L’AMORE SA ATTENDERE

Omelia Domenica di Resurrezione
09-04-2023

Carissimi fratelli e sorelle

Pasqua è giorno di rinascita, giorno di sole, primavera dello spirito. Pasqua dice un nuovo inizio perché la morte è stata sconfitta. Dio fa nuove tutte le cose e rinnova la vita di tutti i suoi figli. Anche la nostra.

L’attesa di chi ama con il cuore. Amore vero, puro, generoso. Quello di Maria Maddalena che si reca al sepolcro per rimanere presso la tomba di Gesù, così come accade nella vita di oggi, come quando sostiamo davanti alle tombe dei nostri cari, come una persona che non vuole staccarsi da colui che ama intensamente neppure dopo la morte. La Maddalena fu animata da un forte amore, da una grande attrattiva per il Cristo come dimostra eloquentemente il suo pianto inconsolabile presso il sepolcro del Signore.

L’annotazione «mentre era ancora buio» potrebbe avere un significato simbolico, per indicare le tenebre provocate dall’assenza di Gesù. «Si fece buio su tutta la terra», nel cuore dei discepoli e dei credenti. Dove Dio non regna le tenebre dettano legge. Ma ben presto apparirà il Cristo nella pienezza della luce che illumina il mondo e sarà contemplato da Maria Maddalena: la prima testimone del Risorto.

La Maddalena, giunta al sepolcro, constata che la pietra della tomba di Gesù è stata rimossa e, pensando ad una manomissione del sepolcro, corre da Simone Pietro e dal discepolo che Gesù amava: Giovanni.

Il discepolo amato corse più velocemente di Pietro, come raccontano i vangeli e arrivò per primo al sepolcro, forse perché era più giovane o spinto dall’affetto per il Maestro. Infatti, se il correre è proprio di chi ama, corre più velocemente chi ama di più.

Il discepolo amato, Giovanni, arrivò per primo alla tomba, ma non entrò e si limitò a chinarsi e a vedere i teli per terra. Giovanni attese Pietro per entrare nel sepolcro. L’amore vero e puro sa attendere.

Pietro entrò nel sepolcro e vide i teli sulla nuda terra come aveva visto l’altro discepolo, ma vide anche il sudario, che era stato sul capo di Gesù, piegato a parte. Tale constatazione suscitò la fede nel discepolo amato.

L’amore è un movimento che ci raggiunge. E con l’amore possiamo raggiungere gli altri. Lo sguardo tenero di una madre verso il proprio figlio. L’amore non lo chiedi, lo trovi accanto. Sei nel buio e tu vedi la luce. Sei stanco e ti dà la forza di andare avanti. Non va meritato, nemmeno cercato o inseguito. Basta non fare un passo indietro, non scappare per scrupolo, autosufficienza o riluttanza. È un trovarsi avvolti come in un abbraccio. Amore è movimento, è sapere scrutare e guardare lontano, perchè «quando credi di guardare lontano, guarda ancora più lontano» affermava Baden Powell.

È l’amore del Padre che sa attendere il ritorno del Figlio. «Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa». L’amore è conversione, cambio di paradigma esistenziale orientato all’Assoluto. L’amore è l’anima del mondo.

Scriveva Davide Maria Turoldo in Anche Dio è infelice: «È sulla strada dell’amore che dobbiamo avviarci, e rivivere anche noi il dramma del pastore, cioè il dramma di Dio che non può perdere un solo uomo; che non si dà pace finché ogni uomo non sia salvo. Un Dio che va in cerca degli uomini, che impazzisce solo all’idea che qualcuno di noi si sia smarrito; che patisce infinitamente più di noi al solo pensiero della nostra infelicità».

Nella Chiesa, che va alla ricerca dei segni, scorgiamo diversi atteggiamenti: c’è l’affetto di Maria, l’intuizione di Giovanni, la prudente corsa di Pietro; si tratta di spiriti che cercano i segni della presenza del Signore. Ma tutti, se sono veramente nella Chiesa, hanno in comune l’ansia della presenza di Gesù tra noi.

La Pasqua racconta alla nostra Chiesa, oggi, che tutti siamo chiamati costantemente a metterci in ascolto delle voci e delle parole, in osservazione dei volti e delle storie del nostro territorio. Si tratta di uno sguardo misericordioso, un vedere amoroso, a «cuore aperto», un vedere non solo in superficie ma dentro l’animo della persona; un cogliere non solo i bisogni espressi ma anche quelli inespressi e nascosti. Un saper vedere oltre le apparenze, anche nelle tenebre, nel peccato, nelle situazioni di sofferenza, di dolore e di disagio. Un saper vedere tutt’attorno, su ogni persona e realtà, sui bisogni e sulle cause che li generano, diventando sentinella «nel» e «del» territorio, «nella» e «della» comunità, per rilevare ciò che causa i problemi ma anche le risorse da utilizzare.

Pasqua non è la festa dei remissivi ma dei coraggiosi; bisogna essere donne e uomini di grande coraggio per vivere veramente la Pasqua del Signore Gesù. Il Vangelo ci parla di donne coraggiose, perché sono state le uniche a non abbandonare Gesù.

Sono le prime ad arrivare al sepolcro al sorgere del nuovo giorno, il primo dopo il sabato, il giorno ottavo che segna l’inizio di un tempo nuovo, di una nuova storia, di una nuova umanità finalmente redenta e risorta, e trovano le bende e il sudario, segni dell’amore e del dolore. Incontrano gli angeli che annunciano di non cercare tra i morti il Signore della vita.

Sono le prime testimoni invitate a ricordare le sue parole, a vivere quelle parole piene di vita e di Vangelo che cambiano la storia, parole che invitano ad uscire da ogni sepolcro, a liberarsi da ogni vincolo che ci imprigiona e non permette di incontrare il Signore risorto sulle strade della vita.

La vita è amore: si realizza nel dono di sé. Il «potere» del Figlio è lo stesso del Padre: quello di amare senza misura. La croce è «Gloria», manifestazione del Dio amore, che di sua natura si dona.

«Questo comando ho ricevuto dal Padre mio». Il Figlio ha dal Padre un unico comando: quello di dare la vita come la riceve, di amare come è amato. Sarà il comando che presto darà ai suoi discepoli, per farli partecipi della sua vita (1Gv 3,14-16).

La vita la si perde comunque. È un vuoto da rendere, svuotato il più possibile dall’egoismo perché si riempia d’amore. In questo senso chi dona la vita, la prende di nuovo: chi la perde, la salva. Questa è la logica di Dio.

Il Signore si trova sulle strade della vita, a custodire il cuore e l’anima di ogni vita. Gesù risorto viene a dirci che la storia non ha bisogno di un martire in più, ma finalmente di risurrezione.

Buona Pasqua a tutti!