La nostra storia è legata in maniera indissolubile a fatti, persone e avvenimenti che raccontano la bellezza della faticosa arte dello stare con viva passione dentro la città degli uomini. Ci sono sogni, opere e testimonianze che rimangono per sempre scolpite sul calendario della vita a ricordo del nostro pellegrinaggio terreno.
Siamo tutti impegnati nella ricerca affannosa della pace e di affiancare i passi di chi semina, credendoci fortemente, in ogni parte del mondo, armonia e concordia! Fatica ardua e impegnativa.
Fare memoria, oggi, del Venerabile Giorgio La Pira, significa, adoperarsi perché la pace non sia soltanto oggetto dell’umano pensiero ma soprattutto favorisca la ricerca di vie che portino alla condivisione di progetti che aiutino a costruire le nostre città sul fondamento dei valori universali.
Alla ricerca della pace
«C’è una parola che risuona in modo particolare nelle due principali feste cristiane. La udiamo nel canto degli angeli che annunciano nella notte la nascita del Salvatore e laintendiamo dalla voce di Gesù risorto: è la parola “pace”. Essa è primariamente un dono di Dio: è Lui che ci lascia la sua pace (cfr Gv 14,27); ma nello stesso tempo è una nostra responsabilità: “Beati gli operatori di pace” (Mt 5,9). Lavorare per la pace. Parola tanto fragile e nel contempo impegnativa e densa di significato» (Francesco, Al Corpo diplomatico, Città del Vaticano, 8 gennaio 2024).
La pace è un bene prezioso, è dono del Cielo. È necessario che gli uomini vivano in modo radicale la propria fede per conquistare e custodire la pace. L’impegno per la pace va fino al sacrificio della propria vita e da tutti si deve lavorare per una nuova stagione di vita pacifica sul nostro pianeta.
«La pace non potrà regnare nel mondo se prima non troverà domicilio nel cuore degli uomini» affermava San Giovanni XXIII. Oggi si va alla ricerca delle cose che dividono anziché delle cose che rendono uniti e forti.
Per chi crede nel Vangelo di Cristo, la pace è un aspetto peculiare dei rapporti tipicamente evangelici che ogni discepolo di Gesù cerca di instaurare con le persone con le quali sta in contatto o che incontra occasionalmente: sono legami di autentico amore, senza falsità né inganno, senza alcuna forma di implicita violenza o di egocentrismo. «Sarai chiamato figlio di Dio» dice il Divin Maestro!
Cercare la pace e custodirla, non è una scelta opzionale per il credente, bensì la vocazione fondamentale. Perché scegliere la pace è scegliere Cristo, cercare la pace è annunciare Cristo.
«Non posso in questa sede non ribadire la mia preoccupazione per quanto sta avvenendo inPalestina e Israele. Tutti siamo rimasti scioccati dall’attacco terroristico del 7 ottobre scorsocontro la popolazione in Israele, dove sono stati feriti, torturati e uccisi in maniera atroce tanti innocenti e molti sono stati presi in ostaggio. Ripeto la mia condanna per tale azione e per ogni forma di terrorismo ed estremismo: in questo modo non si risolvono le questioni tra i popoli, anzi esse diventano più difficili, causando sofferenza per tutti. Infatti, ciò ha provocato una forte risposta militare israeliana a Gaza che ha portato la morte di decine di migliaia di palestinesi, in maggioranza civili, tra cui tanti bambini, ragazzi e giovani, e ha causato una situazione umanitaria gravissima con sofferenze inimmaginabili…Ribadisco il mio appello a tutte le parti coinvolte per un cessate il fuoco su tutti i fronti, incluso il Libano, e per l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi a Gaza. Chiedo che la popolazione palestinesericeva gli aiuti umanitari e che gli ospedali, le scuole e i luoghi di culto abbiano tutta laprotezione necessaria». (Francesco, Al Corpo diplomatico, Città del Vaticano, 8 gennaio 2024).
Il Vangelo della fede e della pace nell’avventura cristiana di Giorgio La Pira
Il Venerabile Giorgio La Pira visse pienamente il cammino di fede che lo condusse all’unione con Dio. Un itinerario che ebbe il suo momento di grazia nella Pasqua del 1924, quando si accostò alla Santa Comunione. Se l’Eucaristia è «culmine e fonte» della vita cristiana, La Pira in quella Santa Comunione sperimentò pienamente l’unione con Cristo Sposo. Era il culmine di un incontro avvenuto attraverso l’Azione Cattolica, prima, e divenne la fonte di un itinerario spirituale, che avrebbe fatto di lui l’uomo pieno dello Spirito di Cristo, l’uomo della santità «feriale».
Da quel momento Giorgio La Pira divenne l’uomo della preghiera. Se l’orazione è il rapporto fondamentale del cristiano con Dio, questo rapporto in lui fu continuo e maturo. Tutto scaturì dalla sua preghiera: le scelte, il dono di sé agli altri e il suo impegno in politica. Quando, giovane professore a Firenze, seppe di una cattedra disponibile all’Università di Messina, pensò di ritornare nella sua città di adozione. Non scelse emotivamente. Volle pregare, e a san Marco, dove era ospite dei frati domenicani, rimase per tutta la notte in chiesa a pregare. Non sappiamo cosa sia avvenuto nel suo cuore, sappiamo soltanto che la mattina dopo aveva maturato già la sua scelta: rimanere a Firenze, perché questa era la volontà di Dio.
Scrive Giuseppe Lazzati: «La sua fede robusta e chiara, divenuta per lui sempre criterio ultimo di giudizio; fede in Cristo e nella Chiesa, Capo e Corpo di Cristo tutto intero, creduto con la semplicità del fanciullo e contemplato quale principio e termine di tutta la vicenda storica, suo irrefutabile fermento».
Giorgio La Pira visse in povertà. Egli l’additò come via indispensabile per seguire Cristo. Egli volle essere povero per amore di Cristo. Volle imitare il suo Maestro Divino nello stile semplice e umile di San Francesco. Poverissima la sua abitazione a San Marco, ove tutto richiamava l’essenziale evangelico. La sua povertà non era solamente affettiva, ma effettiva, una povertà che non ostentava, perché era sempre dignitoso nel vestire, nel tratto e nell’essere in mezzo agli altri. Fu, prima di tutto una povertà interiore che lo spogliò del suo «io», che lo rese umile e fu una povertà esteriore che lo faceva spogliare anche dei suoi abiti dinanzi a chi era più povero.
Il contemplativo Giorgio La Pira dalla sua «stanza interiore» lanciò un ponte che lo agganciava alla terra degli uomini, divenendo, così, fratello di tutti. Dalla contemplazione scaturì la sua azione sociale. Chi ama Dio non può essere estraneo ai fratelli e alle sorelle. Lo aveva scritto La Pira, nel suo ultimo numero di Principi, che per noi cristiani la vera mistica è l’unione con tutti i fratelli. La Pira fu sulla scia dei grandi contemplativi della Chiesa: Bernardo di Chiaravalle, Francesco d’Assisi, Bernardino da Siena, Vincenzo de Paoli. E come loro visse con tutti gli uomini, di ogni classe, di ogni categoria sociale, e di ogni credo politico e religioso.
Dalla contemplazione nacquero l’attività caritativa a San Procolo, la partecipazione alla Costituente, l’azione politica, l’accettazione del ruolo di sindaco a Firenze, l’azione sindacale per la Pignone, i convegni fiorentini per la pace, la missione in Vietnam e in Russia, la commemorazione del 7° centenario della morte di S. Tommaso d’Aquino nel 1974 a Fossanova.
San Procolo è una chiesetta in piazza San Firenze. Lì, La Pira, giovane professore di università, iniziò con i suoi amati studenti gli incontri della carità. Radunò barboni, poveri ed emarginati. Ogni domenica la chiesa si trasformava prima in una sala da barbiere, perché i suoi studenti facevano la barba a tanti, pulivano e rammendando vestiti. Seguiva la Santa Messa introdotta e conclusa da un pensiero di La Pira, infine a tutti veniva donato un pacco viveri. Da San Procolo si trasferì a Santo Stefano nei pressi di Ponte Vecchio, poi ai Santi Apostoli e, per ultimo, alla Badia fiorentina nel cuore di Firenze. I suoi sermoncini, pubblicati, poi, nel volumetto Badia sono pagine splendide di fede e carità. Fioretta Mazzei, la sua fedele segretaria, scriveva: «San Procolo fu il suo punto di riferimento fisso ogni domenica per quarant’anni e più, perché vi andò fino all’agosto 1977. Abbiamo registrato le sue ultime Ave Maria in quella chiesa: San Procolo fu la sua famiglia in qualche modo: come si trovava con loro non si trovava con nessuno. Quante volte lo avrà ripetuto! Gli davano forza, gli davano coraggio».
Fu poi sindaco di Firenze ed è il nome con cui La Pira è passato alla storia. Un sindaco dal cuore aperto e dalle mani giunte, che si spinse a sanare i mali di una città che rinasceva dalle macerie della guerra. Nacquero nuovi quartieri, come quello dell’Isolotto, ordinati e limpidi secondo la chiarezza dell’architettura toscana. Nei vari agglomerati volle il tabernacolo della Madonna, secondo l’antica tradizione fiorentina, e quando consegnava le case popolari dava al capofamiglia insieme alla chiave la coroncina del Santo Rosario.
Durante il periodo della sua sindacatura difese la Pignone, una fabbrica della quale si profilava la chiusura. Si unì agli operai nella loro azione sindacale, fece sciopero con loro, soprattutto pregò con loro. La fabbrica non si chiuse.
Altra azione del contemplativo La Pira fu, nel periodo della sua intensa attività di primo cittadino, l’organizzazione dei Convegni della Pace, che videro a Firenze uomini di varie nazioni, di varie religioni e di varia estrazione politica. Alcuni definirono quei convegni «utopia», ma era l’utopia di colui che con grande fede pregava e faceva pregare. A conclusione di uno di questi convegni, ove erano presenti i sindaci di tutte le capitali delle varie nazioni, invitò tutti a recitare insieme la preghiera del «Padre Nostro».
La sua utopia, già nel 1959, lo portava a sognare la caduta del muro di Berlino, che vedeva possibile, ma come un avvenimento che sarebbe certamente avvenuto, in un tempo non lontano e non per l’intreccio della diplomazia, ma per la forza della preghiera.
Giorgio La Pira credeva alla forza della preghiera. Il 13 luglio 1959 fece un pellegrinaggio a Fatima per chiedere la protezione della Madonna per il suo prospettato viaggio in Russia. Sorretto da questa forza andò in Russia, da Kruscev e in Vietnam, da Ho Chi Minh per domandare la pace. Sempre fiducioso nella preghiera volle che s’incontrassero i popoli monoteisti del Mediterraneo: cristiani, ebrei, musulmani.
Fu questo il ponte dettato dal Venerabile che aveva come terra di lancio la contemplazione e come sponda d’approdo il mistero della vita eterna che ha un segno vivo nella Risurrezione di Cristo.
Giorgio La Pira contemplativo e uomo di azione, incarnò lo spirito di Marta e Maria di Betania. Così si legge in una lettera indirizzata a Salvatore Quasimodo, il poeta che gli fu sempre amico fraterno: «Carissimo Totò, chi non è santo o chi non intenda la necessità di esser santo non potrà mai capire il paradiso. Non lasciare senza alimento la lampada della tua anima: la voce di Cristo non passi senza echi nell’intimo della tua vita: e l’unica voce che possiede davvero le armonie sante di cui solamente a fame il cuore dell’uomo: ogni altra voce è corteccia senza frutto; questa sola è sostanza di vita che sa germogliare nei cuori aperti e pronti ad accoglierla. Gesù è l’amico vero ed il vero consolatore: egli solo sa essere nel cuore dell’uomo fermento santificante di vita, di preghiera, di gioia. Ti auguro questo bene vero, questo stimolo intimo dell’anima ad aprirsi alle cose celesti per fare posto alla grazia e alla pace. Tuo nel Signore, Giorgio».
La lezione della pace
Gli operatori della pace sono coloro che aprono la propria vita al progetto di Dio e orientano se stessi verso gli altri nella continua ricerca del bene comune. Occorre essere portatori di pace, anzitutto con il proprio comportamento giornaliero, vivendo in pace con Dio. Gli operatori di pace si sforzano di creare legami, di stabilire rapporti con tutti, appianando tensioni e mugugni. Perché Dio è la fonte della pace, e il Figlio Suo, il Principe della Pace.
Lavorare e stabilire simili rapporti nella propria casa o nel proprio ambiente di lavoro è un fatto rivoluzionario. Gesù non è venuto a portare la pace ma il fuoco della pace. Tutto il suo messaggio e il suo comportamento sono orientati in questo senso. Ma proprio questo rapporto nuovo, stabilito con le persone, smaschera spesso la falsità e indirizza i cuori alla pace. Questo è il sogno di Gesù! Il suo Vangelo!
L’idea dell’incontro è centrale nel magistero di Giorgio La Pira. La sua missione, infatti, ebbe come fulcro la testimonianza di un incontro reale e personale con Cristo Gesù e con il prossimo.
Questa è la struttura di ogni autentica umanità che, dal senso del mistero trae ispirazione per un «senso sacro» della relazione con gli altri, riconosciuta, a sua volta, quale struttura portante dell’umano: ogni uomo proviene da un incontro che l’ha generato e da una trama di incontri che l’ha educato e l’ha reso a sua volta capace di incontrare. È proprio questa idea di «incontro» che sembra stare all’origine del «dinamismo di pace» a cui lavorava alacremente Giorgio La Pira.
Per una grammatica della cultura dell’incontro è necessario partire da un atteggiamento di piccolezza evangelica. Infatti, l’umiltà spinge a uscire da sé per rivolgersi all’Altro e, rinnegando l’«io», fa emergere la bellezza del prossimo. Ci è chiesto di incarnare una modalità disarmata di presentarsi all’altro sull’esempio di Cristo, sospendendo ogni forma di giudizio, rinunciando alla logica del potere e testimoniando lo spirito della gratuità nella condivisione delle risorse, dei talenti e del tempo.
Con i suoi celebri discorsi, Giorgio La Pira ci ha lasciato un forte appello alla pace e alla fraternità. Parole che rappresentano un faro nel buio originato dalle guerre che ancora oggi infuriano in ogni parte del mondo. Riscoprire il messaggio di pace di La Pira può essere un balsamo per le sofferenze e le paure che attanagliano tutti noi in questi giorni difficili.
Già a partire dal suo celebre discorso del 1947, tenuto all’Assemblea Costituente, gli intenti politici e sociali dell’attività di La Pira risultavano chiari: formare una comunità internazionale solida e solidale, una vera e propria «famiglia delle genti umane». Profondamente legato al cristianesimo, Giorgio La Pira ha coniugato la fede alla politica, ed è stato capace di lanciare messaggi di pace potentissimi che vanno oltre la religione e la religiosità.
Le parole di quest’uomo, che potrebbero sembrare utopiche e ingenue anche alla luce degli sviluppi storici di cui oggi siamo testimoni, si sono accompagnate alle attività concrete di Giorgio La Pira, che si è impegnato molto nella lotta per i diritti dei lavoratori e nella promozione di un messaggio di pace forte e sentito: è stato lui a dare vita ai famosi convegni per la Civiltà Cristiana di Firenze, dove intervenivano illustrissimi rappresentanti di tutte le nazioni del mondo e grazie a cui La Pira intesseva contatti e legami con gli altri paesi, promuovendo un dialogo e un percorso di pace.
Quando leggiamo le parole di Giorgio La Pira sulla sovranità di Stato e su come essa vada considerata nell’ambito della comunità internazionale, non possiamo fare a meno di pensare alla guerra, che è molto spesso determinata soltanto dalle ragioni di Stato, senza tenere in considerazione né il popolo che vive nei paesi interessati, né i rapporti fra le diverse nazioni e l’equilibrio pacifico dovrebbe coesistere fra esse.
Il travaglio culturale che attraversa il nostro tempo, è un vero e proprio cambiamento d’epoca che non è il semplice risultato di innovazioni passeggere frammentate e disarticolate, ma l’esito di un preciso progetto, di una premeditata logica perseguita secondo pianificazioni ben strutturate e convergenti.
La città di Dio e la città dell’uomo nel travaglio permanente di un tenace pellegrinaggio interiore verso il Trascendente o verso l’orizzonte circoscritto e limitato della vita terrena: queste le cifre teologiche che hanno animato la grande e profetica stagione del Concilio Vaticano II che, pur riaffermando la relativa autonomia delle realtà temporali e della ragione umana che le scruta, le indaga e le ordina, ha affermato il primato della verità di Gesù Cristo in riferimento al pieno riconoscimento della verità dell’uomo.
Sulla Rivista di ascetica e mistica (1978/1) Giorgio La Pira scriveva: «Il mondo moderno habisogno di un ordine veramente nuovo; di qualcosa di vasto e di impressionante. Una cosa è certa: la civiltà che si è venuta costruendo è destinata ad un crollo radicale. […] L’ordinenaturale umano fu composto nella grazia, fu scomposto dalla colpa, non si restaura che nellagrazia».
In un tempo così incerto e frazionato siamo chiamati a ritrovare la forza profetica della speranza. Si tratta di raccogliere, coltivare e far affiorare nel santuario della coscienza e nelle storie di vita delle persone, le tessere di un mosaico originario, che può essere ricercato e ritrovato anche dentro alla molteplicità dei singoli frammenti, anche nel vuoto di fragili domande, di risposte non trovate o non date: un progetto capace di donare speranza e pienezza ad ogni singola vita.
Pozzallo e il suo mare, la sua gente e la sua fede. Pozzallo, città dalle braccia spalancate nello spirito di evangelica accoglienza. Icona di pace che germoglia per dare speranza alle sofferenze degli ultimi che, lasciando la propria terra, sognano un futuro migliore. Offrendo ristoro e riparo, Pozzallo onora la vita dell’uomo ferito e rende vivo il sogno del Venerabile Giorgio La Pira.
«Il Mediterraneo dovrebbe essere piuttosto un laboratorio di pace, un «luogo dove Paesi e realtà diverse si incontrino sulla base dell’umanità che tutti condividiamo», come ho avuto modo di sottolineare a Marsiglia, nel corso del mio viaggio, per il quale ringrazio gli organizzatori e le Autorità francesi, in occasione dei Rencontres Méditerranéennes. Davanti a questa immane tragedia finiamo facilmente per chiudere il nostro cuore, trincerandoci dietro la paura di una “invasione”. Dimentichiamo facilmente che abbiamo davanti persone con volti e nomi e tralasciamo la vocazione propria del Mare Nostrum, che non è quella diessere una tomba, ma un luogo di incontro e di arricchimento reciproco fra persone, popoli e culture. Ciò non toglie che la migrazione debba essere regolamentata per accogliere, promuovere, accompagnare e integrare i migranti, nel rispetto della cultura, della sensibilità edella sicurezza delle popolazioni che si fanno carico dell’accoglienza e dell’integrazione. D’altra parte occorre pure richiamare il diritto di poter rimanere nella propria Patria e la conseguente necessità di creare le condizioni affinché esso possa effettivamente esercitarsi» (Francesco, Al Corpo diplomatico, Città del Vaticano, 8 gennaio 2024).
La celebrazione del 120° anniversario della nascita del Venerabile Giorgio La Pira sia per la Diocesi di Noto e per tutti gli uomini di buona volontà un’occasione per camminare insieme sui sentieri della pace e costruire ponti di vera fraternità.