«LA PACE COME VIA DELLA SANTITÀ»

Omelia in occasione del XLVI anniversario della morte del Venerabile Giorgio La Pira Chiesa Madre - Pozzallo
05-11-2023

Non avrei mai immaginato di celebrare, e da Vescovo, una Santa Messa nella Chiesa Madre di Pozzallo per onorare la memoria del Venerabile Giorgio La Pira che proprio qui è divenuto cristiano, figlio di Dio. Per questa occasione di grazia, al Signore e alla comunità cristiana di Pozzallo dico: grazie!
Per me è come aprire l’album della memoria, far un passo, mille passi, indietro nel tempo. Ripenso ai lunghi anni trascorsi in Seminario a Caltanissetta. Ripenso alla formazione teologica, spirituale, pastorale e umanistica. Ringrazio il Signore per i formatori che ha messo sulla mia strada: mi hanno indicato la via della bellezza come via di santità personale e vero spazio di evangelizzazione. Il cammino di formazione alla vita presbiterale, secondo le norme e i principi della Chiesa universale, non può non educare al senso della bellezza e della vera cultura come epifania della vita divina.
Sollecitato dai miei formatori, ricordo di aver letto da giovane seminarista le Lettere alle Claustrali e le Città sono vive. Ogni visita a Firenze con la Comunità del Seminario era impreziosita da lezioni magistrali sulle figure di Giorgio La Pira, Piero Bargellini, Don Giulio Facibeni, Giovanni Papini, Don Lorenzo Milani, Divo Barsotti, Mario Luzi e sui circoli culturali e di santità che animavano, dagli anni 30 agli anni 60, la vita non solo della città gigliata ma dell’intero paese. Pagine di vita che rimangono scolpite nel cuore. Le strade dei letterati appassionati della vita autentica dell’uomo e dei costruttori profetici e pacifici della Città di Dio, si sono incrociate sapientemente sullo snodo centrale che racchiude e riassume il pensiero di un umanesimo integrale: la dignità di tutti e la capacità di coniugare insieme la giornata terrena dell’uomo e il Trascendente.
L’attuale crisi dei valori fondamentali, su cui si radica la responsabilità dell’uomo verso la vita, la famiglia e il creato, conduce, purtroppo, alla dispersione e alla morte dell’uomo stesso e di quel bene comune che fonda dal di dentro ogni società e convivenza civile. Eppure crediamo fermamente, alla luce della Rivelazione di Dio, che la verità, il bello, il buono e il giusto sono aspirazioni profondamente radicate nella mente e nel cuore di ogni persona.
È a partire da questi valori fondamentali, che sono ad un tempo antropologici, culturali e spirituali, che il Vangelo e la prossimità delle comunità e dei cristiani possono risultare decisivi per la vera e integrale promozione di ogni singola persona.
Dobbiamo tornare ad essere capaci di leggere le profondità e gli abissi del cuore umano per mostrare come anche in essi si cela la necessità di gridare e invocare il nome di Dio. Ad una cultura dell’indifferenza e tendenzialmente utilitaristica che accoglie progetti di vita puramente orizzontali, oggi si deve poter offrire una weltanschauung che parta dalla semplice azione dell’uomo per giungere ad un’etica di ricerca delle motivazioni dello stesso agire dell’uomo orientato al Trascendente.
«Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, ti ha benedetto Dio per sempre» (Sl 44, 3). Il pellegrinaggio della fede del Venerabile Giorgio La Pira è stato alimentato dalla continua ricerca della Bellezza e poiché avvertiva nell’animo la Presenza di Colui che è Somma Bellezza, ha vissuto i Santi Misteri con la grande consapevolezza di essere una sola cosa con «il più bello tra i figli dell’uomo», Cristo Gesù. Si è lasciato assumere da Colui che tutto e tutti assume con infinito amore.
La Pira ha molto da dire all’uomo di oggi e alle sue inquietudini e la sua opera ci aiuta a comprendere il significato vero della pace, come estensione di vera umanità arricchita dal desiderio e dall’anelito di santità che porta tutti a incarnare il servizio al bene della città come cammino di perfezione interiore.
La crisi internazionale che viviamo oggi ci impone di tornare a riflettere che siamo custodi e non padroni del mondo, che siamo chiamati a lavorare per lasciare a chi verrà dopo di noi un mondo migliore e pacifico.
Per La Pira solo la fraternità riesce a unire gli sforzi necessari per combattere il seme mai sconfitto dell’odio e della guerra. Per questo in giovane età scriveva a Piero Bargellini: «Allora, caro Piero, il programma è chiaro: farci santi noi per fare santi gli altri».
La fede, per La Pira, era questione di amore e di vita, non di ricerca individuale di puro narcisismo spirituale. Cercando Cristo ambiva ad essere Santo e amando Cristo si sforzava di essere umile, appassionato, irresistibile nella sua forza di amore con la quale trascinava anche gli animi più ribelli a scegliere, a compromettersi fino in fondo nei suoi progetti di pace, a sostenerlo direttamente in tante iniziative per il bene del popolo, a cercare le risposte concrete alle domande che venivano dalla povera gente.
Si presentava così: «Io sono un credente cristiano e dunque parto da un’ipotesi di lavoro che, per me, non è soltanto di fede religiosa ma razionalmente scientifica. Credo nella presenza di Dio nella storia e dunque nell’incarnazione e nella resurrezione di Cristo dopo la morte in croce; credo che la resurrezione di Cristo è un evento di salvezza che attrae a sé i secoli e le nazioni. Credo dunque nella forza storica della preghiera. Quindi secondo questa logica ho deciso di dare un contributo alla coesistenza pacifica Est-Ovest come dice il Signor Krusciov, facendo un ponte di preghiera fra Occidente e Oriente per sostenere, come posso, la grande edificazione di pace nella quale tutti siamo impegnati». Così parlò al Cremlino, nel 1959.
La verità è Cristo da adorare nella sua presenza eucaristica e da testimoniare e cercare nei segni dei tempi. Dal Cenacolo di mistica preghiera del Convento domenicano di San Marco dove partecipava alla Santa Messa quotidiana o della Chiesa dell’Annunziata guidata dai Servi di Maria, tempio della fede mariana dei fiorentini, La Pira comprese che il mistero del Pane di Vita era memoriale di Bellezza perché, nell’offerta del pane e del vino, la Chiesa presenta al Padre, il Cristo, Redentore del mondo. Il cristiano, quindi, deve sempre più conformarsi a Cristo Servo per dare semplicemente vita, secondo il proprio ministero e carisma nella Chiesa, ad una comunità d’amore, di speranza e di pace.
Firenze non era per lui solo uno scrigno straordinario di storia e bellezza ma luogo di incontro e solidarietà, faro di cultura della pace e laboratorio di fraternità.
Ascoltava tutti perché in tutti contemplava il volto di Cristo. Si fermava a parlare con tutti perché il suo animo era colmo di Dio e non aveva paura dei suoi avversari. Dipinto da alcuni come un ingenuo, umile non aveva bisogno di ostentarsi, non curava affatto la sua immagine, andava dritto al cuore e alla mente e così rispondeva alle domande vere delle persone che serviva con spirito evangelico. Viveva la politica come un servizio e non come luogo di potere.
Era innamorato di Dio e per questo innamorato profondamente dell’uomo, tutto l’uomo. Mistico e pratico, incarnava lo spirito di Marta e Maria. Ha desiderato il cielo e per questo amava la terra.
L’esperienza di La Pira ci fa comprendere il magistero di Papa Francesco che chiede a tutti di avere uno sguardo contemplativo sulla città. La sua contemplazione del Signore era popolata dei mille volti, delle storie, delle sofferenze che incontrava e cercava.
Viveva, come scrive Papa Francesco in Fratelli Tutti «l’amore politico» (FT180) e intendeva l’amore per la cosa pubblica non come mercatino delle idee impossibili. Scrive Papa Francesco: «Riconoscere ogni essere umano come un fratello o una sorella e ricercare un’amicizia sociale che includa tutti non sono mere utopie. Qualunque impegno in tale direzione diventa un esercizio alto della carità» (FT 186).
Visse l’amore per la polis condividendo ideali e sogni con altri padri della nostra amata Italia. Ricordiamo l’esperienza che lo unì nella cosiddetta «comunità del porcellino» che si riuniva a Roma in Via della Chiesa Nuova 14 in una casa di proprietà delle sorelle Pia e Laura Portoghesi: vi trovavano rifugio Amintore Fanfani, già ministro, Giuseppe Dossetti, vicesegretario della Democrazia cristiana, Giuseppe Lazzati, futuro rettore dell’Università Cattolica, Giuseppe Glisenti e Giuseppe Criconia. Laura Portoghesi si prodigava per preparare i pasti. Ben presto al gruppo si aggregava anche Giorgio La Pira.
Fu così che si venne a creare, appunto, la «comunità del porcellino»: una sera, infatti, l’allora vicepresidente delle Acli Vittorino Veronese si presentò con un porcellino farcito, dando così il nome al gruppo.
L’atto di fondazione della comunità è ufficialmente celebrato l’11 giugno 1947, con la stesura di un documento ufficiale che sancisce la costituzione del gruppo, firmato dai vari membri. Queste discussioni diedero vita ad una vera comunità, dove nacquero idee e linee di pensiero poi riportate all’interno dell’Assemblea Costituente. Questo gruppo, infatti, darà un grande contributo alla stesura della prima parte della Costituzione della Repubblica Italiana, principi poi fondamentali redatti dalla Commissione dei 75 padri della stessa Costituzione.
Durante questi pasti e incontri non mancarono illustri ospiti: da Aldo Moro al calatino Mario Scelba, dal filosofo francese Jacques Maritain, grande amico di Paolo VI a padre Agostino Gemelli. Da ricordare anche la tanto attesa visita negli appartamenti delle sorelle Portoghesi, del Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi del 5 febbraio 1948.
La Pira ha da dire molte cose al mondo e alla sua Pozzallo che si affaccia sul Mediterraneo della disperazione e della morte. Lui sarebbe orgoglioso dello spirito di accoglienza solidale che anima la vita di questa città.
Carissimi fratelli e sorelle, dobbiamo tornare a tracciare sentieri di pace, dobbiamo tornare a frequentare i tavoli della condivisione delle idee che favoriscono il bene della persona, dobbiamo abbattere le barriere del tornaconto e prostrarci dinanzi al «roveto ardente» di ogni uomo ferito nella propria dignità. Dobbiamo inculcare nel cuore dei nostri ragazzi e dei nostri giovani la sete dei grandi ideali, testimoniare loro che la vita è servizio, è un dono, non è tirare a campare o cercare di fare lo sgambetto al prossimo solo perché intenti ad accumulare beni a discapito degli altri. «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde se stesso?» (Mt 16,26). Il sogno di La Pira è stato un sogno universale, un ponte che ha voluto unire le coscienze e raggruppare gli ideali di tutti. Nessuno escluso.
La Pira pregava con queste parole, che facciamo nostre: «O buon Gesù, io Ti raccomando tutti coloro che piangono e soffrono, e tutti quelli che fanno piangere e soffrire. Ti raccomando i fanciulli abbandonati, la gioventù nello scandalo e nel pericolo, la vecchiaia nel bisogno, tutti coloro che soffrono nella povertà. Ti raccomando chi piange la morte dei suoi cari, chi cerca lavoro e non lo trova, chi soffre nella solitudine, gli ammalati, gli handicappati, le vittime della droga e dell’alcool, i carcerati, i deportati, gli immigrati, gli oppressi, coloro che sono in guerra, i profughi, confortali! O Signore, aiutali, benedicili. Ti raccomando la nostra terra. Ti raccomando il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti, le Suore, i Missionari, le famiglie. Ti raccomando quelli che ancora non ti conoscono e tutti coloro che sono lontani dalla Chiesa. Forma, O Signore, un solo ovile, con un solo pastore».