«LA VITA DONO D’AMORE»

Omelia in occasione del Pellegrinaggio delle Famiglie della Metropolia di Siracusa - Basilica Cattedrale
19-11-2023

Carissimi,

è motivo di grande gioia per noi stare qui attorno alla mensa della Parola e del Pane di vita e celebrare il mistero della nostra fede. Un segno di profonda comunione delle Chiese che incarnano, a volte con fatica ma con vera passione, il Vangelo di Cristo a Siracusa, Ragusa e Noto.

«Famiglie siate il volto accogliente della Chiesa». Il tema della presente giornata ci pone dinanzi ad una sfida che attraversa la vita e la storia delle nostre Chiese: essere aperte e accoglienti, pronte a «rendere testimonianza della speranza che è in noi» (1 Pt 3, 15).

La comunione dell’uomo e della donna nel matrimonio è presenza dell’immensa bontà divina, che si fa paternità e maternità. E la grazia sacramentale ha inondato di novità la vostra vita! È amore che scaturisce dal seno della Trinità, di cui la famiglia umana è immagine eloquente e viva.

Siete chiamate, oggi più che mai, a santificare le gioie, ad affrontare le difficoltà e le sofferenze, a superare con la preghiera comune le crisi e i momenti di stanchezza; tutto è per voi sorgente di santificazione e forza di donazione. E quanti doni, oggi, il Signore continua ad elargire a piene mani.

La parabola dei talenti è un’icona straordinaria che accompagna l’avventura della fede di ciascuno di noi e delle nostre famiglie. Nella prospettiva dell’ultimo incontro con il Signore Gesù questa pagina evangelica ci sollecita a riflettere sul tempo che ci è stato dato gratuitamente e a trovare in esso un dono, un invito all’impegno operoso, una giusta preparazione al giudizio di Dio.

La parabola evangelica racconta di un padrone che conosce profondamente la diversa capacità dei suoi servi e divide i suoi beni con molta prudenza. I primi due furono abilmente capaci di mettere da parte per il loro Signore il doppio di quanto avevano ricevuto; il terzo, invece, maldestro e timoroso, non riesce ad assicurare reddito alcuno. Prende il talento che gli è stato affidato, scava una fossa e lo nasconde. Agisce come se non gli fosse stato consegnato niente, come uno che rifiuta il dono messo nelle sue mani. È convinto di essere nel giusto, di aver agito rettamente e quindi di meritare lode e approvazione. Il padrone invece lo riprende e lo punisce duramente, mentre riserva un’altissima ricompensa a quelli che lo hanno servito con rispetto.

Il terzo servo rappresenta quanti non riescono a far fruttificare i doni ricevuti: la vita, il tempo e l’intelligenza, le grazie ordinarie, doni necessari per crescere nella conoscenza e nell’amore di Dio e del prossimo.

Il Signore, nella Sua imperscrutabile volontà, nel distribuire i suoi doni si mostra generoso con tutti. Precisiamo che il talento era una quantità di denaro consistente, all’incirca la somma di quanto un lavoratore avrebbe potuto accumulare lavorando per una quindicina d’anni senza spendere niente: il talento era una quantità d’argento di oltre 25 chilogrammi. Come ci ricorda il Santo Padre Francesco «Il Signore non dà a tutti le stesse cose e allo stesso modo: ci conosce personalmente e ci affida ciò che è giusto per noi; ma in tutti ripone la stessa immensa fiducia».

Tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che siamo, è un dono. Tutto è stato ricevuto; tutto ciò che costituisce la nostra personalità è un regalo di Dio. Come il padrone della parabola, Dio non fa mai agli uomini delle elargizioni uguali. Ciascuno ha le sue ricchezze e le sue povertà, i suoi limiti e le sue qualità.

Presentando questa parabola Gesù condanna l’atteggiamento di chi si crede a posto con la propria coscienza e con Dio, perché non ha fatto niente di male. Da tutto questo diventa chiaro che vivere non è trascorrere del tempo girando a vuoto o occuparci delle cose senza trovarne il giusto senso.

Valiamo molto perché molto ci è stato donato, valiamo molto e siamo chiamati a scoprire di quali doni il Signore ci ha ricolmati perché siano messi a disposizione dei fratelli.

Passare il tempo a lamentarsi di ciò che non si ha, invece di gioire per ciò che si è, è fare un grave torto alla straordinaria generosità di Dio nei nostri confronti. E Gesù ci suggerisce qualcosa di straordinario: ci ha riempiti di gioia, di grazia, siamo pieni e colmi di Dio.

Il desiderio di Dio è che l’uomo sia spazio d’amore e questo amore bisogna condividerlo con gli altri. Questo è il talento che Dio gradisce. Siamo preziosi non perché capaci ma perché amati. Tutti abbiamo un dono da scoprire, non da sotterrare nella depressione e nei sensi di colpa! Tutti abbiamo risorse e dobbiamo metterle in gioco per il bene comune, per far crescere la Chiesa e l’umanità.

Care famiglie, la vostra sia sempre una testimonianza di accoglienza, di servizio e di generosità. Promuovete la vita di ogni persona, specialmente di chi è debole, infermo o fragile; testimoniate e seminate a piene mani l’amore alla vita. Siate artefici della cultura della vita e della civiltà dell’amore. Abbiate la giusta venerazione per chi soffre.

Nella Chiesa, impegnata a vivere la stagione del Sinodo, è l’ora della famiglia. Essa è chiamata ad un ruolo di primo piano nell’opera della nuova evangelizzazione. Dal seno di famiglie, dedite alla preghiera, all’apostolato e alla vita ecclesiale matureranno genuine vocazioni non solo per la formazione di altre famiglie, ma anche per la vita di speciale consacrazione.

La Chiesa saprà sviluppare la sua missione messianica se porrà di nuovo al centro dei suoi criteri di valutazione, delle sue parole e delle sue scelte la misericordia; se annuncerà il Vangelo di DIo sapendo essere spazio visibile di misericordia, offrendo strutture di relazione segnate dalla tenerezza e dal perdono, dalla riconciliazione e dal cambiamento sempre possibile.

Afferma Papa Francesco: «La misericordia di Dio: una grande luce di amore, di tenerezza. Dio perdona non con un decreto, ma con una carezza». E il santo Vescovo Don Tonino Bello scriveva in Una provocazione fatta pietra: «Che cosa ci si aspetta? Anzitutto una chiesa che ascolti. Una chiesa che riscopra la parola di Dio e faccia affidamento su di essa più che sull’esteriorità dei suoi riti o sul fulgore delle sue devozioni. Una chiesa che confidi nella Parola come sua unica ricchezza decisiva e non ponga speranze di salvezza nel prestigio della sua storia o nello spessore della sua cultura. […] Una chiesa che sia meno preoccupata di salvaguardare le sue chiarezze concettuali che non di rispondere ai disperati appelli del cuore umano. Una chiesa che sia fedele a Dio e anche all’uomo, adoperando un linguaggio meno consumato dall’uso e meno calcificato dal tempo. […] una chiesa accogliente che non fa discriminazioni. Una chiesa che ha il cuore tenero, di carne, non di pietra. Una chiesa che non è arcigna, che non esclude. […] Come comunità non fate discriminazioni. Non compilate elenchi dei buoni e dei cattivi. Il vostro cuore si allarghi sempre più».

Le famiglie cristiane, oggi, sono chiamate dal vangelo a superare la tentazione di farsi imprigionare in una rete di giudizi duri e inappellabili, che non tengono conto della varietà di sensibilità, esperienze, difficoltà, problemi che segnano la vita umana; tentazione «farisaica» contro cui Gesù si è scagliato con estrema decisione.

 Per una vera cultura del­l’incontro è necessario partire da un atteggiamento di piccolezza evangelica. Infatti, l’umiltà spinge tutti a uscire da sé per rivolgersi all’Altro e, rinnegando l’io, fa emergere la bellezza del prossimo. Ci è chiesto di incarnare una modalità disarmata di presentarsi all’altro sull’esempio di Cristo, sospendendo ogni forma di giudizio, rinunciando alla logica del potere e testimoniando lo spirito della gratuità nella condivisione delle risorse, dei talenti e del tempo.

Care famiglie, vi invito a proseguire il cammino
ascoltando il Padre che vi chiama:
fatevi missionarie per le vie del mondo!
Non camminate da sole!
Voi, giovani famiglie, fatevi guidare da chi conosce la via,
voi che siete più avanti, fatevi compagne di viaggio per le altre.
Voi che siete smarrite a causa delle difficoltà,
non fatevi vincere dalla tristezza,
fidatevi dell’Amore che Dio ha posto in voi,
supplicate ogni giorno lo Spirito di ravvivarlo.
Annunciate con gioia la bellezza dell’essere famiglia!
Annunciate ai bambini e ai giovani la grazia del matrimonio
cristiano. Donate speranza a coloro che non ne hanno.
Agite come se tutto dipendesse da voi,
sapendo che tutto va affidato a Dio.
Siate voi a “cucire” il tessuto della società e di una Chiesa
sinodale, che crea relazioni, moltiplicando l’amore e la vita.
Siate segno del Cristo vivente,
non abbiate paura di quel che il Signore vi chiede,
né di essere generosi con Lui.
Apritevi a Cristo, ascoltatelo nel silenzio della preghiera.
Accompagnate chi è più fragile
fatevi carico di chi è solo, rifugiato, abbandonato.
Siate il seme di un mondo più fraterno!
Siate famiglie dal cuore grande!
Siate il volto accogliente della Chiesa!
E, per favore, pregate, sempre pregate!
Maria, nostra Madre, vi soccorra quando non ci sarà più vino,
sia compagna nel tempo del silenzio e della prova,
vi aiuti a camminare insieme al suo Figlio Risorto.