezze.

Caro Christopher dovrai continuare la missione di Gesù maestro mostrando non solo le virtù e i doni, le capacità e le competenze acquisite, ma anche le ferite che la grazia di Dio guarisce in te, e che sono i segni della tua partecipazione al mistero di Redenzione del Signore.  Accenderai così la speranza nel cuore delle persone che vivono lontano da Dio perché deluse dalla vita o lontane dalla grazia.

Per essere come Gesù, in semplicità di vita, dovrai essere maestro mite, umile e gioioso. Non permettere mai che la tristezza contagi il tuo ministero, ma sii sempre «lieto nella speranza, costante nella tribolazione, perseverante nella preghiera» (cfr. Rm 12, 12).

Carissimo Christopher, oltre che l’incarnazione di Gesù maestro, dovrai essere anche, in semplicità di vita, l’incarnazione di Gesù sacerdote. È necessario chiedersi in che modo Gesù è stato sacerdote: Egli si è offerto liberamente al Padre come vittima pura e santa per noi e al nostro posto, per riconciliarci con Lui.

Continuare la missione di Gesù sacerdote significa che dovrai ogni giorno unirti strettamente a Cristo sommo sacerdote per la salvezza di tutti gli uomini. E come può avvenire quest’unione continua e costante a Cristo? Le tue mani, che tra poco saranno consacrate e profumate di Cristo, avranno ogni giorno a disposizione le offerte del popolo santo di Dio, il pane e il vino, e tu dovrai immedesimarti in quelle offerte come puro dono al Padre!

Questo vuol dire che quanto più ogni giorno ti unirai alla santa offerta, tanto più ti spoglierai della tua volontà e dei tuoi progetti, Imparerai a conformarti ad uno stile di pura perdita, nella logica del «se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12, 24).

Le tue mani, che sempre profumeranno di crisma, cioè di Cristo, dovranno rendere offerta gradevole e gradita ogni persona che benedirai e che unirai a te per offrirla al Padre.

Come sacerdote dovrai essere il pontefice, il ponte attraverso cui l’umanità potrà camminare verso Dio. Per questo, insieme al Vescovo, dovrai implorare la divina misericordia per il popolo a cui sei mandato e dovrai celebrare con devozione e fedeltà i misteri di Cristo, secondo la tradizione della Chiesa.

E infine, caro Christopher, continuerai, in semplicità di vita, la missione di Cristo pastore. Tuo compito sarà quello di cooperare con il Vescovo ad «edificare il corpo di Cristo, che è la Chiesa, in popolo di Dio e tempio santo dello Spirito».

L’obbedienza che tra poco porrai nelle mani del tuo Vescovo, non sarà una limitazione all’esercizio del ministero sacerdotale: al contrario, sarà garanzia del tuo impegno nel cuore della Chiesa, tua Madre. È essenziale, mio caro Christpher, ricordarsi sempre che il sacerdote non è un libero professionista o aziendalista delle cose dello spirito che esprime la propria competenza e la propria fantasia pastorale. Egli è inserito in un organismo vivo e vivificante, che è il Presbiterio, e con il quale, sotto la guida del Vescovo, conduce il popolo santo nelle vie del Vangelo. Non abbiamo altre strade, non ci sono altre strade nella vita della Chiesa. Diversamente si annuncia un Vangelo che non appartiene a Crito.

È impensabile ed ecclesialmente fuorviante credere di poter vivere il proprio sacerdozio indipendentemente dall’obbedienza al Vescovo, o peggio ancora, in contrasto con il suo magistero. Sarebbe come un ramo che, avendo inizialmente prodotto bei frutti, decida di staccarsi dal tronco per essere indipendente: firmerebbe la sua improduttività e la sua morte interiore!

Come alimentarsi, allora, per poter continuare la personale missione di Gesù maestro, sacerdote e pastore?

Innanzitutto con la preghiera, comunitaria e personale. Non ti accada mai di cadere nella tentazione di pensare che il tempo dedicato alla preghiera è tempo sottratto alla pastorale e alle relazioni fraterne sacerdotali. La preghiera, quella vera, sostiene il mondo e la Chiesa. La tua prima opera pastorale, il primum in assoluto, è proprio la preghiera. Scrive Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 2018: «Essere attratti ed essere inviati sono i due movimenti che il nostro cuore, soprattutto quando è giovane in età, sente come forze interiori dell’amore che promettono futuro e spingono in avanti la nostra esistenza».

Ma come possiamo sentire l’attrazione e l’invio nella missione se non ci mettiamo nella preghiera in ascolto adorante di Gesù Maestro? La preghiera, lo stare in ginocchio dinanzi all’Eucarestia ogni giorno, togliendo i calazi delle nostre sicurezze, è la nostra migliore possibilità di respirare aria di Vangelo, di imparare sempre di più ad offrirci al Signore in sacrificio di soave odore, di vincere la tentazione del disfattismo e dell’egocentrismo, di costruire comunione, di evangelizzare, di chiedere vocazioni alla vita sacerdotale.

Mi piace ricordare ciò che Papa Benedetto XVI ebbe a dire all’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana il 24 maggio 2012: «In un tempo nel quale Dio è diventato per molti il grande Sconosciuto e Gesù semplicemente un grande personaggio del passato, non ci sarà rilancio dell’azione missionaria senza il rinnovamento della qualità della nostra fede e della nostra preghiera; non saremo in grado di offrire risposte adeguate senza una nuova accoglienza del dono della Grazia; non sapremo conquistare gli uomini al Vangelo se non tornando noi stessi per primi a una profonda esperienza di Dio. Cari Fratelli, il nostro primo, vero e unico compito rimane quello di impegnare la vita per ciò che vale e permane, per ciò che è realmente affidabile, necessario e ultimo. Gli uomini vivono di Dio, di Colui che spesso inconsapevolmente o solo a tentoni ricercano per dare pieno significato all’esistenza: noi abbiamo il compito di annunciarlo, di mostrarlo, di guidare all’incontro con Lui. Ma è sempre importante ricordarci che la prima condizione per parlare di Dio è parlare con Dio, diventare sempre più uomini di Dio, nutriti da un’intensa vita di preghiera e plasmati dalla sua Grazia. […] Vorrei dire a ciascuno: lasciamoci trovare e afferrare da Dio, per aiutare ogni persona che incontriamo ad essere raggiunta dalla Verità. È dalla relazione con Lui che nasce la nostra comunione e viene generata la comunità ecclesiale, che abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi per costituire l’unico Popolo di Dio».

Un altro strumento necessario per la crescita nella vita sacerdotale è l’ascesi. Mio caro Christopher, la cultura moderna ci ha fatto perdere o, quantomeno, dimenticare la necessità di una vita ascetica, che sappia accogliere le difficoltà e i sacrifici non come un male inevitabile ma come un percorso di purificazione, che renda i nostri occhi sempre più capaci di vedere e gustare la dolcezza di Dio. Non possiamo indicare una strada se noi non vediamo la meta. E l’ascesi ci aiuta a purificare i nostri occhi e affinare gli altri nostri sensi per vedere Dio. È facile abbandonarsi ad una vita di ricerca di primi posti, scambiando la nostra gratificazione con la benedizione di Dio sul nostro operato. «Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10, 43-45).

La vita ascetica è la giusta via per desiderare di giungere alla patria; è la via per portare i nostri fratelli e sorelle alla patria celeste.

Un ultimo strumento desidero indicarti, caro don Christopher, perché tu possa crescere nella continuazione della missione di Gesù: la vita fraterna.

Nella Lettera pastorale della Cei sulla Domenica, al n. 49, si legge: «L’essere uniti a Cristo, inevitabilmente, produce come frutto la comunione con i fratelli. Si comprende bene quanto questo percorso sia bellissimo: con un unico cammino mi unisco a Cristo e, in Lui, ai fratelli, diventando tutti insieme una cosa sola! Ma c’è il retro della medaglia, che appare terribile, perché ogni divisione comporta non solo lo staccarsi dagli altri, ma anche l’allontanarsi da Cristo. Quando chiudi il cuore al fratello, quando non ti accorgi dei bisogni altrui, ti allontani da Cristo» (CEI, Questo è il giorno che ha fatto il Signore. Rallegriamoci ed esultiamo in esso).

Mio carissimo Christopher, sei stato chiamato a questa meravigliosa vita sacerdotale! Non voltarti mai indietro, vai sempre avanti con coraggio. Con trepidazione ma con coraggio! Non fermarti mai! Riponi i tuoi sogni nel Cuore amabilissimo di Cristo e se dovesse comparire la Croce affidati alla Vergine Madre, consolatrice degli afflitti! Nella Sua croce, quella di Cristo, troviamo la nostra forza e il senso del nostro essere Suoi sacerdoti.

Il tuo «Eccomi», che hai pronunciato nella tua vita, sia il tuo atto di fede di ogni giorno, sapendo che la Madonna della Fiducia ti aiuterà a pronunciarlo sempre e con gioia.

Desidero ringraziare tutti coloro che hanno avuto cura di te e ti vogliono immensamente bene: in particolare i tuoi Genitori, Natale e Claudia, tuo fratello Damiano e Maria tua cognata, i tuoi nipoti Natan e Antonia, i Sacerdoti che ti hanno guidato, l’equipe educativa del Seminario.

Amministra generosamente i sacramenti che rivelano tutta la forza e la presenza dell’amore di Dio. Segui sempre Gesù che non smette di percorrere le città e i villaggi e fallo con spirito compassionevole, mite, misericordioso. Guarda con premura la sofferenza del popolo santo di Dio.

Conserva un cuore puro, capace di trovare sempre il bello che c’è in ognuno, di guardare con onore, simpatia e interesse l’altro che ti sta accanto. Sii casto e cerca di curare la comunione con tutti, amore circolare, tessendo trame di fraternità e conoscenza che permettono a tutti di capire e a noi di essere capiti, perché si realizzi il sogno di Gesù: un solo ovile e un solo Pastore.

Sii in intimità con Lui contemplando la Sua presenza, libero dalla solitudine e dall’individualismo, forte perché fedele. Sii obbediente alla Chiesa netina e alla Chiesa tutta, per servire con libertà e responsabilità il popolo di Dio, i tanti che ancora non conosci e non conoscono il Signore.

«Astare coram te et tibi ministrare». Dinanzi a Lui, Divina Presenza, sii presente a te stesso, con sana coscienza e volontà ferma. Con il tuo servizio rivela la presenza di Dio nella storia degli uomini, rendiLo presente nei sacramenti e nel sacramento dell’amicizia, invita ad alzare lo sguardo perché nelle difficoltà tanti possano riconoscere la Sua Presenza piena di amore.

Veglino su di te la beata Vergine Maria, Scala del Paradiso, San Corrado, San Guglielmo e San Giovanni Paolo II e i tuoi santi protettori.

Fai tue le parole oranti di Sant’Agostino: «Signore mio Dio, unica mia speranza, fa’ che stanco non smetta di cercarti, ma cerchi il Tuo volto sempre con ardore. Dammi la forza di cercare, Tu che ti sei fatto incontrare, e mi hai dato la speranza di sempre più incontrarti. Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella, guarisci questa. Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza; dove mi hai aperto, accoglimi al mio entrare; dove mi hai chiuso, aprimi quando busso. Fa’ che mi ricordi di Te, che intenda Te, che ami Te… Amen!». (Sant’Agostino, De Trinitate, 15, 28, 51)