Carissimi fratelli e sorelle, giunti fin qui così numerosi da ogni comune della diocesi, carissimi confratelli nel sacerdozio e nel diaconato, religiosi e religiose, cari seminaristi, gentilissime autorità civili e militari, carissimo Signor Sindaco, vi saluto col cuore colmo di gioia e di gratitudine per la vostra presenza e perché, sempre, mi accogliete, in ogni angolo del nostro territorio, con amore e amicizia.
Un saluto speciale ai nostri fratelli ammalati accompagnati dai volontari: a voi chiedo, qui ai piedi della Vergine, di pregare e offrire le vostre sofferenze per la nostra amata Chiesa e, soprattutto, per le vocazioni alla vita sacerdotale. Grazie per la vostra presenza. Siete il vero tesoro della Chiesa!
Un saluto particolare al seminarista Andrea Bonomo della Comunità Parrocchiale Santa Maria delle Grazie in Ispica che oggi viene ammesso agli Ordini Sacri. Siamo grati ai suoi familiari che lo hanno incoraggiato e sostenuto, ai sacerdoti che lo hanno guidato in questi anni di formazione. Caro Andrea il Signore ti renda sempre più docile e ti faccia crescere in umiltà. Preghiamo perché tanti giovani aprano il loro cuore al Signore con un «sì» umile e totale.
Il cammino di Maria verso la Casa di Elisabetta è l’icona della Carità che sgorga dalla vita di chi ha incontrato il Signore. La Vergine Maria è la piena di grazia e la sua strada inonda di benedizione il cuore degli uomini. Camminando con Maria, la Chiesa, riscopre l’autentica bellezza della Carità, del Servizio e della Comunione.
«In quei giorni Maria …»
Maria Santissima rispose alla chiamata del Signore consegnando completamente e pienamente la sua vita all’Onnipotente. Maria è la Madre del Signore, colei che vince il Maligno e allontana dall’uomo le tenebre del peccato. Oggi nella storia della salvezza ciascuno di noi è chiamato dal Signore a vivere come Maria… Ieri come oggi Dio, nella Sua Bontà infinita, raggiunge la vita e la storia di tutti. Il tempo che noi viviamo appartiene a Lui e nonostante le ansie e le inquietudini, le lotte e le tante contraddizioni che distolgono l’uomo dal tenere fisso lo sguardo verso il Cielo, Dio si fa carne, bambino, ma anche madre, l’Eterno entra nel frammento del Tempo. Il nostro tempo, allora è Tempo di Dio…
«…si mise in viaggio verso la montagna»
La decisione di partire per Maria non sarà stata certamente facile. Era pericoloso mettersi in viaggio a quei tempi, in particolare per una donna sola e in quelle condizioni. La montagna è il luogo dell’incontro fra Dio e l’uomo. Il Signore sulla montagna manifesta il suo volere al popolo, stipula un’alleanza e ai discepoli affida le beatitudini.
La Vergine Maria, fra mille difficoltà, e lo crediamo veramente, decise di affrontare la montagna per dare compimento al progetto di Dio: la Madre del Signore è colei che serve, colei che mette a disposizione la propria vita perché la sua gioia è posta nel Cuore di Dio ed Egli trova gioiosa dimora nel grembo di una Donna.
«…e raggiunse in fretta una città di Giuda»
La Casa di Elisabetta è la meta di Maria, l’approdo di ogni cammino cristiano: la casa dell’uomo che attende la venuta del Signore e del Salvatore. Maria ha fretta non perché avverte in sé la stanchezza e il logorio del viaggio ma perché i tempi della Vergine sono quelli di Dio. Non è più la fretta ansiosa degli uomini che vagano di qua e di là: è la fretta di Dio. L’Amore!
Commenta Sant’Ambrogio: «la grazia dello Spirito Santo non sopporta ritardi».(1)
Evidentemente in Maria era vivo anche il desiderio del servizio, dell’aiuto da prestare all’anziana cugina. Iniziano a emergere i motivi di una relazione umana vera e profonda. Maria può offrire aiuto perché capisce ciò che è avvenuto in Elisabetta, sa interpretarlo come un evento divino. Maria spera di essere capita. In una relazione autentica, si comprende l’altro e si è compresi a fondo dagli altri.
Maria giunge nella Casa di Elisabetta e Zaccaria per offrire loro un dono prezioso: la presenza del Figlio di Dio. E per questo Maria è l’icona del servizio. La Madre del Signore vive secondo la Vita del Figlio che verrà «non per essere servito ma per servire…» (Mc 10, 35)!
Mettiamoci in atteggiamento di ascolto, sostiamo nella preghiera e decidiamo di partire con i nostri fratelli e sorelle. Decidiamo di scalare in fretta la montagna, forse con qualche sosta di troppo, ma con la sicura convinzione e certezza che Maria, la Stella del Mattino, ci precede e ci incoraggia. Anche se dovessimo smarrire la strada…
«A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».
Elisabetta pone una domanda alla parente appena entrata nella sua casa: «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (v. 43).
Origene scrive: «Era necessario che Maria, che era quanto mai degna di essere madre del Figlio di Dio, salisse alla montagna dopo il colloquio con l’angelo, e dimorasse sulle vette. Doveva, non essendo affatto pigra nel suo zelo, affrettarsi sollecitamente, e, ricolma di Spirito Santo, essere condotta sulle vette, essere protetta dalla potenza di Dio la cui ombra l’aveva già ricoperta». (2)
Compimento di un dovere cristiano, di un impegno preso con il Cristo: portare Dio agli altri.
«Allora Maria disse: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore…”».
Inno d’amore ed esultanza nella casa dei poveri e degli ultimi, degli uomini di Dio, scelti e amati dal Signore, di chi conta poco dinanzi a coloro che credono di essere i forti di turno. Maria canta la storia della salvezza e il dispiegarsi dell’Eterno per un gesto d’amore infinito. «Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Sua misericordia» (Rm 5, 20). E Dio che si «ricorda» del suo amore, svela all’uomo se stesso. Volto misericordioso di un Padre che ascolta il canto d’amore di una fanciulla.
La Vergine Maria, nel Magnificat, ci offre l’esempio della donna che «ricorda» la memoria di quello che Dio ha operato nella storia del popolo d’Israele e di ciò che il Signore attua per noi nella vita di ogni giorno. 5
Maria è la protagonista di un gesto tanto rivoluzionario che rimarrà icona viva per tutti coloro che vogliono prendere sul serio il Vangelo di Dio. Ella davanti all’annuncio dell’angelo non si ritira in una preghiera solitaria, ma sente l’urgenza di trasformare in carità il dono ricevuto.
Maria canta la sua storia, la racconta, la condivide, ha il coraggio di guardare anche avanti, al futuro e ricorda che Dio disperde i superbi nei pensieri del loro cuore, rovescia i potenti e gratifica gli umili, ricolma di beni chi è affamato e a chi si crede ricco lo lascia a mani vuote. Maria dice tutto questo mentre sa che dovrà fare i conti con le angherie di Erode, le incomprensioni dei vicini, la povertà dell’esilio forzato in Egitto.
Rivolgendosi alla Chiesa di Noto Papa Francesco, in data 2 maggio 2024, scrive: «La circostanza evocativa che vi apprestate a celebrare possa stimolare l’itinerario di fede e di testimonianza evangelica, per affrontare con audacia le attuali sfide. Perseverate nell’impegno pastorale volto ad affrontare le molteplici forme di povertà presenti sul territorio, spendendovi con tenera prossimità e amore concreto in favore di quanti sono ai margini della società» (Francesco, Lettera a S.E.R Mons. Salvatore Rumeo e alla Chiesa di Noto, 2 maggio 2024).
L’esperienza della fede è saper scorgere un misterioso bene lì dove tutti vedono solo fragilità e inquietudini, ingiustizia e imprevisti. Ma il dono di questo sguardo viene donato solo a coloro che sanno spendersi nella carità concreta, così come ha fatto la Vergine Maria. Anzi è proprio Lei che ci dice qual è lo scopo vero di ogni carità: portare gioia nella vita degli altri. Chi sa fare questo trova gioia anche per sé.
Con il Magnificat ci troviamo dinanzi alla grande sintesi dell’esperienza di fede di Maria. Questo inno presuppone tutto, ma proprio tutto ciò che la Vergine Maria ha vissuto. È impossibile conoscerla senza prendere in considerazione queste parole che sono la traduzione dei suoi sentimenti intimi di fronte al volere divino.
Nessuno vive una vita spirituale feconda finché non diventa capace di costruire la relazione con Dio come un dialogo vivo fra un «io» e un «tu».
La preghiera di Maria sboccia dal nucleo più intenso e impegnato del suo essere. La silenziosa e obbediente «schiava del Signore» irrompe in grida di giubilo: non lodando se stessa, ma Dio, il Salvatore. Ella magnifica Dio con tutte le energie che trova in se stessa e a partire da se stessa, riconosce la sua piccolezza e per questo può rallegrarsi. San Paolo scriverà, in linea con il Magnificat, «infatti quando sono debole, è allora che sono forte» perché la grazia di Dio ci è sufficiente (2 Cor 12).
A volte ci domandiamo cosa ci manca per sentirci felici? Cosa ci manca perché gli altri ci considerino fortunati? E spesso viviamo in questa inquietudine insaziabile. La Signora del Magnificat ci insegna che non ci manca niente: allora lasciamoci trasformare dalla grazia di Dio.
Dio ci ama senza perché e senza ma, ci ama perché ci ama. Lasciamo che Dio ami la nostra piccolezza, insignificanza, scarsezza e il nostro niente. Perché solo così ci sarà permesso di aprire realmente le porte del nostro cuore a Dio ed Egli potrà dire che la nostra vocazione, qualunque essa sia, è l’Amore.
Tutti dipendiamo da Lui. Nella Novo Millennio Ineunte, San Giovanni Paolo II sfidava la Chiesa del nostro tempo, la Chiesa che noi siamo, a riscoprire «la fantasia della carità» (NMI 50).(3)
Ancora Papa Francesco: «L’esempio dei Santi, dei Beati, dei Venerabili di codesta terra, penso in particolare al Venerabile Giorgio La Pira, come pure dei zelanti sacerdoti che nel corso degli anni hanno donato se stessi per il Regno di Dio, guidi il vostro cammino, rendendovi sempre più strumenti di bontà e di fraternità, aperti al dialogo con tutti» (Francesco, Lettera a S.E.R Mons. Salvatore Rumeo e alla Chiesa di Noto, 2 maggio 2024).
Carissimo Andrea, questa sera, la Chiesa di Noto e il Suo Pastore ti consegnano solennemente il Magnificat: fanne non solo un programma di vita ma l’anima del tuo sacerdozio, la forza del tuo ministero, il catino dove riporre le tue lacrime capaci di rigenerare i piedi del tuo prossimo che asciugherai con atti di carità e buone pratiche. Renditi sempre più strumento di bontà e di fraternità, aperto al dialogo con tutti. Il Magnificat riempia di grazia ogni tua giornata, diventi la scala per raggiungere il Paradiso.
«Il canto dell’anima elevo al Signore
ed esulta nel Dio dei nostri Padri
perché mi ha rivestito della sua umiltà!
Santo è il nome del nostro Signore,
la potenza dell’Amore è dentro di me,
la sua misericordia è qui con noi!
Il giorno e la notte vedrai la sua forza,
e gli occhi alteri dei superbi
con la sua ferma mano ha chiuso alla Sua luce!
Gli umili riveste della sua grazia,
e i potenti li copre di grande vergogna,
il pane offre ai miti ed il suo Cuore chiude a chi è pieno di se!
Batte il Suo Cuore per Israele,
ad Abramo ha dato la Sua Parola,
la Sua promessa ai figli,
a tutti quelli che lo cercano in umiltà!».
Così sia!
1) AMBROGIO DA MILANO, Commento al Vangelo di Luca, 2, 19. 22-23. 26-27; CCL 14, 39-42. Intuiamo che è lo Spirito a muovere i passi di Maria e a donarle tanta libertà. In Lei possiamo cogliere il desiderio di vedere il segno che le avrebbe confermato il suo mistero. L’annuncio dell’angelo costituiva un segreto pesantissimo da vivere, un segreto difficile da comunicare. Da qui il suo bisogno di confrontarsi.
2) ORIGENE, Commento al Vangelo di Luca, 7, 1-6.
3) GIOVANNI PAOLO II, «Novo millennio ineunte». Lettera Apostolica all’Episcopato, al clero e ai fedeli al termine del Grande Giubileo dell’Anno Duemila, n. 50. Cosa vuol dire ciò: predisporre energie, creatività, sapienza, entusiasmo nella ricerca di soluzioni che esprimano l’alternativa d’amore che il Magnificat profeticamente indica.